Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12612 del 05/06/2014


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 12612 Anno 2014
Presidente: DI PALMA SALVATORE
Relatore: DE CHIARA CARLO

ORDINANZA
sul ricorso 8290-2013 proposto da:
OBUZOR

QUEEN

OKONOR

IFEYINWA

BZRQFY70M48Z335K, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE
ANGELICO, 78, presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRO
FERRARA, rappresentata e difesa dall’avvocato FERRARA SILVIO,
giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente contro
MINISTERO DELL’INTERNO,
QUESTURA DI ROMA;

– intimati avverso il provvedimento R.G. 5778/2013 del GIUDICE DI PACE di
ROMA, depositato il 28/01/2013;

Data pubblicazione: 05/06/2014

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
18/02/2014 dal Consigliere Relatore Dott. CARLO DE CHIARA.
PREMESSO
Il Giudice di pace di Roma ha convalidato il decreto con cui il
Questore di Genova aveva disposto il trattenimento della sig.ra Queen

identificazione ed espulsione ai sensi dell’art. 14 d.lgs. 25 luglio 1998,
n. 286. Alle difese dell’interessata, che eccepiva l’illegittimità della
«motivazione del decreto di espulsione», il giudice ha risposto che «non
sussistono elementi ostativi al trattenimento, posto che le questioni sul
decreto di espulsione devono essere rilevate in sede di ricorso avverso
il decreto di espulsione».
La sig.ra Obuzor Okonor ha proposto ricorso per cassazione
con tre motivi di censura, cui l’amministrazione intimata non ha
resistito.
Con relazione ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. il consigliere relatore
ha proposto il rigetto del ricorso. La relazione è stata notificata
all’avvocato della ricorrente e comunicata al P.M.
Non sono state presentate memorie o conclusioni.
CONSIDERATO
1. — Con il primo motivo di ricorso si deduce che il
trattenimento, disposto in esecuzione di espulsione intimata alla
ricorrente perché ritenuta persona socialmente pericolosa ai sensi
dell’art. 11. 27 dicembre 1956, n. 1423 (come modif. dall’art. 2 1. 3
agosto 1988, n. 327) e giustificato con il pericolo di fuga, viola i
principi di gradu2lità e di proporzionalità delle misure esecutive
dell’espulsione dello straniero previsti dalla direttiva 2008/115/CE del
16 dicembre 2008.
2. — Con il secondo motivo, subordinato al primo, si chiede
Ric. 2013 n. 08290 sez. M1 – ud. 18-02-2014
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Ifeyinwa Obuzor Okonor, cittadina nigeriana, in un centro di

sollevarsi questione pregiudiziale davanti alla Corte di giustizia europea
per verificare la compatibilità, con la direttiva predetta, degli artt. 13,
comma 2, lett. c), e comma 4 bis, e 14 d.lgs. n. 286 del 1998 nella parte
in cui prevedono la sola misura del trattenimento, senza alcuna
graduazione, per i soggetti espulsi che siano presunti socialmente

3. — Tali motivi sono inammissibili in quanto pongono questioni
non sollevate nel giudizio di primo grado e non attinenti alla ratio della
decisione del Giudice di pace, consistente, come si è detto, nella
impossibilità di censurare il decreto di espulsione in sede di giudizio di
convalida del trattenimento.
4. — Con il terzo motivo si deduce la violazione degli artt. 5, 6 e
13 della Convezione europea di salvaguardia dei diritti dell’uomo e
delle libertà fondamentali perché, nell’ordinamento interno come
interpretato dalla giurisprudenza di questa Corte, il sindacato del
giudice della convalida del trattenimento è meramente formale,
essendo limitato al solo decreto di trattenimento e non comprendendo
la legittimità del provvedimento di espulsione presupposto, del quale
va verificata la sola esistenza ed efficacia.
5. — Neanche tale motivo può essere accolto.
L’art. 5 CEDU consente, al par. 1, lett. f), la privazione della
libertà personale «se si tratta dell’arresto o della detenzione regolari di
una persona (…) contro la quale è in corso un procedimento
d’espulsione». La pendenza di un procedimento espulsivo giustifica
dunque la detenzione dell’interessato purché quest’ultima sia
“regolare”. Il significato del riferimento alla “regolarità” della
detenzione va accertato, trattandosi dell’interpretazione di una
disposizione della Convenzione, anzitutto sulla scorta della
giurisprudenza del giudice appositamente creato dalla Convenzione
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pericolosi ai sensi del richiamato art. 13, comma 2 lett. c).

stessa, la Corte europea dei diritti dell’uomo (sul carattere vincolante
dell’interpretazione delle norme della Convenzione fornita dalla Corte
europea cfr., per tutte, Corte cost. 349/2007).
Secondo tale giurisprudenza, l’art. 5,

5 1,

cit., rinvia

essenzialmente alla legislazione nazionale, sancendo l’obbligo di

successivo annullamento del titolo su cui è basata non comporta
necessariamente l’irregolarità della detenzione per il periodo anteriore
all’annullamento, occorrendo piuttosto distinguere tra titoli
manifestamente non validi e titoli prima facie validi ed efficaci fino al
momento in cui vengono annullati da un altro giudice interno.
Questo è quanto risulta, in particolare, da due precedenti della
Corte europea dei diritti dell’uomo — le sentenze 8 febbraio 2011, ric n.
12921/04, Seferovic c. Italia, e 10 dicembre 2009, ric. n. 3449/05,
Hokic e Hrustic c. Italia — aventi specifico riferimento all’ordinamento
italiano e riguardanti fattispecie di detenzione in un centro di
permanenza temporanea di stranieri raggiunti da provvedimenti di
espulsione annullati dal giudice dopo che erano stati convalidati i
connessi provvedimenti di trattenimento.
Si pone pertanto la questione della compatibilità tra l’art. 5,

5

1,

lett. f), CEDU, come interpretato dalla Corte di Strasburgo, a mente
del quale non è regolare la detenzione dell’espulso allorché l’espulsione
sia manifestamente illegittima secondo il diritto interno, e l’art. 14 d.lgs.
n. 286 del 1998, come interpretato dalla consolidata giurisprudenza
interna (cfr., fra le altre, Cass. 27331/2013, 24166/2010, 17575/2010,
20928/2009, 5715/2008) nella parte in cui, non consentendo al giudice
della convalida alcun sindacato — se non quello di esistenza ed efficacia
— sul decreto di espulsione, gli impedisce anche di rilevarne
l’illegittimità nei casi in cui sia manifesta, e dunque di far valere
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osservarne le norme sia procedurali che sostanziali, e tuttavia lo stesso

l’irregolarità del trattenimento dello straniero espulso, con conseguente
lesione del diritto di quest’ultimo a un ricorso effettivo ai sensi dell’art.
13 della medesima Convenzione. Il che si traduce nella questione di
legittimità costituzionale del richiamato art. 14 d.lgs. n. 286 del 1998
per violazione dell’art. 117, primo comma, Cost. per effetto della

rimettere al giudice delle leggi salva la possibilità di far luogo ad una
interpretazione costituzionalmente orientata della norma interna (cfr.
Corte cost. nn. 348 e 349 del 2007).
Detta possibilità certamente sussiste per la questione in esame.
Posto, infatti, che l’art. 14 d.lgs. n. 286 del 1998 — interpretato nel
senso della totale esclusione del potere del giudice, nel procedimento
di convalida del trattenimento (o accompagnamento alla frontiera), di
sindacare la legittimità del decreto di espulsione presupposto —
contrasta all’evidenza con il combinato disposto degli artt. 5, § 1, lett.
f) — interpretato nel senso indicato dalla Corte europea — e 13 CEDU,
che imporrebbe invece l’esercizio del detto sindacato da parte del
giudice adito allorché l’illegittimità del decreto di espulsione sia
manifesta, va osservato che tuttavia tale contrasto può essere superato
attraverso una interpretazione “convenzionalmente” — e dunque
costituzionalmente — orientata della norma interna. La lettera del
richiamato art. 14, infatti, non è di ostacolo a un’ interpretazione che
riconosca al giudice della convalida il potere di rilevare incidentalmente
la manifesta illegittimità del provvedimento di espulsione.
Va pertanto affermato, precisando il consolidato orientamento
della giurisprudenza di questa Corte, che, in sede di convalida del
decreto del questore di trattenimento dello straniero raggiunto da
provvedimento di espulsione, il giudice è investito del potere di
rilevare incidentalmente, ai fini della decisione di sua competenza, la
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violazione della norma convenzionale interposta; questione da

manifesta illegittimità del provvedimento di espulsione. Il medesimo
principio vale ovviamente anche quanto alla disciplina — in tutto
analoga sotto il profilo che qui rileva — della convalida
dell’accompagnamento alla frontiera ai sensi dell’art. 13, comma 5 bis,
digs. n. 286 del 1998.

illegittimità è questione da risolvere, ancora una volta, in base alla
giurisprudenza della Corte di Strasburgo.
A tal riguardo può osservarsi che sia la sentenza Seferovic che la
sentenza Hokic e Hrustic, sopra richiamate, menzionano anzitutto
quale esempio di manifesta illegittimità, il fatto che l’autorità abbia
provveduto al di fuori della sua sfera di competenza. La prima di esse
argomenta poi la sussistenza, nella fattispecie considerata, della
violazione dell’art. 5,

5

1, CEDU in base al fatto che, ai sensi dell’art.

19 d.lgs. n. 286 del 1998, la ricorrente non poteva essere espulsa
perché aveva partorito da meno di sei mesi e le autorità erano a
conoscenza di tale fatto, e tutto ciò «si traduce in una irregolarità grave e
manifesta ai sensi della sua [ossia della stessa Corte europea: n.d.r.]
giurisprudenza», richiamando espressamente, a contrario, la sentenza
Hokic e Hrustic, cit. In quest’ultima si era invece esclusa la violazione
dell’art. 5, § 1, CEDU perché il decreto di espulsione era stato, sì,
annullato successivamente dal giudice di pace italiano, ma solo in
quanto basato su un motivo diverso da quello in effetti sussistente (il
provvedimento faceva riferimento all’ipotesi di cui alla lett. a) dell’art.
13, primo coma, d.lgs. n. 286 del 1998, mentre ricorreva in realtà
l’ipotesi di cui alla lett. b)). Sia l’una che l’altra sentenza attribuiscono,
inoltre, carattere dirimente alla buona o cattiva fede delle autorità che
avevano disposto l’espulsione e la conseguente detenzione della
persona espulsa: la prima sentenza enunciando il principio che

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