Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12611 del 24/05/2010
Cassazione civile sez. II, 24/05/2010, (ud. 18/02/2010, dep. 24/05/2010), n.12611
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCHETTINO Olindo – Presidente –
Dott. MAZZIOTTI DI CELSO Lucio – Consigliere –
Dott. BUCCIANTE Ettore – rel. Consigliere –
Dott. MAZZACANE Vincenzo – Consigliere –
Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
METALSERRAMENTI DI GIUSEPPE SCRACIA DITTA P.I. (OMISSIS), in
persona dell’omonima titolare e legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PADRE SEMERIA 63, presso lo
studio dell’avvocato STASI MARIA LUCE STEFANIA, rappresentato e
difeso dall’avvocato MACRI’ UBALDO;
– ricorrente –
contro
G.G., G.D., P. IVA (OMISSIS),
elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DEL BANCO DI SANTO SPIRITO 48,
presso lo studio dell’avvocato APRILE GIUSEPPE, rappresentati e
difesi dagli avvocati GUGLIELMI MENOTTI, GUGLIELMI GIUSEPPE;
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 355/2004 della CORTE D’APPELLO di LECCE,
depositata il 08/06/2004;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
18/02/2010 dal Consigliere Dott. ETTORE BUCCIANTE;
udito l’Avvocato Ubaldo MACRI’, difensore del ricorrente che ha
chiesto di riportarsi ed insistere sulle conclusioni già assunte in
atti;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
SGROI Carmelo che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con due distinti decreti del 3 giugno 1989 il Presidente del Tribunale di Lecce ingiunse, rispettivamente a G.G. e a G.D., di pagare l’uno L. 11.193.400, l’altro L. 26.067.200 a S.G., titolare dell’impresa “Metalserramenti”, come residuo di corrispettivi dovuti per forniture di infissi.
Entrambi i provvedimenti monitori, previa riunione dei giudizi di opposizione separatamente promossi dagli ingiunti, furono revocati dal Tribunale con sentenza del 23 ottobre 2000.
Impugnata da S.G., la decisione è stata confermata dalla Corte d’appello di Lecce con sentenza dell’8 giugno 2004, salvo che per la somma di 99,88 Euro, che G.G. è stato condannato a pagare all’appellante, in luogo di quella oggetto dell’ingiunzione emessa nei suoi confronti. A tali conclusioni il giudice di secondo grado è pervenuto ritenendo che fosse stato provato documentalmente l’avvenuto saldo degli importi in questione, tranne che per l’ammontare di L. 193.400, che G.G. aveva sostenuto essere stato oggetto di un “abbuono”, senza però dimostrarlo. Le spese di giudizio sono state poste per quattro quinti a carico di S.G. e per il residuo compensate.
S.G. ha proposto ricorso per Cassazione, in base a tre motivi. G.G. e G.D. si sono costituiti con controricorso.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con i primi due motivi di ricorso S.G. lamenta che la Corte d’appello ha erroneamente e ingiustificatamente ritenuto che G.G. e G.D. avessero dato idonea prova dei versamenti da loro asseritamente effettuati.
La doglianza va disattesa.
Si verte in tema di accertamenti di fatto e di apprezzamenti di merito, sindacabili in questa sede soltanto sotto il profilo dell’omissione, insufficienza o contraddittorietà della motivazione.
Ma da tali vizi la sentenza impugnata è esente, poichè il giudice a quo ha dato adeguatamente conto, in maniera esauriente e logicamente coerente, delle ragioni della decisione, osservando che le copie degli assegni e le ricevute, prodotte rispettivamente da G. G. e da G.D., coprivano (ad esclusione di L. 193.400) le somme reclamate nei loro confronti, nè S. G. aveva provato l’esistenza dei propri ulteriori crediti, ai quali a suo dire dovevano essere imputati i pagamenti ricevuti. Avere la Corte d’appello considerato non decisivi i dati, per lo più di carattere presuntivo, che secondo il ricorrente avrebbero dovuto portare a una diversa conclusione, non può costituire valida ragione di cassazione della sentenza impugnata, stanti i limiti propri del giudizio di legittimità, che non consentono a questa Corte altra verifica, sul merito della causa, se non quella dell’esistenza, sufficienza e non contraddittorietà della relativa motivazione.
Con il terzo motivo di ricorso S.G. lamenta di essere stato indebitamente condannato al rimborso di quattro quinti delle spese di giudizio anche in favore di G.G., nei cui confronti era rimasto vittorioso, sia pure limitatamente all’importo di L. 193.400.
Neppure questa censura può essere accolta, poichè l’esito della lite, ai fini del regolamento delle spese, ha dovuto di necessità essere valutato globalmente con riguardo sia a G.G. sia a G.D., i quali si erano difesi congiuntamente, avvalendosi del medesimo patrocinio.
Il ricorso viene pertanto rigettato, con conseguente condanna del ricorrente a rimborsare ai resistenti le spese del giudizio di cassazione, che si liquidano in 200,00 Euro, oltre a 2.500,00 Euro per onorari, con gli accessori di legge.
DISPOSITIVO
La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente a rimborsare ai resistenti le spese del giudizio di Cassazione, liquidate in 200,00 Euro, oltre a 2.500,00 Euro per onorari, con gli accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 18 febbraio 2010.
Depositato in Cancelleria il 24 maggio 2010