Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1261 del 21/01/2021

Cassazione civile sez. VI, 21/01/2021, (ud. 25/11/2020, dep. 21/01/2021), n.1261

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUCIOTTI Lucio – Presidente –

Dott. CROLLA Cosmo – rel. Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – Consigliere –

Dott. D’AQUINO Filippo – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18365-2019 proposto da:

D.A.G., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR

presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e

difesa dall’avvocato MAURIZIO GIGLIO;

– ricorrente –

Contro

AGENZIA DELLE ENTRATE (C.F. (OMISSIS)), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende, ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 8499/19/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE del LAZIO SEZIONE DISTACCATA di LATINA, depositata il

05/12/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 25/11/2020 dal Consigliere Relatore Dott. CROLLA

COSMO.

 

Fatto

CONSIDERATO IN FATTO

1. D.A.G., titolare di una rivendita di tabacchi e generi di monopolio, proponeva ricorso davanti alla Commissione Tributaria Provinciale di Latina avverso l’avviso di accertamento con cui l’Agenzia delle Entrate, all’esito di indagini finanziarie aventi ad oggetto le movimentazione sui conti bancari, aveva determinato un maggiore reddito imponibile Irpef per l’anno di imposta 2008 pari ad Euro 1.219.265 recuperando a tassazione la maggiore IRPEF IVA e IRAP.

2. La Commissione Tributaria Provinciale rigettava il ricorso sul presupposto che il contribuente non aveva fornito la prova delle giustificazioni addotte.

3. La sentenza veniva impugnata dal contribuente e la Commissione Regionale Tributaria del Lazio rigettava l’appello ribadendo, per quanto di interesse in questa sede, che non era stata superata la presunzione prevista dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32.

5. Avverso la sentenza della CTR D.A.G. ha proposto ricorso per Cassazione affidandosi ad un motivo. L’Agenzia delle Entrate si è costituita depositando controricorso.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

1. Con l’unico motivo la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, e l’omesso esame circa il fatto decisivo della natura dell’attività sottoposta ad accertamento (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) Si sostiene che la presunzione di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, non trovi applicazione per l’attività commerciale di rivendita di tabacchi e valori bollati in quanto i ricavi sono costituiti dagli aggi sulle vendite.

2. Il motivo esaminato, sotto il profilo dell’omesso esame circa un fatto decisivo, è inammissibile.

2.1 Ai sensi dell’art. 348 ter c.p.c., commi 4 e 5, applicabile a norma del D.L. n. 83 del 2012, art. 54, comma 2, al caso concreto, in quanto il giudizio di appello è stato introdotto dopo l’11.09.2012, “Quando l’inammissibilità è fondata sulle stesse ragioni, inerenti alla questione di fatto, poste a base della decisione impugnata, il ricorso per Cassazione di cui al comma precedente può essere proposto esclusivamente per i motivi di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 1), 2), 3) e 4). La disposizione di cui al comma 4 si applica, fuori dai casi di cui all’art. 348 bis c.p.c., comma 2, lett. a), anche al ricorso per cassazione avverso la sentenza d’appello che conferma la decisione di primo grado.” Non vi è prova che la “doppia conforme” si fondi su differenti ragioni di fatto poste a base delle decisioni di primo e secondo grado, anzi dalla lettura dell’impugnata sentenza emerge che la CTR abbia condiviso la valutazione dei fatti compiuta dal giudice di prime cure in punto di mancato superamento da parte del contribuente della presunzione di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32.

3. La censura di violazione di legge è, invece, infondata.

3.1 Giova ricordare che questa Corte è ferma nel ritenere che “la presunzione legale “juris tantum” nascente dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, comma 1, n. 2, può essere vinta dal contribuente soltanto se offre la prova liberatoria che dei movimenti sui conti bancari egli ha tenuto conto nelle dichiarazioni, o che gli accrediti e gli addebiti registrati sui conti non si riferiscono ad operazioni imponibili, occorrendo all’uopo che vengano indicati e dimostrati dal contribuente la provenienza e la destinazione dei singoli pagamenti con riferimento tanto ai termini soggettivi dei singoli rapporti attivi e passivi, quanto alle diverse cause giustificative degli accrediti e dei prelievi (Cass. n. 26111/2015, Cass. n. 21800/2017). Ne consegue che il contribuente è tenuto a fornire non una prova generica, ma una prova analitica, con indicazione specifica della riferibilità di ogni versamento bancario, in modo da dimostrare come ciascuna delle singole operazioni effettuate sia estranea a fatti imponibili, dovendo poi il giudice verificare in modo rigoroso l’efficacia dimostrativa delle prove fornite a giustificazione di ogni singola movimentazione accertata, rifuggendo da qualsiasi valutazione di irragionevolezza ed inverosimiglianza dei risultati restituiti dal riscontro delle movimentazioni bancarie (cfr. tra le tante Cass. n. 2649/2018, 26111/2015 e 21800/2017).

3.2 Nella fattispecie in esame la pretesa fiscale trae origine da una verifica fiscale che ha accertato movimentazioni bancarie non giustificate per complessive Euro 1.489.363,76 suddivisa in versamenti per Euro 1.189.845,76 e in prelevamenti per circa 299.517,75; solo i versamenti sono stati computati ai fini della determinazione del maggior reddito accertato mentre i prelevamenti sono stati prudenzialmente considerati come costi.

3.3 La CTR dopo aver richiamato la presunzione legale relativa a favore dell’Ufficio ed aver affermato che, sulla base delle risultanze delle indagini bancarie, i prelevamenti ed i versamenti non contabilizzati devono contribuire alla determinazione del reddito di impresa, salvo prova contraria della contribuente, ha correttamente applicato tale presunzione al caso in esame, ritenendo che la stessa non fosse superata da analitici elementi forniti da contribuente.

3.4 Il ricorrente, infatti, anche attraverso il motivo di doglianza, si è semplicemente limitato a sostenere, in modo del tutto generico ed apodittico, che l’attività di rivendita di tabacchi, in quanto dedita al commercio di prodotti soggetti ad aggio, non si presti ad essere assoggettata al regime di presunzione D.P.R. citato ex art. 32, omettendo, tra l’altro, di considerare che, come accertato in fatto dall’impugnata sentenza, il punto vendita gestito dalla D.A. offriva al pubblico non solo prodotti in monopolio ma anche beni e servizi inclusi nella licenza di commercio non sottoposti ad aggio.

3.5 In ogni caso va rilevato che la presunzione di legge trova applicazione a tutte le attività commerciali anche a quelle in contabilità semplificata (cfr. Cass. 11102/2017).

4. In conclusione il ricorso va rigettato.

5. La ricorrente va condannata al pagamento delle spese del presente giudizio che si liquidano come da dispositivo.

PQM

La Corte:

– rigetta il ricorso;

– Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio che si liquidano in Euro 13.200 per compensi oltre spese prenotate a debito in favore della controricorrente.

– Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente principale dell’ulteriore importo pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 25 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 21 gennaio 2021

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