Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12608 del 12/05/2021

Cassazione civile sez. II, 12/05/2021, (ud. 05/11/2020, dep. 12/05/2021), n.12608

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Presidente –

Dott. ORICCHIO Antonio – rel. Consigliere –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23453/2019 proposto da:

M.H., rappresentato e difeso dall’avvocato CHIARA BELLINI,

giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL

RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI VERONA, SEZIONE DI

VICENZA;

– intimati –

avverso la sentenza n. 2470/2019 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 08/02/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

05/11/2020 dal Consigliere ANTONIO ORICCHIO.

 

Fatto

RILEVATO

che:

è stata impugnata da M.H., cittadino del (OMISSIS), la sentenza n. 2470/2019 della Corte di Appello di Venezia.

Il ricorso è fondato su tre motivi e non è resistito con controricorso.

Per una migliore comprensione della fattispecie in giudizio va riepilogato, in breve e tenuto conto del tipo di decisione da adottare, quanto segue.

L’odierna parte ricorrente formulava istanza, di cui in atti, alla competente Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazione e nelle diverse forme.

La Commissione rigettava l’istanza.

L’odierno ricorrente impugnava, quindi, detto rigetto con ricorso innanzi al Tribunale di Venezia.

Quest’ultimo, con ordinanza in data 26 aprile 2017, respingeva il ricorso.

Avverso la decisione del Tribunale di prima istanza l’odierno ricorrente interponeva appello a sua volta rigettato con la decisione oggetto del ricorso in esame.

Il ricorso viene deciso ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c., con ordinanza in Camera di consiglio non ricorrendo l’ipotesi di particolare rilevanza delle questioni in ordine alle quali la Corte deve pronunciare.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1.- Con il primo motivo del ricorso, in assenza di ogni riferimento alla norma processuale alla ci stregua si propone il ricorso per cassazione, si lamenta la violazione delle norme disciplinanti la protezione sussidiaria (D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2,5,7 e 14) ed umanitaria (D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3, D.Lgs. n. 286 del 1998, artt. 5 e 19 e D.P.R. n. 394 del 1999, art. 11).

Viene, inoltre, dedotta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, la violazione di legge per carenza di motivazione.

Il motivo lamenta pretese violazioni di legge, ma non indica il (pur dovuto) riferimento al parametro normativo processuale alla cui stregua viene proposto il ricorso per cassazione.

Le pretese violazioni di legge prospettate con il motivo qui in esame appaiono, tuttavia, essere svolte come deduzione strumentale di vizio la legge al fine di ottenere una non più possibile (ri)valutazione in fatto.

Parte ricorrente, per di più, non si confronta neppure con la ratio della decisione gravata, la quale – a seguito di compiuta congrua valutazione in fatto – afferma che la narrazione ed il “racconto” del richiedente protezione sono – testualmente – “frutto di fantasia”.

La sentenza impugnata (anche in tal punto non attinta da idonea censura) accerta come la zona di provenienza del richiedente (Casamance) sia un regione calma, in relazione alla quale non deve ritenersi sussistere una situazione di pericolo generalizzato in caso di rimpatrio.

Quanto alla doglianza relativa alla carenza la motivazione deve osservarsi quanto segue.

La sola (nera) carenza motivazionale non è più ricorribile, potendosi oggi ricorrere per cassazione dell’art. 360 c.p.c., ex n. 5, solo per omessa valutazione di un fatto o documento o dato decisivo ed oggetto di discussione.

In ogni caso l’ampia motivazione del provvedimento gravato non è carente Il motivo è, quindi, inammissibile.

2.- Con il secondo motivo si lamenta la “violazione, anche quale vizio di motivazione su un punto decisivo della controversia oggetto di discussione tra le parti”, del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, lett. a)-e), in punto di onus probandi, cooperazione istruttoria in capo al Giudice e criteri normativi di valutazione degli elementi di prova e delle dichiarazioni rese dai richiedenti nei procedimenti di protezione internazionale”.

Parte ricorrente non tiene in conto i più recenti orientamenti giurisprudenziali di questa Corte in materia.

In particolare viene del tutto eluso l’insegnamento del più recente orientamento per cui “la domanda diretta ad ottenere il riconoscimento della protezione internazionale non si sottrae all’applicazione del principio dispositivo, sicchè il ricorrente ha l’onere di indicare i fatti costitutivi del diritto azionato, pena l’impossibilità per il Giudice di introdurli d’ufficio nel giudizio” (Cass. n.ri 27336/2018 e 14621/2020).

Nella fattispecie nulla risulta aver allegato – quale fatto costitutivo – la parte ricorrente, così non potendo oggi invocare il detto principio istruttorio officioso.

Non sussiste, quindi, alcuna – pure inammissibilmente lamentata – omessa motivazione e conseguente nullità.

Il motivo deve, quindi, essere ritenuto inammissibile.

3.- Con il terzo motivo si deduce la “violazione del principio del “non refoulement” di cui agli artt. 3 CEDU e 33 Convenzione di Ginevra.

Parte ricorrente prospetta che il citato principio non tollera eccezioni nel senso che il richiedente protezione internazionale (che abbia o meno diritto a riconoscimento dello status di rifugiato) ha diritto alla protezione sussidiaria o a qualche altra forma di protezione prevista dall’ordinamento.

Il motivo, carente in punto di autosufficenza quanto alla dovuta allegazione che la doglianza oggi sottoposta a questa Corte non sia nuova e sia già stata svolta in precedenza, non si confronta comunque con la ragione della decisione del Giudice del merito.

Quest’ultimo non ha (come si prospetta) “banalizzato” la controversia, ma ha accertato l’inesistenza di una situazione di pericolo.

Quest’ultima è comunque necessaria anche al fine della concessione di altri provvedimenti che non siano il riconoscimento dello stutus di rifugiato; giacchè solo una seria situazione di pericolo per rientro in patria può giustificare gli altri invocati tipi di protezione internazionale.

Parte ricorrente non si confronta con tale ratio.

Il motivo è, quindi, inammissibile.

3.- Il ricorso deve, pertanto, essere – nel suo complesso – dichiarato inammissibile.

4.- Nulla va statuito in ordine alle spese del giudizio in quanto l’Amministrazione intimata non ha svolto difese.

Sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

P.Q.M.

dichiara il ricorso inammissibile.

Sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 5 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 12 maggio 2021

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