Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12606 del 12/05/2021

Cassazione civile sez. II, 12/05/2021, (ud. 03/11/2020, dep. 12/05/2021), n.12606

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – rel. Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22380/2019 proposto da:

K.Y., rappresentato e difeso dall’avvocato con studio in

Brescia via Vittorio Emanule II, n. 109;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS), ope legis domiciliato in Roma, Via

Dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura generale dello Stato, che lo

rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso il decreto del Tribunale di Brescia, depositata il

04/06/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

03/11/2020 dal Consigliere Dott. Annamaria Casadonte.

 

Fatto

RILEVATO

che:

– K.Y. ha impugnato il decreto che ha respinto il di lui ricorso avverso il diniego dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e che ha escluso la ravvisabilità delle condizioni per il riconoscimento della protezione umanitaria;

– a sostegno della domanda il richiedente asilo allegava di essere cittadino della Costa d’Avorio, di avere vissuto tutta la vita ad Abidjan; di essere nato prima che i genitori si sposassero e per questo nell’ambito della sua famiglia, composta oltre che dai genitori da sette fratellastri, egli era considerato illegittimo; tale condizione gli aveva causato problemi durante la divisione dell’eredità del padre defunto in quanto i familiari non lo riconoscevano e nel corso di una lite egli aveva colpito con un bastone uno dei fratellastri che lo aveva aggredito; precisava, inoltre, che a seguito delle botte il fratello era stato portato in ospedale e dopo essere scappato egli aveva appreso che lo stesso era morto; per il timore che gli altri fratellastri lo cercassero per ucciderlo era fuggito dalla Costa d’Avorio, temendo, inoltre, che rivolgendosi alla polizia avrebbe potuto essere arrestato; per paura della vendetta dei fratellastri non voleva rientrare nel paese d’origine;

– il tribunale ha motivatamente ritenuto non credibile la vicenda dei litigi familiari e dello specifico episodio delle lesioni inferte al fratello cui era seguita la morte dello stesso e quindi insussistenti i presupposti per le protezioni individualizzate; ha negato, inoltre, sulla base delle fonti informative indicate nel decreto la sussistenza della specifica situazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), nonchè la ravvisabilità di alcuna specifica vulnerabilità personale;

-la cassazione del decreto impugnato è chiesta sulla base di due motivi cui resiste con tempestivo controricorso l’intimato Ministero.

Diritto

CONSIDERATO

che:

– con il primo motivo il ricorrente veicola una questione di legittimità costituzionale del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, comma 13, come modificato dalla L. n. 46 del 2017, art. 6, comma 1, n. 3, per violazione dell’art. 3 Cost., comma 1, art. 24 Cost., commi 1 e 2 e art. 111 Cost., comma 1, 2 e 7, nella parte in cui stabilisce che il procedimento è definito con decreto non reclamabile entro 60 giorni dalla presentazione del ricorso;

-la questione è irrilevante dal momento che il ricorso è stato proposto nel termine di legge e comunque, come già dichiarato manifestamente inammissibile (così Cass. 27700/2018; 28119/2018);

– con il secondo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e o falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 2, con riferimento al mancato riconoscimento della protezione umanitaria attesa la ritenuta assenza di condizioni di vulnerabilità;

– assume in particolare il ricorrente che il tribunale non avrebbe verificato il rischio cui egli è esposto di vedere sacrificati i propri diritti fondamentali, e ciò nonostante egli avesse allegato il contratto di lavoro ed il percorso di inserimento sociale a dimostrazione dell’integrazione sociale raggiunta in Italia;

– il motivo è inammissibile perchè il predetto contratto di percorso è stato oggetto di valutazione da parte del tribunale che l’ha ritenuto da solo non idoneo a giustificare il diritto al rilascio di un permesso di soggiorno per motivi umanitari, non delineando di per se stesso nè una situazione di “vulnerabilità”, nè la necessità di tutela di diritti umani fondamentali, nell’ambito del giudizio comparativo cui il giudice è tenuto a fronte dell’allegazione della specifica condizione di vulnerabilità cui darebbe luogo il rimpatrio forzato (Cfr Cass. Sez. Un. 29459/2019);

– il ricorso va, pertanto, dichiarata inammissibile;

– in applicazione della soccombenza parte ricorrente va condannata alla rifusione delle spese di lite a favore del Ministero controricorrente nella misura liquidata in dispositivo;

– ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese di lite a favore del controricorrente e liquidate in Euro 2100,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 3 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 12 maggio 2021

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