Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12605 del 18/06/2015


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 12605 Anno 2015
Presidente: PETTI GIOVANNI BATTISTA
Relatore: CARLEO GIOVANNI

SENTENZA

sul ricorso 26709-2011 proposto da:
CARRARO ROSALIA CRRRSL35H581418C, MANCIN MICHELE
MNCMHL34B23L899A, domiciliati ex lege in ROMA, presso
la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE,
rappresentati e difesi dall’avvocato ANTONIO BERTOLI
con studio in PADOVA, CORSO DEL POPOLO 8 giusta
2015

procura speciale a margine del ricorso;

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ricorrenti

contro

CASSA RISPARMIO VENEZIA SPA in persona del suo
Procuratore

Speciale

Avv.

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ANDREA

URBANI,

Data pubblicazione: 18/06/2015

elettivamente domiciliata in ROMA, P.ZZA MAZZINI 27,
presso lo studio dell’avvocato RAFFAELE SPERATI,
rappresentata e difesa dall’avvocato GIANNI SOLINAS
giusta procura speciale in calce al controricorso;
controricorrente –

MARCHIORI FALIERO;
– intimato –

avverso la sentenza n. 2075/2010 della CORTE
D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 25/10/2010,
R.G.N. 2436/2005;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 27/02/2015 dal Consigliere Dott. GIOVANNI
CARLEO;
udito l’Avvocato RAFFAELE SPERATI per delega;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIANFRANCO SERVELLO che ha concluso
per l’inammissibilità di entrambi i ricorsi, in
subordine per il rigetto del ricorso principale,
assorbito il ricorso incidentale condizionato;

2

nonchè contro

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con citazione notificata in data 16.3.2002 la Cassa di
Risparmio di Venezia Spa conveniva in giudizio Mancin Michele,
Carraio Rosalia e Faliero Marchiori affinchè,

in via

principale, venisse dichiarata la nullità per simulazione
dell’atto per notar Noto di Chioggia del 22.1.1999, con cui il
Mancin e la Carraro avevano venduto al Marchiori la nuda
proprietà di immobili siti nel Comune di Fosso, ed, in via
subordinata, perchè ne venisse dichiarata l’inefficacia ex
art.2901 cc. In esito algiudizio in cui si costituivano il
Mancin e la Carraro, resistendo alle domande, il Tribunale di
Venezia dichiarava la nullità del rogito notarile in questione
condannando i convenuti alla rifusione delle spese di lite.
Avverso tale decisione i soccombenti proponevano appello ed in
esito al giudizio, in cui si costituiva la Cassa di risparmio,
la Corte di Appello di Venezia con sentenza depositata in data
25 ottobre 2010 respingeva l’impugnazione provvedendo al
governo delle spese. Avverso la detta sentenza il Mancin e la
Carraro hanno quindi proposto ricorso per cassazione articolato
in tre motivi. Resiste con controricorso la Cassa di
risparmio, ora Intesa S. Paolo S.P.A., che ha altresì
depositato memoria illustrativa.
MOTIVI DELLA DECISIONE

Con la prima doglianza, deducendo il difetto di motivazione e
l’omessa pronuncia, parte ricorrente ha censurato la sentenza
impugnata nella parte in cui la Corte di Appello non ha

3

t

pronunciato sull’eccezione di inesistenza, allo stato, del
credito, vantato dalla Banca, né ha pronunciato in ordine alla
richiesta di sospensione del giudizio in attesa della decisione
di altro giudizio pendente davanti alla stessa Corte, avente ad
oggetto l’impugnazione della sentenza con cui il Tribunale di

Mancin e della Carrara. Infatti – così continuano i ricorrenti
– solo con il passaggio in giudicato della sentenza che
definirà il giudizio di opposizione al d.i. sarà possibile
stabilire se la Cassa di Risparmio è effettivamente creditrice
ed ha titolo per promuovere l’accolta azione di simulazione.
Il profilo di doglianza, relativo all’omessa pronuncia riguardo
all’eccezione di inesistenza del credito ed all’omessa
motivazione sul punto, è assolutamente destituito di ogni
fondamento ove si consideri che la Corte di merito ha
pronunciato in merito sia pure per implicito.
Invero, i giudici di appello hanno fondato la decisione sul
rilievo che il tema decisionale, relativo all’altro giudizio,
verteva soltanto sull’entità del debito degli appellanti con
riferimento al tasso di interessi applicati dalla Banca. Con la
conseguenza che la sussistenza del credito vantato dalla banca
e la sua qualità di creditrice, condizione necessaria per le
azioni di simulazione e revocatoria intraprese, non sarebbero
state in alcun modo intaccate dalla decisione.
Ne deriva l’infondatezza del profilo di doglianza posto che il
vizio di omessa pronuncia che determina la nullità della

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A

Venezia ha confermato il decreto ingiuntivo emesso a carico del

per violazione dell’art. 112 cod. proc. civ.,

sentenza

rilevante ai fini di cui all’art. 360, n. 4 dello stesso
codice,

si

configura

esclusivamente

quando

risulti

completamente omesso il provvedimento che si palesa
indispensabile in riferimento al caso concreto, mancando

un’eccezione di parte così da dar luogo all’inesistenza di una
decisione sul punto, mentre non sussiste il vizio in parola
quando la questione, come nel caso di specie, risulti, anche
solo implicitamente, assorbita in altre statuizioni della
sentenza logicamente prevalenti.
Ugualmente infondato è l’altro profilo di doglianza, relativo
alla richiesta di sospensione del giudizio, essendo
assolutamente esente da ogni censura l’assunto della Corte di
merito, secondo la quale nel caso di specie non sussisteva la
dedotta pregiudizialità, essendo pacifica per i motivi sopra
esposti la sussistenza di un credito della banca. Giova
aggiungere a riguardo che la decisione del giudice di merito è
assolutamente in linea con l’orientamento di questa Corte di
legittimità, secondo cui “essendo sufficiente, per
l’esperimento dell’azione revocatoria, l’esistenza di una
ragione di credito, anche se non accertata giudizialmente, il
giudizio promosso con tale azione non è soggetto a sospensione
necessaria ex art. 295 cod. proc. civ. nel caso di pendenza di
controversia sull’accertamento del credito, in quanto la
definizione di questa seconda controversia non costituisce

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qualsiasi statuizione su un capo della domanda o su

l’indispensabile precedente logico-giuridico della pronuncia
sulla domanda revocatoria.” (Cass.n.16722/2009)
Passando alla seconda doglianza, articolata sotto il profilo
della motivazione omessa, insufficiente e contraddittoria, va
rilevato che ad avviso dei ricorrenti la Corte di Appello

pieno diritto di proprietà al Marchiori ma solo la nuda
proprietà con la conseguente irrilevanza delle deduzioni
avversarie in ordine al fatto che quest’ultimo non sarebbe
andato a risiedere nell’immobile oggetto del contratto ed in
ordine al fatto che le rate del mutuo erano state pagate dai
venditori anche dopo la vendita.
Anche tale censura non coglie nel segno e deve essere
disattesa. A riguardo, mette conto di sottolineare che nel
contratto di compravendita in parola era stato dichiarato che
parte del prezzo (ovvero lire 10.899.049) era stato già
corrisposto e che la parte residua (pari a lire 29.100.951)
sarebbe stata corrisposta mediante accollo, da parte
dell’acquirente, del mutuo contratto dai venditori per
l’acquisto dell’immobile stesso.
Ora, la Corte territoriale ha confermato la decisione di primo
grado fondando la sua decisione sulle seguenti circostanze: a)
irrilevanza, in assenza di altri concordanti elementi, della
sola quietanza rilasciata nel contratto dai venditori
(quietanza che, secondo il giudice di prime cure, era priva di
valore nei confronti della Cassa, essendo questa un soggetto

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J/1/1

avrebbe trascurato che essi non avevano affatto venduto il

terzo all’atto) b) evidenza documentale del mancato accollo, da
parte del compratore, delle restante rate del mutuo, che i
venditori hanno continuato a pagare anche dopo la vendita c)
totale assenza di prova in ordine alla circostanza
“semplicemente affermata” che i pagamenti, contrariamente alle

compratore previa corresponsione del denaro

brevi manu

ai

venditori.
Tutto ciò premesso e considerato, risulta con chiara evidenza
come la Corte territoriale abbia argomentato adeguatamente sul
merito della controversia con una motivazione sufficiente,
logica, non contraddittoria e rispettosa della normativa in
questione. E ciò, soprattutto in considerazione del rilievo,
evidenziato nel controricorso dalla Cassa di Risparmio, secondo
cui ”

in relazione all’accollo erano state le stesse parti a

stabilire all’art.3 del contratto di compravendita (cfr doc.8
fascicolo di primo grado) che: l’acquirente si obbligava a
pagare le relative rate direttamente alla Banca; l’acquirente
avrebbe provveduto a notificare giudizialmente l’atto di
compravendita alla Banca, al fine di rendeila edotta
dell’avvenuto accollo del mutuo” (v.

pag.12).

Né d’altra parte il motivo del ricorso in esame è riuscito ad
individuare effettivi vizi logici o giuridici nel percorso
argomentativo dell’impugnata decisione.

Giova

aggiungere

inoltre che il controllo di logicità del giudizio di fatto consentito al Giudice di legittimità

7

non

equivale alla ///

risultanze documentali, sarebbero stati effettuati dal

revisione del “ragionamento decisorio”, ossia dell’opzione che
ha condotto il Giudice del merito ad una determinata soluzione
della questione esaminata: invero una revisione siffatta si
risolverebbe, sostanzialmente, in una nuova formulazione del
giudizio di fatto, riservato al Giudice del merito, e

dall’ordinamento al Giudice di legittimità. (così
Cass.n.8808/08 in motivazione). Ne deriva il rigetto della
censura.
Resta da esaminare l’ultima doglianza, articolata sotto il
profilo della violazione e/o falsa applicazione dell’art.1414
cc, con cui i ricorrenti lamentano che la Corte territoriale
avrebbe errato nel ritenere che la compravendita, difettando
dell’elemento essenziale del pagamento del corrispettivo,
sarebbe nulla. Infatti, il contratto sarebbe al massimo
inefficace in quanto si tratterebbe di una simulazione relativa
parziale.
Quest’ultima censura è inammissibile. A riguardo, mette conto
di rilevare che entrambi i giudici di merito hanno fondato le
ragioni delle loro decisioni sulla premessa che il Mancin e la
Carraro in realtà non avevano affatto voluto cedere il loro
diritto di proprietà sull’immobile per cui oggetto di
simulazione non era stato solo il prezzo di vendita ma l’intero
contratto, in realtà mai voluto. Conseguentemente, sia secondo
il Tribunale sia secondo la Corte di appello, nel caso di
specie non si verteva in tema di simulazione relativa ma in

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risulterebbe affatto estranea alla funzione assegnata

tema di simulazione assoluta, con l’ulteriore conseguenza che
tra le parti contraenti non era mai intercorso alcun valido
rapporto giuridico né, tanto meno, era stato concluso
effettivamente il contratto di compravendita, solo
apparentemente voluto, da ritenersi nullo ai sensi

dell’accordo tra le parti.
Ora, le ragioni di gravame, per risultare idonee a contrastare
la motivazione della sentenza, devono correlarsi con la
stessa, in modo che alle argomentazioni svolte nella sentenza
impugnata risultino contrapposte quelle dell’impugnante, volte
ad incrinare il fondamento logico-giuridico delle prime, mentre
nel caso di specie i ricorrenti si sono limitati a muovere una
doglianza assai generica e priva di correlazione con la
sentenza impugnata, evitando di spiegare, anche solo in minima
parte, perché a loro avviso il contratto sarebbe affetto da
simulazione relativa, riguardante il solo pagamento del prezzo,
e non già da simulazione assoluta, come invece era stato
ritenuto dalla Corte di merito, che ne aveva dichiarato la
nullità.
Con la conseguenza che la censura deve essere ritenuta
inammissibile per difetto della necessaria specificita’, attesa
la sua non riferibilità alla sentenza d’appello impugnata.
Considerato che la sentenza impugnata appare esente dalle

censure dedotte, ne consegue che il ricorso per cassazione in
esame, siccome infondato, deve essere rigettato, assorbito il

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dell’art.1418 cc per mancanza del requisito essenziale

ricorso incidentale condizionato contenuto nel controricorso
proposto dalla Cassa di Risparmio di Venezia Spa.
!

A riguardo, torna opportuno richiamare l’attenzione sul fatto
che, nel rassegnare le conclusioni nel proprio controricorso,
la suddetta Cassa di Risparmio non si è limitata a chiedere il

i

chiesto altresì, sia pure in via subordinata, in caso di

I

mancata conferma della sentenza che ha accertato la simulazione
della compravendita in questione, dichiararsi ai sensi e per
gli effetti dell’art.1901 cc l’inefficacia nei propri confronti
della suddetta compravendita.
Ciò posto, considerato che il controricorso ha la mera funzione
di contrastare il ricorso altrui, deve ritenersi che qualora un
atto, malgrado la denominazione di controricorso, non si limiti
a contestare il ricorso ma miri sia pure in via subordinata ad
ottenere la cassazione della sentenza impugnata, tale atto deve
essere inteso, sia pure ai limitati fini sopra indicati, come
ricorso incidentale condizionato.
Tale considerazione spiega le ragioni poste a base del disposto
assorbimento.
Al rigetto del ricorso segue la condanna dei ricorrenti alla
rifusione delle spese di questo giudizio di legittimità,
liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso proposto dal Mancin e dalla
Carrara, assorbito l’incidentale condizionato proposto dalla

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rigetto del ricorso proposto dal Mancin e dalla Carraro, ma ha

Cassa di Risparmio di Venezia Spa. Condanna i ricorrenti Mancin
e Carraro al pagamento, in solido, delle spese del giudizio di
legittimità che liquida in complessivi

e 7.200,00

di cui

7.000,00 per compensi, oltre accessori di legge e spese
generali, ed £ 200,00 per esborsi.

Così deciso in Roma in camera di Consiglio in data 27.2.2015

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