Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12602 del 12/05/2021

Cassazione civile sez. un., 12/05/2021, (ud. 23/03/2021, dep. 12/05/2021), n.12602

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TIRELLI Francesco – Primo Presidente f.f. –

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente di Sez. –

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Presidente di Sez. –

Dott. SESTINI Danilo – rel. Consigliere –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16486/2019 proposto da:

E-DISTRIBUZIONE S.P.A., (già Enel Distribuzione s.p.a.), in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA VITTORIA COLONNA 32, presso lo studio degli avvocati

GIUSEPPE LO PINTO, TIZIANA TOSTI, e FABIO CINTIOLI, che la

rappresentano e difendono;

– ricorrente –

contro

S.N.I.E. – SOCIETA’ NOLANA PER IMPRESE ELETTRICHE S.P.A., in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA GIROLAMO DA CARPI 6, presso lo studio dell’avvocato LUIGI

NAPOLITANO, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato

DOMENICO VITALE;

– controricorrente –

e contro

MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1884/2019 del CONSIGLIO DI STATO, depositata

il 21/03/2019.

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

23/03/2021 dal Consigliere Dott. DANILO SESTINI;

lette le conclusioni scritte del Procuratore Generale Aggiunto Dott.

LUIGI SALVATO, il quale chiede che la Corte dichiari il ricorso

inammissibile.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

La S.N.I.E. – Società Nolana per Imprese Elettriche s.p.a. impugnò avanti al T.A.R. per il Lazio, chiedendone l’annullamento, il Decreto del Ministero delle Attività Produttive del 19.11.2003 con cui era stata attribuita ad ENEL Distribuzione (poi E-Distribuzione s.p.a.), in modo esclusivo, la concessione dell’attività di distribuzione dell’energia elettrica nei sei comuni di (OMISSIS).

Il T.A.R. accolse il ricorso affermando che il Ministero, anzichè promuovere -come prescritto dal D.Lgs. n. 79 del 1999 – un accordo di aggregazione fra le imprese operanti nel territorio, aveva preferito affidare la concessione ad E-Distribuzione s.p.a. in forza di un criterio (quello della quota di mercato) non previsto da alcuna norma; da ciò discendendo l’effetto sostanziale di eliminare la S.N.I.E. dal mercato coincidente col territorio dei sei comuni interessati.

Il T.A.R. annullò pertanto il provvedimento impugnato e, ai sensi dell’art. 34, comma 1, lett. e) c.p.a., impartì disposizioni per l’attuazione della pronunzia, consistenti nell’ordine alle parti di sottoscrivere, entro il termine di sessanta giorni dalla comunicazione o notificazione della sentenza, l’accordo previsto dal D.Lgs. n. 79 del 1999, art. 9, comma 3; stabilì inoltre che, in difetto, fosse nominato un commissario ad acta (individuato nel Prefetto di Napoli, con facoltà di delega ad un funzionario dell’Ufficio) per la redazione dell’accordo.

A seguito di impugnazione proposta dalla E-Distribuzione s.p.a., il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, ha confermato la sentenza di primo grado nella parte in cui aveva annullato la concessione, rilevando – in continuità la pronuncia n. 3405/2009 del medesimo Consiglio – che il Ministero avrebbe dovuto promuovere un accordo di aggregazione tra le società e, in ipotesi, esplicitare le ragioni che non avevano consentito il perfezionamento dell’accordo e intraprendere le dovute iniziative, private o pubbliche, prima del rilascio della concessione; ha concluso pertanto che “il difetto di adeguata motivazione e la violazione del giusto procedimento” viziavano il provvedimento annullato in primo grado.

Il Consiglio di Stato ha invece accolto il motivo con cui era stata censurata la decisione del T.A.R. di ordinare la formalizzazione di un accordo di aggregazione e di disporre, in difetto, la nomina di un commissario ad acta: ha ritenuto, infatti, che il primo giudice fosse andato oltre le domande formulate dalla S.N.I.E., che aveva proposto soltanto una richiesta di annullamento “dalla quale non sarebbe potuto conseguire altro effetto che quello di annullamento del provvedimento impugnato, con la conseguente rimessione all’Amministrazione della nuova edizione del potere”.

Ha proposto ricorso ex art. 111 Cost., art. 362 c.p.c. e artt. 91 e 110 c.p.a., la società e-distribuzione s.p.a., affidandosi ad un unico motivo; ha resistito la S.N.I.E. s.p.a., con controricorso.

Il P.M. ha rassegnato conclusioni scritte richiedendo che il ricorso venga dichiarato inammissibile.

Entrambe le parti hanno depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. L’unico motivo denuncia “violazione dei limiti della giurisdizione del giudice amministrativo. Eccesso di potere giurisdizionale. Violazione dell’art. 111 Cost.. Violazione del D.Lgs. n. 79 del 1999, art. 9”, sull’assunto che “la sentenza impugnata è viziata da eccesso di potere giurisdizionale per travalicamento dei limiti esterni della giurisdizione amministrativa poichè il Consiglio di Stato, nel giudicare su di una vicenda attribuita alla propria giurisdizione limitatamente al sindacato di legittimità di un atto amministrativo, ha sconfinato nel merito delle scelte amministrative”.

Premesso che la questione rimessa al vaglio del giudice amministrativo consisteva nel verificare se il MiSE avesse agito nel rispetto del quadro normativo di riferimento, ricorrendo pertanto “un classico caso di sindacato di legittimità sul provvedimento amministrativo, a fronte di una tipica azione di annullamento”, la ricorrente lamenta che il Consiglio di Stato ha compiuto un indebito travalicamento dei limiti esterni della propria giurisdizione allorchè ha affermato: “in pratica, le concessioni di distribuzione devono essere date alle imprese minori, senza la necessità di considerare qualsiasi percentuale di precedente presenza, l’unico limite è quello territoriale. Con l’emanazione del decreto ministeriale impugnato vengono, invece, introdotti criteri diversi per l’attribuzione della concessione unica per la distribuzione dell’energia elettrica alle imprese minori, regolate dalla L. 9 gennaio 1991, n. 10, art. 7 e come tali esentate originariamente da ogni limite e procedure di aggregazione ivi previste per l’attribuzione”.

Così facendo, il Consiglio di Stato sarebbe entrato nel merito della vicenda, sostanzialmente indicando al MiSE il contenuto del provvedimento che dovrà adottare, negando a quest’ultimo discrezionalità nell’affidamento delle concessioni e vincolando la riedizione del potere dell’amministrazione ad un decisum di merito.

La ricorrente ha escluso, infine, che il passaggio censurato della pronuncia impugnata possa ritenersi un effetto “conformativo” della sentenza del G.A., giacchè un tale effetto non può “spingersi sino al punto di determinare una sostituzione del giudice in quelle determinazioni riservate esclusivamente all’amministrazione”.

2. La S.N.I.E. ha resistito al ricorso rilevando come la ricorrente tenti di “stravolgere l’interpretazione complessiva della norma (D.Lgs. n. 79 del 1999, art. 9) – posta in essere dal Giudice Amministrativo di secondo grado – decontestualizzando una singola espressione utilizzata dallo stesso”, che “non si è sostituto all’autorità amministrativa in valutazioni di merito, ma si è limitato a chiarire la portata della norma”, così compiendo un’attività ermeneutica, finalizzata ad interpretare la norma, che “non integra affatto violazione dei limiti esterni della giurisdizione, potendo al più dare luogo ad un “error in indicando”, come tale sottratto al sindacato” della Corte di legittimità.

3. Il motivo è inammissibile.

3.1. E’ noto, infatti, che “l’interpretazione della legge o la sua disapplicazione non costituiscono un’attività riservata all’autorità amministrativa, ma rappresentano il “proprium” della funzione giurisdizionale e non possono, dunque, integrare la violazione dei limiti esterni della giurisdizione da parte del giudice amministrativo, così da giustificare il ricorso previsto dall’art. 111 Cost., comma 8, fatti salvi i casi del radicale stravolgimento delle norme o dell’applicazione di una norma creata “ad hoc” dal giudice speciale” (Cass., S.U. n. 11380/2016); di talchè, “in materia di impugnazione delle sentenze del Consiglio di Stato, il controllo del limite esterno della giurisdizione – che l’art. 111 Cost., comma 8, affida alla Corte di cassazione – non include il sindacato sulle scelte ermeneutiche del giudice amministrativo, suscettibili di comportare errori “in iudicando” o “in procedendo”, senza che rilevi la gravità o intensità del presunto errore di interpretazione, il quale rimane confinato entro i limiti interni della giurisdizione amministrativa, considerato che l’interpretazione delle norme costituisce il “proprium” distintivo dell’attività giurisdizionale” (Cass., S.U. n. 27770/2020; ex permultis, cfr. anche Cass., S.U. n. 20360/2013, Cass., S.U. n. 964/2017, Cass., S.U. n. 2753/2019 e Cass., S.U. n. 11585/1917).

3.2. Nel caso specifico, il Consiglio di Stato, lungi dall’ingerirsi nelle future scelte dell’amministrazione e dal predeterminare il contenuto del successivo provvedimento del MiSE, si è limitato a interpretare le norme della L. n. 10 del 1991, art. 7 e del D.Lgs. n. 79 del 1999, art. 9, effettuandone una lettura coordinata ed evidenziandone la portata, ed è pervenuto alla conclusione che “del tutto condivisibilmente, pertanto, il criterio della presenza percentuale è stato ritenuto dalla sentenza appellata (…) criterio non decisivo ai fini dell’attribuzione della concessione”.

La pronuncia impugnata non ha pertanto travalicato i limiti esterni della giurisdizione amministrativa, ma ha compiuto proprio quell’attività ermeneutica che compete al giudice amministrativo ed i cui eventuali errori in iudicando o in procedendo, quale che ne sia la gravità o intensità, rimangono confinati entro i limiti interni dell’anzidetta giurisdizione.

4. Le spese di lite seguono la soccombenza.

5. Sussistono le condizioni per l’applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

PQM

La Corte dichiara l’inammissibilità del ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese di lite, liquidate in Euro 7.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, al rimborso degli esborsi (liquidati in Euro 200,00) e agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 23 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 12 maggio 2021

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