Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12599 del 17/06/2016


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Cassazione civile sez. lav., 17/06/2016, (ud. 23/03/2016, dep. 17/06/2016), n.12599

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRONZINI Giuseppe – Presidente –

Dott. DORONZO Adriana – Consigliere –

Dott. LORITO Matilde – Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

Dott. ROGHETICH Elena – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 1573/2012 proposto da:

L.P.M., C.F. (OMISSIS), domiciliato in

ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI

CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato ANTONINO ARIZIA,

giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

CASSA EDILE DELLA PROVINCIA DI MESSINA, C.F. (OMISSIS), in

persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliaLa in ROMA, VIA P. MATTEUCCI 44, presso lo studio

dell’avvocato MILENA CIPOLLONE, rappresentata e difesa

dall’avvocato EMILIA BONFIGLIO, giusta delega in atti;

– controricorrente –

e contro

CURATELA DEL FALLIMENTO M. COSTRUZIONI GENERALI S.P.A.,

FALLIMENTO SICIL CO.MAR. S.P.A., FALLIMENTO S.I.A.L.P. S.P.A.,

FALLIMENTO S.I.C.O.M. S.P.A.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1532/2010 della CORTE D’APPELLO di MESSINA,

depositata il 14/01/2011, r.g.n. 1570/2007;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

23/03/2016 dal Consigliere Dott. ELENA BOGHETICH;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SANLORENZO Rita, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il Tribunale di Messina rigettava la domanda proposta da L. P.M. contro la Cassa Edile della Provincia di Messina e la Curatela del Fallimento M. Costruzioni Generali S.p.A., Fall. Sicil.Co.Mar S.p.A., Fall. S.I.A.L.P. S.p.A., Fall.

S.I.C.O.M. S.p.A., in persona del Curatore, diretta ad ottenere la declaratoria del diritto alla percezione della somma pari al 50% del trattamento economico maturato (presso le suddette ditte) per gratifica natalizia, ferie e riposi dalla Cassa Edile, somma per la quale detto ente si era a sua volta inserito nello stato passivo delle aziende contumaci in stato di decozione. Contro tale decisione proponeva appello il lavoratore, deducendo che, avendo la Cassa Edile chiesto l’ammissione al passivo non solo per le somme di sua spettanza, ma anche per quelle da versare ai lavoratori, essi appellanti non erano stati ammessi al passivo per la percentuale della Cassa, così perdendo il privilegio spettante per le retribuzioni, con conseguente responsabilità dell’ente, sia che si volesse inquadrare il rapporto nella figura del mandato senza rappresentanza, sia in quella dell’accollo. In ogni caso, aveva errato il primo Giudice – che peraltro non aveva svolto alcuna indagine sulla consistenza dello stato attivo del fallimento nel ritenere insussistenti le condizioni di cui alla lett. H del regolamento per le Casse Edili, non avendo la Cassa esercitato l’azione di recupero prima che le società venissero dichiarate fallite e, chiedendo, invece, poi, di essere ammessa al passivo senza privilegio, che, al contrario, sarebbe spettato se la richiesta fosse partita dai lavoratori. Concludeva, quindi, chiedendo che venisse riformata la decisione impugnata con accoglimento delle domande avanzate in primo grado.

Con sentenza del 14 gennaio 2011, l’adita Corte d’appello di Messina rigettava l’impugnazione.

A sostegno della decisione osservava che non meritava censura il comportamento della Cassa Edile con riferimento alla richiesta di ammissione al passivo fallimentare per il recupero delle somme non versate dalle ditte del Gruppo M., non sussistendo un obbligo specifico di ammissione al passivo solo per le somme di sua spettanza e non anche per quelle versate ai lavoratori, e neppure sussistendo una violazione del richiamato disposto di cui alla lett. H del Regolamento per le Casse edili.

Per la cassazione di tale pronuncia ricorre il L.P. con due motivi. Resiste la Cassa Edile della Provincia di Messina con controricorso. La Curatela del Fallimento del Gruppo M. non si è costituita.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso il lavoratore deduce il vizio di contraddittoria, omessa ed insufficiente motivazione della sentenza impugnata (ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), rilevando che le ragioni sottese al decisum non consentivano dl individuarne la ratio, vale a dire il procedimento logico-giuridico che aveva indotto il Giudice del gravame a ritenere irrilevanti, ai fini del decidere, le argomentazioni difensive sui pretesi obblighi connessi agli istituti del mandato e dell’accollo. La deduzione trae fondamento dal fatto che il Giudice a quo, nel configurare come necessitata, in adempimento di un obbligo contrattuale, l’iniziativa della Cassa Edile in confronto della curatela per il recupero del quantum spettante al lavoratore a titolo di accantonamento, aveva ritenuto implicitamente che il rapporto trilatero, sussistente tra datore di lavoro, Cassa Edile e lavoratori, dovesse qualificarsi come una delegazione di pagamento. A dire del ricorrente, in virtù della delegazione, la Cassa Edile (delegata) non potrebbe opporre al lavoratore (delegatario) le eccezioni che avrebbe potuto opporre al datore di lavoro (delegante), sicchè la nominata Cassa Edile non avrebbe potuto eccepire, ai lavoratori – ex dipendenti del Gruppo M. – tra cui l’attuale ricorrente – l’inadempimento del datore di lavoro, concretizzatosi nel mancato versamento delle somme loro spettanti a titolo di accantonamento. Dall’azione necessitata in confronto della curatela del fallimento e, quindi, dalla legittimazione della Cassa Edile a richiedere al datore di lavoro, poi fallito, il pagamento degli importi spettanti ai lavoratori a titolo di accantonamento, il ricorrente fa discendere l’obbligo per la Cassa stessa di corrispondere detto accantonamento, anche in assenza del preventivo versamento da parte del datore di lavoro. La Corte d’appello, dopo avere aderito alla tesi che la Cassa ha il dovere e l’obbligo di pretendere le somme dal datore di lavoro (e quindi di essere ammessa al passivo delle somme spettanti ai lavoratori), avrebbe omesso di estendere il suo giudizio all’altro obbligo simmetrico (corresponsione comunque delle somme accantonate ai lavoratori, esclusi dal passivo), evitando di affrontare la tematica del rapporto delegante – delegato nella sua interezza e dei consequenziali obblighi reciproci, rendendo la motivazione del tutto inidonea a giustificare la decisione.

2. Con il secondo motivo il ricorrente, denunciando violazione del contratto collettivo nazionale imprese edili (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), lamenta che il Giudice d’appello avrebbe erroneamente disapplicato la lettera H del Regolamento della Cassa Edile per la provincia di Messina, recepito dal suddetto Contratto Nazionale.

3. Il primo motivo è infondato.

3.1. Come questa Corte ha già puntualizzato (e proprio con riferimento al Fallimento intimato, cfr. Cass. n. 6869/2012; più recentemente, cfr. Cass. nn. 1604/2015, 10140/2014), le Casse edili, organismi di origine contrattuale e sindacale, a carattere paritetico (perchè gestiti unitariamente da rappresentanti dei sindacati dei lavoratori e da rappresentanti dei datori di lavoro), sono investite del compito di assicurare ai lavoratori del settore edile il pagamento di alcune voci retributive (ferie, festività, permessi, gratifica natalizia, le somme relative all’anzianità professionale, cd. Ape) che, per l’elevata mobilità che caratterizza il settore, e per la conseguente durata ridotta dei rapporti, risulterebbero di importo minimo, e dunque di problematica erogazione. L’iter legislativo che, dapprima, ha semplicemente incoraggiato l’iscrizione delle imprese alle Casse Edili, è arrivato poi (secondo quanto disposto dal D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 86, comma 10) a sancire l’obbligatorietà della regolarità contributiva nei confronti di detti enti. Essi, inoltre, forniscono anche prestazioni che, pur conservando natura in senso lato retributiva, hanno anche una connotazione previdenziale ed assistenziale, ad esempio, integrando i trattamenti di malattia ed infortunio, oppure sostenendo il reddito dei lavoratori durante fasi di sospensione del rapporto dovute a crisi. Tali prestazioni sono finanziate dai datori di lavoro, versando gli accantonamenti per le prestazioni di natura retributiva, nonchè i contributi di competenza per il resto (con un limitato apporto anche dei lavoratori).

Discende che le somme che il datore ha l’obbligo di versare alla Cassa Edile quali accantonamenti destinati al pagamento delle somme dovute per ferie, gratifiche natalizie e festività infrasettimanali, costituiscono somme spettanti ai lavoratori a titolo retributivo.

Poichè il meccanismo normativamente previsto per il pagamento da parte del datore ed il conseguente diritto dei lavoratori integra una delegazione (ex artt. 1269 c.c. e segg.: Cass. 27 maggio 1998 n. 5257), questa Corte ha condivisibilmente ritenuto che la Cassa stessa non diventa obbligata nei confronti del lavoratore con il mero sorgere del rapporto di lavoro, bensì solo con il pagamento, da parte del datore, delle somme stesse (Cass. n. 14658/2003; Cass. n. 16014/2006).

In tal modo, per la stessa natura retributiva delle somme che il datore ha l’obbligo di versare alla Cassa Edile, e per il fatto che l’obbligazione della Cassa Edile non sorge con la mera costituzione del rapporto di lavoro, bensì solo con il pagamento, alla stessa, da parte del datore, deve affermarsi che, se ben può il lavoratore agire nei confronti del datore per il pagamento delle somme dovute per ferie festività e gratifiche natalizie, egualmente la Cassa ha l’obbligo di riscuotere le somme che il datore è tenuto a versare.

4. A tali principi si è attenuta la Corte territoriale, osservando come non meritasse censura il comportamento della Cassa Edile con riferimento alla richiesta di ammissione al passivo fallimentare per il recupero delle somme non versate dalle ditte del gruppo M., in quanto, non sussistendo un obbligo specifico di ammissione al passivo solo per le somme di sua spettanza e non anche per quelle da versare ai lavoratori, l’Ente viene a porsi nei confronti del fallimento allo stesso modo in cui agisce nei riguardi dei datori di lavoro inadempienti. Pertanto, del tutto correttamente si afferma nella sentenza impugnata che, mentre l’iniziativa dei lavoratori per l’ammissione allo stato passivo per gli importi dalla Cassa edile non percepiti costituisce solo un’ eventualità, l’azione dell’Ente, che agisce anche nell’interesse dei lavoratori per un obbligo contrattuale, appare come attività doverosa.

Da quanto esposto discende che il lavoratore non può censurare la condotta della Cassa edile per l’insinuazione nel fallimento in relazione alle somme dovutegli dal datore di lavoro, avendo diritto unicamente – nel caso di effettuato pagamento delle somme da parte del datore di lavoro – a richiedere direttamente la condanna della Cassa edile; nel caso, invece, di non adempimento degli obblighi del datore di lavoro verso la Cassa, ha il diritto di chiamare in giudizio direttamente il datore di lavoro in bonis o ad insinuarsi direttamente nel fallimento di quest’ultimo, non potendo invece impedire la insinuazione della Cassa nel fallimento per il recupero delle somme dovute dal datore di lavoro e non potendo lamentare danni in presenza di una sua inerzia di condotta, cui unicamente sono addebitabili i danni lamentati nella presente controversia.

5. Il secondo motivo non può trovare accoglimento, considerata la mancata allegazione del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro, sul quale il motivo di ricorso si fonda ed in cui la disposizione regolamentare invocata si inquadra. La censura è prospettata con modalità non conformi al principio di specificità dei motivi di ricorso per cassazione, secondo cui parte ricorrente avrebbe dovuto, quantomeno, trascrivere nel ricorso il contenuto della lettera H che si assume violata, fornendo al contempo alla Corte elementi sicuri per consentirne l’individuazione e il reperimento negli atti processuali, potendosi solo così ritenere assolto il duplice onere, rispettivamente previsto a presidio del suddetto principio dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 e dall’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4 (Cass. 12 febbraio 2014, n. 3224; Cass. SU 11 aprile 2012, n. 5698;

Cass. SU 3 novembre 2011, n. 22726).

6. In conclusione, il ricorso va rigettato.

7. Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e per l’effetto il S. va condannato a rimborsare le stesse alla Cassa Edile, nella misura indicata in dispositivo. Nulla per le spese nei confronti della Curatela del Fallimento M. Costruzioni Generali S.p.A., Fall. Sicil.Co.Mar S.p.A., Fall. S.I.A.L.P. S.p.A., Fall. S.I.C.O.M. S.p.A., non essendo stata svolta attività difensiva.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alla spese del giudizio di legittimità in favore della Cassa Edile della Provincia di Messina, liquidate in Euro 100,00 per spese ed Euro 3.000,00 per competenze professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori come per legge. Nulla per le spese nei confronti della Curatela del Fallimento M. Costruzioni Generali S.p.A., Fall.

Sicil.Co.Mar S.p.A., Fall. S.I.A.L.P. S.p.A., Fall. S.I.C.O.M. S.p.A..

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 23 marzo 2016.

Depositato in Cancelleria il 17 giugno 2016

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