Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12596 del 17/06/2016


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Cassazione civile sez. lav., 17/06/2016, (ud. 17/03/2016, dep. 17/06/2016), n.12596

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NOBILE Vittorio – Presidente –

Dott. BRONZINI Giuseppe – Consigliere –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere –

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 4988/2011 proposto da:

POSTE ITALIANE S.P.A., C.F. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA

G. MAZZINI 27 presso lo studio dell’Avvocato SALVATORE TRIFIRO’,

che la rappresenta e difende giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

M.M.E., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

AGRI 1, presso lo studio dell’avvocato PASQUALE NAPPI, che lo

rappresenta e difende unitamente all’Avvocato PIERLUIGI BOIOCCHI

giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 598/2009 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA,

depositata il 13/02/2010 R.G.N. 1208/2016;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

17/03/2016 dal Consigliere Dott. LUCIA ESPOSITO;

udito l’Avvocato GIUA LORENZO per delega verbale Avvocato TRIFIRO’

SALVATORE;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GIACALONE Giovanni, che ha concluso per l’accoglimento per quanto di

ragione.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1.La Corte d’Appello di Brescia, con sentenza depositata il 13/2/2010, in parziale riforma della decisione del giudice di primo grado (che, in accoglimento della domanda avanzata nei confronti di Poste Italiane s.p.a. da M.M., assunto con contratto a termine per il periodo 5/6/2002-31/8/2002, aveva dichiarato l’illegittimità del termine apposto al contratto, condannando Poste al pagamento in favore dell’appellato delle retribuzioni dalla messa in mora), dichiarava cessata la materia del contendere sulla domanda di riammissione in servizio confermando nel resto l’impugnata sentenza.

2. Il contratto era stato stipulato sotto la vigenza del D.Lgs. n. 368 del 2001, per “esigenze tecniche, organizzative e produttive anche di carattere straordinario conseguenti a processi di riorganizzazione, ivi ricomprendendo un più funzionale riposizionamento di risorse sul territorio, anche derivanti da innovazioni tecnologiche, ovvero conseguenti all’introduzione e/o sperimentazione di nuove tecnologie, prodotti o servizi nonchè all’attuazione delle previsioni di cui agli Accordi del 17, 18 e 23 ottobre, 11 dicembre 2001, 11 gennaio, 13 febbraio e 17 aprile 2002”.

2. La Corte territoriale poneva a fondamento della decisione il rilievo in forza del quale la clausola sopra riportata, richiamando molteplici ipotesi alternative giustificatrici della assunzione a termine, senza indicare quali di queste fossero riferibili al singolo contratto, era già di per sè illegittima, in quanto impediva di individuare ex ante le esigenze del datore di lavoro che legittimavano la stipulazione del contratto a termine. Osservava, inoltre, che la società non aveva assolto all’onere di dimostrare l’effettiva sussistenza dei presupposti dell’apposizione del termine nel caso concreto.

3.Per la cassazione della sentenza ricorre Poste italiane s.p.a.

sulla base di cinque motivi, illustrati mediante memorie. Resiste il M. con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.Va rilevato, preliminarmente, che il Collegio ha autorizzato la redazione della motivazione in forma semplificata.

2. Con il primo motivo la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 6 settembre 2001, n. 368, art. 1 (art. 360 c.p.c.) e degli accordi collettivi tra Poste Italiane e Organizzazioni sindacali del 17, 18 e 23 ottobre 2001, 11 dicembre 2001, 11 gennaio, 13 e 17 aprile 2002. Rileva che le ipotesi di assunzione a termine previste dai contratti collettivi vigenti all’entrata in vigore della riforma sono del tutto valide e legittime e vanno ad aggiungersi alle ipotesi indicate dal D.Lgs. n. 368 del 2001. Osserva, specificamente, che il contratto trova giustificazione nell’art. 25 del CCNL Poste dell’11/1/2001, pattuito in attuazione di quanto stabilito dalla L. n. 56 del 1987, art. 23, talchè la sentenza era errata nell’aver ritenuto applicabile il D.Lgs. n. 368 del 2001.

3. Con il secondo motivo la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione della L. 26 febbraio 1987, n. 56, art. 23, del D.Lgs. 6 settembre 2001, n. 368, art. 11 e dell’art. 1362 c.c., in connessione con l’art. 25 CCNL 11 gennaio 2001, insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia (art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5).

Rileva che il contratto ricade nella previsione dell’art. 25 CCNL del 2001, rimasta efficace anche successivamente all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 368 del 2001, per effetto della specifica disciplina transitoria di cui all’art. 11 della predetta normativa. Osserva che la legittimità delle ipotesi enucleate dalle parti sociali ai sensi della L. n. 56 del 1987, art. 23, è stata accertata dalla giurisprudenza di legittimità, la quale afferma che la predetta legge ha conferito una delega piena all’autonomia collettiva in materia di contratti a termine.

4. I primi due motivi, da esaminare congiuntamente in ragione dell’intima connessione, sono infondati. Deve rilevarsi, infatti, che il contratto di cui si discute è stato stipulato per il periodo 5/6/2002-31/8/2002. Di conseguenza trova applicazione il principio enunciato dalla giurisprudenza di legittimità, in forza del quale “In materia di assunzioni a termine del personale postale, l’art. 74, comma 1, del c.c.n.l. 11 gennaio 2001 del personale non dirigente di Poste italiane s.p.a. stabilisce il 31 dicembre 2001 quale data di scadenza dell’accordo. Ne consegue che i contratti a termine stipulati successivamente a tale data non possono rientrare nella disciplina transitoria prevista dal D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 11 –

che aveva previsto il mantenimento dell’efficacia delle clausole contenute nell’art. 25 del suddetto c.c.n.l., stipulate ai sensi della L. n. 56 del 1987, art. 23 – e sono interamente soggetti al nuovo regime normativo, senza che possa invocarsi l’ultrattività delle pregresse disposizioni per il periodo di vacanza contrattuale collettiva, ponendosi tale soluzione in contrasto con il principio secondo il quale i contratti collettivi di diritto comune operano esclusivamente entro l’ambito temporale concordato dalle parti” (in tal senso Cass. Sez. L, Sentenza n. 16424 del 13/07/2010, Rv. 614987, conforme Sez. L, Sentenza n. 20441 del 12/10/2015, Rv. 637467).

Risulta non pertinente, pertanto, il richiamo da parte della ricorrente alle previsioni dei contratti collettivi antecedenti alla riforma e, specificamente, all’art. 25 CCNL del 2001, di cui si assume l’efficacia per effetto della specifica disciplina transitoria di cui all’art. 11 della predetta normativa.

5. Con il terzo motivo il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1 e degli artt. 1362 c.c. e segg. e art. 2697 c.c.. Insufficiente motivazione. Art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5. Rileva che erroneamente la Corte territoriale aveva ritenuto non sufficientemente provato il nesso causale tra l’assunzione a termine e le esigenze indicate in contratto, le quali dovevano essere valutate a livello nazionale e non potevano essere ricondotte esclusivamente alla situazione del singolo ufficio, trattandosi di fattispecie complessa. Rileva che la sussistenza delle esigenze indicate in contratto è stata ripetutamente confermata dalle Organizzazioni Sindacali, le quali hanno sottoscritto i vari accordi indicati nella lettera di assunzione.

6. Il motivo è fondato per quanto di ragione. Nella specie, trattandosi di contratto ricadente ratione temporis nel vigore del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1, vanno applicati i principi ripetutamente dettati in materia da questa Corte. Al riguardo, come affermato da Cass. 1-2-2010 n. 2279, “in tema di apposizione del termine al contratto di lavoro, il legislatore, richiedendo l’indicazione da parte del datore di lavoro delle “specificate ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo”, ha inteso stabilire, in consonanza con la direttiva 1999/70/CE, come interpretata dalla Corte di Giustizia, un onere di specificazione delle ragioni oggettive del termine finale, vale a dire di indicazione sufficientemente dettagliata della causale nelle sue componenti identificative essenziali, sia quanto al contenuto, che con riguardo alla sua portata spazio-temporale e più in generale circostanziale, perseguendo in tal modo la finalità di assicurare la trasparenza e la veridicità di tali ragioni, nonchè l’immodificabilità delle stesse nel corso del rapporto; tale specificazione può risultare anche indirettamente nel contratto di lavoro e da esso “per relationem” ad altri testi scritti accessibili alle parti” (come accordi collettivi richiamati nello stesso contratto individuale)” (in tal senso, v. fra le altre anche 25-52012 n. 8286). Spetta al giudice di merito accertare, con valutazione che, se correttamente motivata, resta esente dal sindacato di legittimità, la sussistenza di tali presupposti, valutando ogni elemento, ritualmente acquisito al processo, idoneo a dar riscontro

alle ragioni specificatamente indicate con atto scritto ai fini dell’assunzione a termine, ivi compresi gli accordi collettivi intervenuti fra le parti sociali e richiamati nel contratto costitutivo del rapporto. Con riguardo a questi ultimi questa Corte ha altresì chiarito che, “seppure nel nuovo quadro normativo….non spetti più un autonomo potere di qualificazione delle esigenze aziendali idonee a consentire l’assunzione a termine, tuttavia, la mediazione collettiva ed i relativi esiti concertativi restano pur sempre un elemento rilevante di rappresentazione delle esigenze aziendali in termini compatibili con la tutela degli interessi dei dipendenti, con la conseguenza che gli stessi debbono essere attentamente valutati dal giudice ai fini della configurabilità nel caso concreto dei requisiti della fattispecie legale”.

5. La sentenza impugnata, disattendendo i detti principi, ha fondato la illegittimità del termine sulla pluralità delle cause giustificative indicate, nonchè sulla asserita genericità delle stesse, ignorando il contenuto degli accordi di mobilità indicati nella lettera di assunzione. La stessa, pertanto, va cassata, in accoglimento del terzo motivo, restando assorbiti gli altri (concernenti il carattere essenziale della clausola e le conseguenze della nullità del termine). La causa va rinviata, quindi, alla Corte d’Appello di Brescia, in diversa composizione, la quale statuirà anche in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

La Corte rigetta il primo e il secondo motivo, accoglie il terzo, assorbiti gli altri. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’Appello di Brescia in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 17 marzo 2016.

Depositato in Cancelleria il 17 giugno 2016

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