Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12596 del 12/05/2021

Cassazione civile sez. III, 12/05/2021, (ud. 12/01/2021, dep. 12/05/2021), n.12596

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. FIECCONI Francesca – rel. Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 490/2019 proposto da:

S.F., S.V., elettivamente domiciliati in

ALTAMURA, VIA VITTORIO VENETO N. 76, presso lo studio dell’avvocato

MARISA CLEMENTE, che li rappresenta e difende;

– ricorrenti –

contro

FONDAZIONE (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

TRIONFALE N. 5637, presso lo studio dell’avvocato GABRIELE

FERABECOLI, rappresentato e difeso dall’avvocato PAOLO VINCI;

L.F.G., D.M.F., elettivamente

domiciliati in MILANO, VIA SANTA SOFIA N. 27, presso lo studio degli

avvocati FEDERICA PISTORELLO, e ETTORE ZANONI, che li rappresentano

e difendono.

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 4328/2018 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 12/09/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

12/01/2021 dal Consigliere Dott. FRANCESCA FIECCONI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FRESA Mario.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. S.V. e F., in proprio e nella qualità di eredi della sig.ra G.F., propongono ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, avverso la sentenza n. 4328/2018 della Corte d’Appello di Milano che – confermando integralmente la pronuncia resa in prime cure – ha rigettato le domande proposte dagli odierni ricorrenti nei confronti della Fondazione (OMISSIS), nonchè dei Dottori D.M.F. e L.F.G., per il risarcimento dei danni patiti dalla congiunta a seguito di un intervento eseguito, presso la Fondazione, dai medici convenuti. Con separati controricorsi, resistono la (OMISSIS) e i dottori D.M. e L..

2. Il (OMISSIS) G.F. veniva ricoverata presso l’unità Operativa NEurologica II della Fondazione Istituto (OMISSIS) e ivi sottoposta, nel medesimo giorno, a intervento chirurgico di biopsia stereotassica, eseguito dai Dott.ri L. e D.M.. L’intervento si era reso necessario per indagare una lesione espansiva cerebrale multiforme emisferica sinistra, da cui era affetta la sig.ra G.. Subito dopo l’intervento, la paziente era caduta in stato comatoso perdurante fino al (OMISSIS); al suo risveglio, riportava una emi-paresi facio-branchio-crurale destra con afasia che la costringeva in uno stato di non autosufficienza fino al decesso, avvenuto il (OMISSIS). S.V. e F., rispettivamente marito e figlia della sig.ra G., convenivano dinanzi al Tribunale di Milano i medici che avevano eseguito l’intervento, nonchè la Fondazione (OMISSIS), deducendo che l’esecuzione scorretta della biopsia aveva determinato la morte della paziente, nonchè la diminuzione e il peggioramento della mediana di sopravvivenza e della qualità della vita della stessa fino al decesso. Si costituivano i convenuti contestando, sia nel rito che nel merito, le domande attoree. La causa veniva istruita mediante CTU medico-legale. Con sentenza n. 11464/2017, il Tribunale di Milano rigettava le domande degli attori e li condannava al pagamento delle spese di lite e di CTU. Avverso la sentenza, i sig.ri S. hanno proposto gravame dinanzi alla Corte d’Appello di Milano che, con la pronuncia in questa sede impugnata, ha rigettato l’appello, confermando la decisione di primo grado.

3. Per quanto ancora interessa, il giudice di secondo grado ha ritenuto insussistente il nesso causale tra l’esame bioptico eseguito e l’evento morte poichè la patologia da cui era affetta la paziente (astrocitoma anaplastico), indipendentemente dalla biopsia eseguita, non avrebbe potuto avere un esito differente rispetto al decesso: tanto sulla base delle considerazioni della CTU espletata dinanzi al Tribunale, quanto in relazione alle argomentazioni degli stessi appellanti. Parimenti, la Corte di merito ha escluso la correlazione causale tra la condotta dei sanitari e il peggioramento delle condizioni di vita della paziente, in quanto la CTU aveva ricondotto la condizione di emi-paresi all’edema acuto cerebrale e al danno ischemico che colpirono la paziente durante l’intervento; tuttavia, tali complicanze – pur possibili nel caso di biopsia diretta e profonda dell’encefalo – non possono essere prevenute ed evitate. Sulla base di tali premesse, la Corte del gravame ha ritenuto superata la presunzione di colpevolezza ex art. 1218 c.c.. Infine, in relazione alla dedotta riduzione della mediana di sopravvivenza, sempre sul solco della CTU, ha rilevato che il tempo di sopravvivenza della sig.ra G. era stato compatibile con la media di vita prevista dalla letteratura medica riguardo agli astrocitomi anaplastici.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo si denuncia “Falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, artt. 1218 e 2697 c.c. e in generale dei principi regolanti la ripartizione dell’onere della prova in ambito di responsabilità medica di natura contrattuale o da contatto sociale”. La sentenza è censurata là dove ha ritenuto che la condizione di emi-paresi, che aveva colpito la paziente dopo la biopsia, fosse riconducibile a danno ischemico, nonchè che quest’ultimo fosse una complicanza possibile della biopsia diretta e profonda dell’encefalo, ma non evitabile. In parte qua, la Corte di merito non avrebbe chiarito perchè si trattasse di una complicanza riconducibile a ischemia e non avente altra origine, più probabile; nè avrebbe spiegato perchè essa fosse inevitabile.

1.1. Il motivo è infondato. In relazione all’evento morte, il giudice di secondo grado ha escluso la correlazione eziologica con l’esame bioptico sia sulla scorta della CTU espletata in prime cure, per cui la patologia di cui era affetta la paziente (astrocitoma anaplastico) non avrebbe avuto un decorso differente rispetto all’exitus: la sentenza non viene difatti impugnata su questo punto. In relazione al danno da peggioramento delle condizioni di vita della paziente, oggetto della presente impugnazione, la Corte d’Appello ha motivato come segue: “Con riguardo, invece, all’esistenza del nesso di causalità tra l’esame bioptico e il peggioramento delle condizioni di vita perdurate fino alla data del decesso, ritiene questa Corte – conformemente a quanto già sottolineato dai CTU – che la condizione di emi-paresi che affliggeva la sig.ra G. dopo la biopsia è riconducibile scientificamente alla condizione di edema acuto cerebrale e danno ischemico che hanno colpito la sig.ra G. durante la biopsia. Tali condizioni sono definite dai CTU come “complicanze previste nei casi di biopsia diretta e profonda dell’encefalo, ma non possono essere prevenute ed evitate (cfr. pag. 23 CTU)”. Sulla scorta di tali conclusioni ha ritenuto superata la presunzione di colpevolezza operata dall’art. 1218 c.c., ed esclusa l’esistenza di un nesso eziologico tra l’evento e la biopsia e la condizione di emiparesi, proprio perchè la complicanza non è frutto di errore, ma rappresenta un evento possibile e non altrimenti evitabile (sentenza impugnata: da p. 12, 3 cpv. a p. 13, 2 cpv.). In particolare, è stato ritenuto provato, sulla scorta della CTU, non solo che l’intervento corrispondeva a una scelta opportuna in relazione alle condizioni in cui si trovava la paziente, onde poter applicare idonee terapie per il tumore al cervello che la affliggeva, e che la biopsia è stata eseguita in modo conforme alle linee guida e alle buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica, ma anche l’imprevedibilità e imprevenibilità in concreto dell’evento, posto che l’ischemia sopravvenuta non ha avuto una causa emorragica collegata all’intervento, bensì è sopraggiunta nel corso dell’intervento come complicanza.

1.2. La sentenza ha inteso applicare, richiamandola correttamente, la

giurisprudenza di legittimità riguardo al tema della “complicanza”, là dove ha indicato che allorchè, nel corso dell’esecuzione di un intervento o dopo la conclusione di esso, si verifichi un peggioramento delle condizioni del paziente, delle due l’una: o tale peggioramento era prevedibile ed evitabile, ed in tal caso esso va ascritto a colpa del medico, a nulla rilevando che la statistica clinica lo annoveri in linea teorica tra le “complicanze”; ovvero tale peggioramento non era prevedibile oppure non era evitabile, e in tal caso esso integra gli estremi della “causa non imputabile” di cui all’art. 1218 c.c., a nulla rilevando che la statistica clinica non lo annoveri in linea teorica tra le “complicanze” (Cass. civile, sez. III, sentenza n. 13328 del 30 giugno 2015).

1.3. Ed invero, in tema di inadempimento di obbligazioni di diligenza

professionale sanitaria, il danno evento consta della lesione non dell’interesse strumentale alla cui soddisfazione è preposta l’obbligazione (perseguimento delle “leges artis” nella cura dell’interesse del creditore), ma del diritto alla salute (interesse primario presupposto a quello contrattualmente regolato); sicchè, ove sia dedotta la responsabilità contrattuale del sanitario per l’inadempimento della prestazione di diligenza professionale e la lesione del diritto alla salute, è onere del danneggiato provare, anche a mezzo di presunzioni, il nesso di causalità fra l’aggravamento della situazione patologica (o l’insorgenza di nuove patologie) e la condotta del sanitario, mentre è onere della parte debitrice provare, ove il creditore abbia assolto il proprio onere probatorio, la causa imprevedibile ed inevitabile dell’impossibilità dell’esatta esecuzione della prestazione (cfr., ex plurimis, Cass., Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 18102 del 31/8/2020; Sez. 3 -, Sentenza n. 28991 dell’11/11/2019; Sez. 3 -, Sentenza n. 18392 del 26/7/2017).

1.4. Nel caso concreto, essendo risultati provati entrambi i requisiti (dempimento conforme alle leges artis e inevitabilità e imprevedibilità in concreto dell’evento), con giudizio in questa sede insindacabile in quanto conforme a criteri di logicità e alle conoscenze mediche sino ad oggi acquisite, il ragionamento svolto dalla Corte di merito risulta del tutto incensurabile, in quanto conforme ai principi sopra indicati.

2. Con il secondo motivo si denuncia “Omesso esame, ex art. 360 c.p.c., n. 5, di un fatto decisivo con specifico riferimento all’omessa dimostrazione del danno da ischemia”. La Corte d’Appello avrebbe omesso l’esame di fatti decisivi quali le cause della asserita ischemia, nonchè che si sia trattato di complicanze del tutto eccezionali e indipendenti dalle modalità di svolgimento dell’intervento bioptico.

2.1. Il secondo motivo è inammissibile, giusta la previsione di cui all’art. 348-ter c.p.c., comma 5, applicabile, ratione temporis, all’impugnazione interposta, in quanto l’atto di appello è stato notificato successivamente all’11/9/2012, e la sentenza in questa sede impugnata ha integralmente confermato la pronuncia di prime cure. Difatti, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, il ricorrente in cassazione – per evitare l’inammissibilità del motivo di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – in ipotesi di cd. “doppia conforme”, ha l’onere di indicare le ragioni di fatto poste alla base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (Cass., Sez. L -, Sentenza n. 20994 del 6/8/2019; Sez. 1 -, Sentenza n. 26774 del 22/12/2016; Sez. 2, Sentenza n. 5528 del 10/3/2014). Per converso, non si rinviene neanche, nell’articolazione del motivo, alcun riferimento alla decisione di prime cure e, ciò che più rileva, alla motivazione addotta dal Tribunale a fondamento del rigetto delle domande attoree.

3 Con il terzo motivo si denuncia la “Falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, artt. 1218 e 2697 c.c., con specifico riferimento alla scelta della modalità di esecuzione dell’esame bioptico in relazione alla consapevolezza della necessità di dover salvaguardare solo la qualità e l’aspettativa di vita”. In primo luogo, si contestano le osservazioni della CTU, definite laconiche, là dove la Corte ne ha dedotto che la biopsia frameless, effettuata dai sanitari, pur non essendo un esame esente da rischi, nel caso di specie sarebbe stata necessaria per un corretto inquadramento terapeutico. Sul punto, i ricorrenti deducono di aver riportato, nelle osservazioni alla bozza della CTU, le immagini e le relative note che avrebbero incontrovertibilmente dimostrato che sarebbe stato più corretto penetrare in un punto, leggermente più spostato della materia cerebrale, ma nettamente meno rischioso. Del pari, la sentenza impugnata conterrebbe una fideistica e acritica adesione alla CTU. Le criticità della stessa parrebbero evidenti se rapportate alla circostanza che il decesso della paziente era inevitabile, per cui il giudice di secondo avrebbe dovuto effettuare un’approfondita valutazione del rapporto tra rischi e benefici della modalità di biopsia prescelta dai sanitari, poichè l’interesse da salvaguardare, e oggetto dell’intervento, non era il bene della vita, ma quello della durata e della qualità della vita della paziente. Infine, la motivazione della sentenza sarebbe laconica anche là dove ha escluso dal novero degli esami strumentali possibili la trattografia che, a parità di inconvenienti, avrebbe prevenuto il rischio che l’inserimento dell’ago da parte del medico andasse a ledere punti nevralgici, come accaduto nel caso di specie.

3.1. Il motivo è inammissibile per difetto di specificità ex art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6. Esso viene rubricato in termini di “Falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, artt. 1218 e 2697 c.c. (…)”; tuttavia – al di là dell’epigrafe – il motivo tende a denunciare presunti errori della CTU, nonchè la pedissequa adesione alla stessa da parte della Corte di merito, che si riverberano in un vizio motivazionale. Senonchè, in tema di ricorso per cassazione per vizio di motivazione, la parte che lamenti l’acritica adesione del giudice di merito alle conclusioni del consulente tecnico d’ufficio non può limitarsi a far valere genericamente lacune nell’accertamento o errori di valutazione commessi dal consulente o dalla sentenza che ne abbia recepito l’operato, ma, in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso per cassazione e al carattere limitato del mezzo di impugnazione, ha l’onere di indicare specificamente le circostanze e gli elementi rispetto ai quali invoca il controllo di logicità, trascrivendo integralmente nel ricorso almeno i passaggi salienti e non condivisi della relazione e riportando il contenuto specifico delle critiche ad essi sollevate, al fine di consentire l’apprezzamento dell’incidenza causale del difetto di motivazione (in tal senso, Cass., Sez. 1, Sentenza n. 16368 del 17/7/2014; in senso conforme, v. anche Cass., Sez. 1 -, Ordinanza n. 19427 del 3/8/2017; Sez. 1, Sentenza n. 11482 del 3/6/2016).

3.2. Ed invero, nel caso concreto, le censure addotte dai ricorrenti non sono idonee ad inficiare, in parte qua, l’impianto motivazionale della sentenza resa dalla Corte del gravame. Quest’ultima, sul tema delle modalità dell’intervento eseguito dai sanitari, ha motivato: “Con riguardo alle modalità e al tipo di biopsia eseguita, contestata dagli odierni appellanti, la Corte, in consonanza con le valutazioni dei CTU, ritiene che non vi fosse alcuna indicazione per procedere con la tecnica di “trattografia”, come invece suggerito dagli appellanti, in quanto “non si possono dedurre raccomandazioni sull’uso della trattografia di livello tale da garantire un supporto irrinunciabile alle tecniche di biopsia cerebrale o da assicurare una significativa prevenzione delle lesioni iatrogene come nel caso in esame”. (cfr. pag. 24-25 CTU). Con riguardo alla sede del prelievo, essa è stata individuata in base alle risultanze delle indagini strumentali RM e RMN con spettroscopia precedentemente effettuate. Individuare una sede diversa e più laterale, come suggerito dal CTP degli appellanti, avrebbe condotto ad un rischio elevato di prelevare materiale non sufficientemente significativo, con la grave conseguenza di dover pianificare un secondo intervento bioptico, come puntualmente argomentato dai CTU (cfr. pag. 7 CTU).La mediana di sopravvivenza precedentemente contestata dagli odierni appellanti risulta invece conforme sia alla letteratura medica riguardante gli astrocitomi anaplastici, sia ai tempi di sopravvivenza che hanno caratterizzato il caso in esame (cfr. pag. 21 CTU)”. (sentenza impugnata: p. 13, 3- ult. cpv.).

3.3. Al lume di tale motivazione, dunque, i ricorrenti avrebbero dovuto riportare i passaggi della CTU rilevanti per il decidere, e non condivisi, nonchè il contenuto delle critiche sollevate, localizzandole nel fascicolo d’ufficio o in quello di parte e indicandone l’acquisizione o produzione in sede di giudizio di legittimità (sul tema, per tutte, Cass., Sez. U., Sentenza n. 34469 del 27/12/2019). Per converso, nel motivo tali indicazioni sono talvolta frammentarie e, talaltra, del tutto assenti in quanto: i) non si riportano i passi salienti della CTU, ma unicamente uno stralcio delle repliche dei consulenti d’ufficio, non sufficienti ad offrire a questa Corte contezza della lamentata laconicità e sbrigatività della perizia; peraltro, il documento è semplicemente indicato come “(cfr. “Repliche dei CTU”, a pag. 4)” (v. ricorso: p. 16, 5 cpv.), senza alcun riferimento utile alla sua localizzazione; ii) alla CTU, là dove aveva rilevato la necessità dell’esame bioptico eseguito, i ricorrenti contrappongono le osservazioni del perito di parte e, di esse, riportano ancora solo degli stralci indicandoli come “cfr. Osservazioni alla Bozza di CTU” (v. ricorso: da p. 17, penultimo cpv. a p. 18, 1 cpv.), anche in questo caso, trascurando di individuare il documento, anche indirettamente, con gli opportuni riferimenti agli atti processuali; iii) in relazione alla dedotta criticità del percorso logico motivazionale della sentenza, lamentano che la Corte di merito avrebbe omesso la valutazione e il bilanciamento tra i rischi e i benefici dell’esame eseguito, tuttavia, della questione – implicante un accertamento di fatto – non si rinviene traccia all’interno della sentenza, talchè, i ricorrenti avrebbero dovuto non solo allegare l’avvenuta deduzione della questione dinanzi al giudice di merito, ma anche indicare e localizzare in quale atto del giudizio precedente lo abbiano fatto (cfr. Cass., Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 32804 del 13/12/2019; Sez. 2, Sentenza n. 8206 del 22/4/2016; Sez. 1, Sentenza n. 25546 del 30/11/2006); iv) infine, quanto alla possibilità di eseguire la trattografia, in luogo dell’esame bioptico, non viene trascritta (e localizzata) la CTU nella parte in cui ha escluso la presenza di indicazioni per procedere con tale tecnica, nè la ctp o altre acquisizioni istruttorie da cui emergerebbe la sua utilità e il minor rischio per il paziente.

4. Con il quarto ed ultimo motivo si denuncia “Omesso esame, ex art. 360 c.p.c., n. 5, di un fatto decisivo”. La sentenza (e l’istruttoria prima) avrebbe omesso l’adeguato esame di un punto decisivo della controversia nella misura in cui non è stato spiegato, nè dimostrato, perchè il prelevamento di materia cerebrale (mediante biopsia) a distanza anche di pochi millimetri (più a sinistra rispetto alla capsula interna) avrebbe fornito informazioni diagnostiche insufficienti.

4.1. Anche l’ultimo motivo, al pari del secondo, ricade nella ipotesi di “doppia conforme” e, dunque, è inammissibile ex art. 348-ter c.p.c., comma 5, in assenza – nell’articolazione dello stesso – di indicazioni circa la diversità delle ragioni di fatto poste alla base delle due pronunce di merito.

4.2. Conclusivamente la Corte, rigetta il ricorso quanto al primo motivo; dichiara inammissibili i restanti motivi; pone le spese a carico dei ricorrenti soccombenti.

PQM

la Corte, rigetta il ricorso quanto al primo motivo; dichiara inammissibili i restanti motivi; pone le spese a carico dei ricorrenti soccombenti, liquidate in Euro 7.000,000, oltre Euro 200,00 per esborsi, oltre 15% di spese forfetarie e oneri di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13 comma 1, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1- bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 12 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 12 maggio 2021

 

 

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