Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12595 del 18/05/2017
Cassazione civile, sez. VI, 18/05/2017, (ud. 02/02/2017, dep.18/05/2017), n. 12595
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –
Dott. ARMANO Uliana – Consigliere –
Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – rel. Consigliere –
Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –
Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 3155-2016 proposto da:
M.A., + ALTRI OMESSI
– ricorrenti –
Contro
MINISTERO DELL’ISTRUZIONE, DELL’UNIVERSITA’ E DELLA RICERCA, in
persona del Ministro pro tempore, MINISTERO DELLA SALUTE, in persona
del Ministro pro tempore, MINISTIRO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE,
in persona del Ministro pro tempore, UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI
CATANIA, in persona del Rettore pro tempore, elettivamente
domiciliati in ROMA, VIA PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE
DELLO STATO, che li rappresenta e difende;
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 1546/2014 della CORTE D’APPELLO di CATANIA,
depositata il 21/11/2014;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 02/02/2017 dal Consigliere Dott. GIUSEPPINA LUCIANA
BARRECA.
Fatto
RILEVATO IN FATTO
CHE:
con la sentenza impugnata la Corte d’appello di Catania ha confermato la decisione di primo grado che aveva respinto la domanda proposta dai ricorrenti indicati in epigrafe nei confronti dell’Università degli Studi di Catania, del Ministero dell’Università e della Ricerca Scientifica, del Ministero dell’Economia e delle Finanze e del Ministero della Salute. I predetti, quali medici specializzandi, avevano chiesto, con riguardo agli anni accademici da ciascuno indicati, compresi, quanto alle date di iscrizione, tra il 1991/92 e il 1995/96, la rideterminazione dell’importo delle borse di studio con riferimento ai miglioramenti stipendiali minimi previsti dalla contrattazione collettiva per il personale medico dipendente dal Servizio sanitario nazionale o, in subordine, la condanna delle Amministrazioni convenute al risarcimento dei danni derivanti da tale mancata rideterminazione;
avverso la sentenza M.A. e gli altri ricorrenti indicati in rubrica propongono ricorso con due motivi;
il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, il Ministero della Salute, il Ministero dell’Economia e delle Finanze e l’Università degli Studi di Catania si difendono con unico controricorso;
ricorrendo uno dei casi previsti dall’articolo 375, primo comma, su proposta del relatore della sezione sesta, il presidente ha fissato con decreto l’adunanza della Corte, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c.;
il decreto è stato notificato come per legge.
Diritto
CONSIDERATO IN DIRITTO
CHE:
con il primo motivo i ricorrenti, denunciando violazione di plurime disposizioni di legge nonchè vizio di motivazione, deducono che il presente giudizio ha ad oggetto la rideterminazione triennale dell’importo delle borse di studio e che la Corte territoriale non ha distinto fra la prevista integrazione automatica in relazione al tasso programmato di inflazione e l’adeguamento della borsa di studio mediante rideterminazione triennale, operazione questa non ricompresa nel blocco degli incrementi retributivi. Rilevano altresì che questa Corte ha deciso controversie analoghe alla presente in senso favorevole ai medici specializzandi (Cass. n. 16385/08 e Cass. n. 12624/15);
– con il secondo motivo i ricorrenti, denunciando le stesse violazioni di cui al precedente motivo, deducono che la Corte di merito ha omesso di pronunciarsi sulla domanda subordinata risarcitoria. Sostengono che l’obbligo della rideterminazione triennale è stabilito da una disposizione di legge, “cui l’Amministrazione dello Stato – in questo caso i Ministeri di cui allo stesso art. 6 citato – non potevano sottrarsi se non in forza di una disposizione legislativa modificativa”;
– il primo motivo è fondato, per le ragioni già esposte nelle precedenti sentenze di questa Corte richiamate nel ricorso (cui va aggiunta Cass. n. 18562/12), con le quali si è affermato il seguente principio di diritto: “In materia di trattamento retributivo del pubblico impiego, il D.L. 19 settembre 1992, n. 384, art. 7, comma 1, convertito con modificazioni nella L. 14 novembre 1992, n. 438, art. 7, comma 1, ha bloccato gli incrementi retributivi conseguenti alla contrattazione pubblica fino al 31 dicembre 1993, mentre il successivo comma 5 della norma ha stabilito il medesimo regime di blocco per tutte le indennità, compensi, gratifiche ed altri rimborsi spesa soggetti ad incrementi in relazione alla variazione del costo della vita; detto regime – mirato a contenere la spesa pubblica – è stato, limitatamente al blocco delle indicizzazioni stabilito dall’art. 7, comma 5, prorogato fino al 31 dicembre 2005 per effetto della L. 24 dicembre 1993, n. 537, art. 3, comma 36, L. 28 dicembre 1995, n. 549, art. 1, comma 33, L. 23 dicembre 1999, n. 488 art. 22, e L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 36. Ne consegue che, rientrando le borse di studio universitarie tra gli emolumenti “di qualsiasi genere” ricompresi nel blocco temporaneo ed espressamente considerate dalla L. n. 549 del 1995, art. 1, comma 33, alle remunerazioni per la partecipazione alle scuole di specializzazione afferenti alle facoltà di medicina non è riconoscibile l’aumento del tasso programmato di inflazione fino al 31 dicembre 2005, mentre il blocco degli incrementi contrattuali non si è esteso successivamente al 31 dicembre 1993 e riguardava solamente il biennio 1992 – 1993″;
– poichè non vi sono ragioni per discostarsi da tale orientamento, il primo motivo di ricorso va accolto;
– resta assorbito il secondo;
– la sentenza va cassata ed il giudizio rinviato alla Corte d’Appello di Catania, anche per la decisione sulle spese del giudizio di legittimità.
PQM
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso e dichiara assorbito il secondo. Cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’Appello di Catania, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della sesta sezione civile – 3 della Corte suprema di cassazione, il 2 febbraio 2017.
Depositato in Cancelleria il 18 maggio 2017