Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12594 del 17/06/2016
Cassazione civile sez. lav., 17/06/2016, (ud. 17/03/2016, dep. 17/06/2016), n.12594
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. NOBILE Vittorio – Presidente –
Dott. BRONZINI Giuseppe – Consigliere –
Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere –
Dott. BALESTRIERI Federico – rel. Consigliere –
Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 4012/2011 proposto da:
POSTE ITALIANE S.P.A., C.F. (OMISSIS), in persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, V.LE
MAZZINI 134, presso lo studio dell’avvocato LUIGI FIORILLO, che la
rappresenta e difende giusta delega in atti;
– ricorrente –
contro
V.M.G., C.F. (OMISSIS) elettivamente
domiciliata in ROMA, V. GERMANICO 172, presso lo studio
dell’avvocato SERGIO NATALE EDOARDO GALLEANO, che la rappresenta e
difende unitamente all’avvocato DANIELE BIAGINI giusta delega in
atti;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 45/2010 della CORTE D’APPELLO DI CAGLIARI SEZ.
DIST. DI SASSARI, depositata il 05/02/2010 R.G. 146/09;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
17/03/2016 dal Consigliere Dott. FEDERICO BALESTRIERI;
udito l’Avvocato BONFRATE FRANCESCA per delega verbale FIORILLO
LUIGI;
udito l’Avvocato GALLEANO Sergio Natale Edoardo;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
GIACALONE Giovanni, che ha concluso per l’accoglimento per quanto di
ragione.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La Corte d’appello di Cagliari, sezione distaccata di Sassari, con sentenza depositata il 5 febbraio 2010, in riforma della sentenza impugnata, dichiarava l’illegittimità del contratto a tempo determinato stipulato tra la società Poste Italiane e V. M.G. in data 2.10.2002, D.Lgs. n. 368 del 2001, ex art. 1 (motivato da “esigenze tecniche, organizzative e produttive, anche di carattere straordinario conseguenti a processi di riorganizzazione, ivi ricomprendendo un più funzionale riposizionamento di risorse sul territorio, anche derivanti da innovazioni tecnologiche, ovvero conseguenti all’introduzione e/o sperimentazione di nuove tecnologie, prodotti o servizi nonchè all’attuazione delle previsioni di cui agli Accordi del 17, 18 e 23 ottobre, 11 dicembre 2001, 11 gennaio 2002”), dichiarando sussistente tra le parti un rapporto di lavoro subordinato dalla data di assunzione, con condanna della società Poste al pagamento delle retribuzioni dal momento della sua costituzione in mora.
Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso la società Poste, affidato a sette motivi.
Resiste la V. con controricorso, poi illustrato con memoria.
Il Collegio ha autorizzato la motivazione semplificata della presente sentenza.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con i primi due motivi la società Poste denuncia una omessa motivazione circa l’eccezione di inammissibilità dell’appello, non contenente alcuna specifica censura alla sentenza di primo grado, ed introducendo per la prima volta la questione della legittimità comunitaria della disciplina sul contratto a termine de quo.
2.1- I motivi, che per la loro connessione possono essere esaminati congiuntamente, sono infondati.
Ed invero la ricorrente neppure produce il ricorso in appello della lavoratrice, nè documenta se, quando ed in quali termini la questione venne proposta in sede di gravame, in contrasto con l’art. 366 c.p.c.. Deve poi evidenziarsi che la questione di compatibilità comunitaria di una norma nazionale può essere sollevata in qualunque stato del giudizio (cfr., ex aliis, Cass. n. 15032/2014).
3.-Con i restanti motivi la società denuncia la violazione del D.Lgs. n. 368 del 2001, artt. 1 e 4, art. 2697 c.c. e artt. 115 e 116 c.p.c., art. 12 preleggi, art. 1362 c.c. e segg. e art. 1325 c.c. e segg., oltre ad omessa e/o insufficiente motivazione su fatti decisivi del giudizio, lamentando inoltre l’erroneità della sentenza in ordine alle conseguenze ripristinatorie e risarcitorie derivanti dalla presunta illegittimità dell’assunzione, evidenziando che la corte territoriale escluse erroneamente la legittimità della clausola appositiva del termine, che risultava invece sufficientemente motivata dalle plurime e concorrenti ragioni ivi indicate, che comunque risultavano dagli Accordi sindacali parimenti indicati in contratto, e che la società aveva tempestivamente chiesto di provare senza che la corte di merito desse ingresso alle richieste istruttorie.
3.1- I motivi da 3 a 4, che possono esaminarsi congiuntamente stante la loro connessione, sono fondati.
Deve infatti rilevarsi che l’apposizione di un termine al contratto di lavoro, consentita dal D.Lgs. 6 settembre 2001, n. 368, art. 1, a fronte di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, che devono risultare specificate, a pena di inefficacia, in apposito atto scritto, impone al datore di lavoro l’onere di indicare in modo circostanziato e puntuale, al fine di assicurare la trasparenza e la veridicità di tali ragioni, nonchè l’immodificabilità delle stesse nel corso del rapporto, le circostanze che contraddistinguono una particolare attività e che rendono conforme alle esigenze del datore di lavoro, nell’ambito di un determinato contesto aziendale, la prestazione a tempo determinato, sì da rendere evidente la specifica connessione tra la durata solo temporanea della prestazione e le esigenze produttive ed organizzative che la stessa sia chiamata a realizzare e la utilizzazione del lavoratore assunto esclusivamente nell’ambito della specifica ragione indicata ed in stretto collegamento con la stessa (per tutte, Cass. 27 aprile 2010 n. 10033).
Questa Corte ha tuttavia osservato che tale specificazione può risultare anche indirettamente dal contratto di lavoro e da esso “per relationem” da altri testi scritti accessibili alle parti (ex multis, Cass. 1 febbraio 2010 n. 2279, Cass. 27 aprile 2010 n. 10033, Cass. n. 17612/14), come avvenuto nel caso di specie.
Al riguardo l’odierna ricorrente non solo ha riportato ampi stralci del contenuto degli Accordi 17, 18 e 23 ottobre 2001, 11 dicembre 2001 e 11 gennaio 2002, ma ne ha indicato l’esatta ubicazione all’interno del fascicolo di parte, sicchè la censura, oltre che ammissibile (Cass. sez. un., ordinanza 25 marzo 2010 n. 7161, Cass. sez. un. 23 settembre 2010 n. 20075, Cass. n. 28027/13), risulta anche fondata, avendo la corte territoriale omesso qualsivoglia esame al riguardo.
Risultando fondate le superiori censure, restano assorbite le altre, inerenti gli oneri probatori e le conseguenze patrimoniali della controversa legittimità del termine apposto al contratto de quo, nonchè la trasformazione del contratto in rapporto di lavoro a tempo indeterminato.
3. La sentenza impugnata deve essere pertanto cassata in relazione alle censure accolte, con rinvio per l’ulteriore esame alla Corte d’appello di Cagliari, che provvederà anche in ordine alle spese, come da dispositivo.
PQM
La Corte rigetta il primo e secondo motivo; accoglie i motivi tre e quattro del ricorso e dichiara assorbiti gli altri. Cassa la sentenza impugnata in relazione alle censure accolte e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’appello di Cagliari in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 17 marzo 2016.
Depositato in Cancelleria il 17 giugno 2016