Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12590 del 17/06/2015


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 12590 Anno 2015
Presidente: FINOCCHIARO MARIO
Relatore: AMENDOLA ADELAIDE

ORDINANZA
sul ricorso 17586-2013 proposto da:
PADUANO GENNARO PDNGNR61T15B077J, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA DEI GOZZADINI 30, presso lo studio
dell’avvocato ALBERTO PROSPERINI, che lo rappresenta e difende
giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente contro
ZURITEL SPA, in persona del Procuratore Speciale e legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
CARLO POMA 4, presso lo studio dell’avvocato PAOLO GELLI,
che la rappresenta e difende giusta procura a margine del
controricorso;
– controricarrente
nonché contro

SVI4
7G

.

Data pubblicazione: 17/06/2015

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ESPOSITO VINCENZO;

Intimato

avverso la sentenza n. 507/2013 del TRIBUNALE di NAPOLI,
depositata il 11/01/2013;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
19/05/2015 dal Consigliere Relatore Doti. ADELAIDE
AMENDOLA;
udito l’Avvocato Perrotti Pilada (delega verbale avvocato Gelli Paolo) difensore
della controricorrente che si riporta agli scritti.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA
DECISIONE
È stata depositata in cancelleria la seguente relazione, regolarmente
comunicata al RG. e notificata ai difensori delle parti.
“Il relatore, cons. Adelaide Amendola
esaminati gli atti,
osserva:
1. Gennaro Paduano convenne innanzi al Giudice di Pace di Napoli
Vincenzo Esposito e Zuritel s.p.a., chiedendone la condanna in solido
a risarcirgli i danni subiti a seguito di un incidente stradale verificatosi il
15 novembre 2005.
Resistette la società assicuratrice.
2. Con sentenza del 20 gennaio 2009 il giudice adito accolse la
domanda, compensando tra le parti le spese di lite in ragione della
metà.
Proposto gravame dal Paduano, limitatamente al governo delle spese, il
Tribunale, in data 11 gennaio 2013, lo ha rigettato.
Per la cassazione di detta decisione ricorre a questa Corte Gennaro
Paduano, formulando un solo motivo.

Ric. 2013 n. 17586 sez. M3 – ud. 19-05-2015
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Resiste con controricorso Zuritel s.p.a.
3. Il ricorso è soggetto, in ragione della data della sentenza impugnata,
successiva al 4 luglio 2009, alla disciplina dettata dall’art. 360 bis,
inserito dall’art. 47, comma 1, lett. a) della legge 18 giugno 2009, n. 69.
Esso può pertanto essere trattato in camera di consiglio, in

rigettato.
Queste le ragioni.
4. Con l’unico motivo l’impugnante lamenta violazione degli artt. 91 e
92 cod. proc. civ., 22 legge n. 990 del 1969, 145 e 148 del d.lgs. n. 209
del 2005.
Secondo l’esponente erroneamente la responsabilità della mancata
stima dei danni subiti dal mezzo e quindi della possibilità di una
definizione transattiva della vicenda era stata a lui addebitata,
considerato che il perito a tal fine nominato dalla società assicuratrice
aveva contattato il danneggiato ben oltre il termine di sessanta giorni
dal ricevimento della raccomandata di denuncia del sinistro, e cioè in
un momento in cui il soggetto leso poteva, a pieno diritto, rifiutare di
far espletare la perizia. Ha aggiunto che giammai Zuritel aveva chiesto
all’attore di integrare i dati già forniti, con conseguente, mancata
conoscenza, da parte della società assicuratrice, della periziabilità del
veicolo in Nuoro.
5. Le critiche non hanno fondamento.
Mette conto preliminarmente evidenziare che al giudizio in esame si
applica,

ratione temporis, la legge 28 dicembre 2005, n. 263, che,

modificando l’art. 92 cod. proc. civ., ha introdotto l’obbligo del giudice
di indicare le ragioni della compensazione delle spese di lite,
inaugurando un trend portato a ulteriore compimento dalla legge 18

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applicazione degli artt 376, 380 bis e 375 cod. proc. civ. per esservi

giugno 2009, n. 69, la quale esige ora la ricorrenza di altre gravi ed

eccgionali ragioni, esplicitamente indicate nella motivazione.
Orbene, con riferimento al disposto della norma processuale innanzi
riportata, la giurisprudenza di questa Corte ha chiarito che la decisione
di compensare in tutto o in parte le spese è comunque riservata al

deve essere motivata, può essere censurata in sede di legittimità solo
quando le ragioni esposte a sostegno della stessa siano illogiche o
contraddittorie e tali da inficiare, per inconsistenza o erroneità, il
processo decisionale (confr. Cass. civ. 17 maggio 2012, n. 7763; Cass.
civ. 27 luglio 2012, n. 13460).
6. Tanto premesso e precisato in ordine all’ambito del sindacato
esercitabile da questa Corte, si osserva che nella fattispecie il decidente
ha ritenuto correttamente valorizzato dal giudice di prime cure il
comportamento non collaborativo dell’appellante, il quale non aveva
messo a disposizione del perito dell’assicurazione l’autovettura
danneggiata, ai fini della stima del danno, così di fatto conculcando le
possibilità di una definizione transattiva stragiudiziale della
controversia. Solo in corso di causa — ha evidenziato il Tribunale — il
difensore dell’attore aveva inviato una missiva nella quale asseriva di
avere precedentemente comutiicato all’assicuratore la periziabilità del
mezzo in Nuoro, circostanza della quale peraltro nessuna prova
documentale era stata fornita.
7. Tale percorso motivazionale non è, a giudizio del relatore, né
meramente apparente, né irrimediabilmente viziato sul piano logico.
A ciò aggiungasi che il giudice di merito non ha apprezzato la condotta
del danneggiato in termini di sussistenza di un suo obbligo di far
periziare il veicolo piuttosto che di un suo diritto di sottrarsi
all’incombente, ma l’ha valutata solo per la sicura inidoneità della stessa
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prudente apprezzamento del giudice di merito, la cui statuizione, che

a consentire una definizione bonaria della controversia. Ne deriva che
le censure svolte in ricorso non attingono, a ben vedere, la ratio decidendi
del provvedimento impugnato, perché non sono volte a confutare né
la qualificazione in termini di “non collaborativd’ della condotta del
danneggiato, né gli effetti che il decidente ne ha tratto in punto di

In tale contesto il ricorso appare destinato al rigetto”.
A seguito della discussione svoltasi in camera di consiglio, il collegio ha
condiviso le argomentazioni in fatto e in diritto esposte nella relazione,
non ritenendole infirmate dalle deduzioni esposte nella memoria di
parte ricorrente.
Ne deriva che il ricorso deve essere rigettato.
Segue la condanna dell’impugnante al pagamento delle spese di
giudizio.
La circostanza che il ricorso per cassazione è stato proposto in tempo
posteriore al 30 gennaio 2013 impone di dar atto dell’applicabilità
dell’art. 13, comma 1 quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo
introdotto dall’art. 1, comma 17, legge 24 dicembre 2012, n. 228.
Invero, in base al tenore letterale della disposizione, il rilevamento della
sussistenza o meno dei presupposti per l’applicazione dell’ulteriore
contributo unificato costituisce un atto dovuto, poiché l’obbligo di tale
pagamento aggiuntivo non è collegato alla condanna alle spese, ma al
fatto oggettivo — ed altrettanto oggettivamente insuscettibile di diversa
valutazione — del rigetto integrale o della definizione in rito, negativa
per l’impugnante, dell’impugnazione, muovendosi, nella sostanza, la
previsione normativa nell’ottica di un parziale ristoro dei costi del vano
funzionamento dell’apparato giudiziario o della vana erogazione delle,
pur sempre limitate, risorse a sua disposizione.

P.Q.M.
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regolazione delle spese processuali.

La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle
spese di giudizio, liquidate in complessivi euro 3.200,00 (di cui euro
200,00 per esborsi), oltre spese generali e accessoti, come per legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, dà
atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del
ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a
quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis, dello
stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 19 maggio
2015.

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