Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12590 del 12/05/2021
Cassazione civile sez. VI, 12/05/2021, (ud. 30/03/2021, dep. 12/05/2021), n.12590
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GRAZIOSI Chiara – Presidente –
Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –
Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –
Dott. VALLE Cristiano – rel. Consigliere –
Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA INTERLOCUTORIA
sul ricorso n. 13973-2019 proposto da:
C.A., elettivamente domiciliato in ROMA, alla piazza
CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE,
rappresentato e difeso dall’avvocato ABENAVOLI FRANCESCO;
– ricorrente –
contro
B.A., elettivamente domiciliato in ROMA, alla piazza
GIUSEPPE MAZZINI, n. 27, presso lo studio dell’avvocato MAFRICI
CONSOLATO, rappresentato e difeso dall’avvocato BATTAGLIA DEMETRIO;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 770/2018 della CORTE d’APPELLO di REGGIO
CALABRIA, depositata il 05/11/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 30/03/2021 dal Consigliere Relatore Dott. Cristiano
Valle, osserva quanto segue:
Fatto
FATTO E DIRITTO
Il geometra C.A. effettuò, in più riprese, dei lavori edili in un appartamento di B.A. e ritenendo che non gli fosse stato corrisposto l’intero compenso pattuito, chiese ed ottenne dal Tribunale di Reggio Calabria, un decreto ingiuntivo.
Su opposizione del B. il Tribunale revocò l’ingiunzione e condannò il B. al pagamento di un importo minore di quasi duemila euro.
Il C. propose appello e la Corte territoriale dichiarato inammissibile l’impugnazione, in quanto non vi sarebbe stata una valida procura alle liti in favore dell’avvocato Abenavoli Francesco.
La proposta del consigliere relatore di definizione, in adunanza camerale non partecipata, è stata ritualmente comunicata.
Parte controricorrente ha depositato memoria nella quale ha ribadito la propria prospettazione.
Ciò posto il Collegio rileva che: in primo grado il C. era difeso dagli avvocati Abenavoli Francesco e Calarco Francesco.
In atto di citazione in appello venne richiamata la procura alle liti apposta a margine della comparsa di costituzione in primo grado, di opposizione al decreto d’ingiunzione con cui veniva conferita procura alle liti agli avvocati Abenavoli Francesco e Calarco Francesco, che sarebbe successivamente deceduto.
Nel corso del giudizio di primo grado il mandato in favore dell’avvocato Abenavoli Francesco venne revocato con atto del 06/06/2016, depositato telematicamente dal difensore subentrante, avvocato Abenavoli Tancredi che partecipò, quindi, al giudizio di opposizione.
L’atto di citazione in appello risulta redatto dall’avvocato Abenavoli Francesco in forza del richiamo all’originario mandato difensivo, successivamente revocato.
Successivamente, nel corso del giudizio di appello, dopo la notificazione della citazione in appello e prima dell’effettiva udienza di trattazione in appello, è stato depositato un atto di costituzione in giudizio munito di un atto di ratifica e conferimento di mandato alla lite in favore dell’avvocato Abenavoli Francesco.
La Corte di Appello di Reggio Calabria ha, con la sentenza impugnata, escluso che potesse applicarsi l’art. 182 c.p.c., comma 2, nella formulazione introdotta nel 2009, ed ha, quindi, ritenuto che l’appello fosse inammissibile, per carenza di valida procura alle liti all’avvocato Abenavoli Francesco.
Il ricorso per cassazione afferma che la revoca dell’avvocato Calarco Francesco sarebbe stata inopinatamente effettuata dalla dattilografa dello stesso C., che avrebbe scritto “avvocato Abenavoli Francesco”.
Il problema che viene posto, in diritto. è quello se ritenere sanabile, in fase di appello, mediante applicazione dell’art. 182 c.p.c., comma 2, nella formulazione attualmente vigente, la mancanza originaria di una valida procura alle liti e se ciò sia predicabile, quindi, con riferimento al caso di specie, nel quale, tuttavia, la causa è pacificamente iniziata prima del 04/07/2009, data di entrata in vigore della norma modificatrice dell’art. 182 c.p.c..
In considerazione del possibile rilievo nomofilattico della questione e del mancato riscontro delle condizioni di cui all’art. 375 c.p.c., comma 1, nn. 1 e 5, il Collegio ritiene che la causa debba essere rimessa alla pubblica udienza e rinviata a nuovo ruolo.
PQM
Rimette la discussione alla pubblica udienza; rinvia la causa a nuovo ruolo.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte di Cassazione, sezione VI civile 3, il 30 marzo 2021.
Depositato in Cancelleria il 12 maggio 2021