Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12581 del 25/06/2020

Cassazione civile sez. VI, 25/06/2020, (ud. 23/01/2020, dep. 25/06/2020), n.12581

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. COSENTINO Antonello – rel. Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 31497-2018 proposto da:

S.V., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato

CLAUDIO DEFILIPPI;

– ricorrente –

contro

CONDOMINIO (OMISSIS), in persona dell’Amministratore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA MUZIO SCEVOLA 60, presso lo

studio dell’avvocato VENERE MERENDINO, rappresentato e difeso

dall’avvocato ALESSANDRO MALTAROLO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1937/2018 del TRIBUNALE di MONZA, depositata

il 05/07/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 23/01/2020 dal Consigliere Relatore Dott. COSENTINO

ANTONELLO.

Fatto

RAGIONI IN FATTO E DIRITTO DELLA DECISIONE

La sig.ra S.V., condomina del fabbricato di via (OMISSIS) in Cologno Monzese, adiva il Giudice di pace di Monza proponendo opposizione al decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo con cui era stata condannata a pagare al condominio l’importo di Euro 4.294,05 a titolo di spese condominiali.

L’opponente chiedeva la revoca del decreto ingiuntivo, in via principale contestando l’esistenza del credito azionato e, in subordine, deducendo in compensazione con tale credito quello da lei stessa vantato per una serie di danni occorsi alla propria unità immobiliare per effetto di lavori condominiali; danni a che, a dire della opponente, erano stati quantificati in Euro 3.600 dal direttore dei lavori incaricato dallo stesso condominio ed ai quali, sempre secondo l’opponente, andava aggiunto il danno non patrimoniale legato ai conseguenti disagi, da liquidare in via equitativa.

Il Giudice di pace disattendeva le domande dell’opponente e confermava il decreto ingiuntivo.

Il Tribunale di Milano, adito con l’appello della sig.ra S., confermava la sentenza di primo grado, giudicando non provato il credito vantato dall’opponente nei confronti del condominio.

Avverso la sentenza del Tribunale la sig.ra S. ha proposto ricorso per cassazione sulla scorta di due motivi.

L’intimato condominio ha presentato controricorso.

La causa è stata chiamata all’adunanza in camera di consiglio del 23 gennaio 2020 per la quale non sono state depositate memorie.

Con il primo motivo di ricorso la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c. e dell’art. 25 Cost., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, censurando la decisione del Tribunale di respingere, per assenza di prove, la domanda riconvenzionale di risarcimento danni da lei proposta, senza, tuttavia, ammettere le istanze istruttorie volte a dimostrare tali danni, che essa ricorrente aveva formulato in primo grado e reiterato in appello,.

Con il secondo motivo di ricorso si denuncia l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, costituito dalla circostanza che i lavori di manutenzione straordinaria effettuati dal condominio avevano provocato danni alla proprietà esclusiva della sig.ra S.. In particolare, la ricorrente censura la decisione del tribunale di non ammettere le prove da lei richieste – nè quelle orali, nè la consulenza tecnica d’ufficio – così impedendo, sulla base di motivazioni apparenti, la possibilità di provare la fondatezza della domanda risarcitoria.

Entrambe i motivi vanno giudicati inammissibili.

Il primo mezzo, relativo al dedotto vizio di violazione di legge, risulta privo di pertinenza alle motivazioni dell’impugnata sentenza, in quanto non attinge specificamente l’affermazione, che ivi si legge (pag. 3, primo capoverso), che i capitoli della prova testimoniale dedotta dalla sig.ra S. erano del tutto generici e valutativi e, comunque, al pari dei documenti dalla stessa prodotti, non bastavano ad offrire la necessaria prova del nesso di causalità tra i lavori del condominio e i problemi evidenziatisi nell’unità immobiliare dell’opponente. La ricorrente, per contro, svolge una denuncia di violazione dell’art. 115 c.p.c. che risulta del tutto fuori fuoco, giacchè questa Corte ha già avuto modo di chiarire che, in tema di ricorso per cassazione, una censura relativa alla violazione e falsa

applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. può essere utilmente formulata solo se si alleghi che l’impugnata sentenza si fondi su prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte d’ufficio al di fuori dei limiti legali, o abbia disatteso, valutandole secondo il prudente apprezzamento del giudicante, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti invece a valutazione (vedi Cass. n. 1229/2019).

Il secondo motivo è pur esso inammissibile perchè formulato in patente difformità dal paradigma fissato nel n. 5 dell’art. 360 c.p.c., nel testo risultante dalle modifiche recate dal decreto L. 83/2012. La doglianza proposta dalla ricorrente, infatti, non individua uno specifico fatto storico, che abbia formato oggetto di discussione tra le parti e che risulti dotato dell’attributo della decisività, che il tribunale abbia omesso di esaminare e che (appunto in quanto decisivo), se esaminato, avrebbe diversamente orientato la decisione; essa, in definitiva, si risolve in una richiesta di riesame del merito, notoriamente non ammessa in sede di legittimità

Il ricorso va quindi dichiarato inammissibile.

Le spese seguono la soccombenza.

Deve altresì darsi atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, del raddoppio del contributo unificato D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 13, comma 1-quater, se dovuto.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Condanne la ricorrente a rifondere al controricorrente le spese del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 2.000, oltre Euro 200 per esborsi ed oltre accessori di legge.

Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 23 gennaio 2020.

Depositato in cancelleria il 25 giugno 2020

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