Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12580 del 25/06/2020

Cassazione civile sez. VI, 25/06/2020, (ud. 23/01/2020, dep. 25/06/2020), n.12580

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. COSENTINO Antonello – rel. Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19015-2018 proposto da:

P.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA MECENATE

77, presso lo studio dell’avvocato MICHELE FERRANTE, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato FABIO ROSELLI;

– ricorrente –

contro

A.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GIUSEPPE

FERRARI 12, presso lo studio dell’avvocato SERGIO SMEDILE,

rappresentato e difeso da se medesimo;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1715/2018 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 16/04/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 23/01/2020 dal Consigliere Relatore Dott. COSENTINO

ANTONELLO.

Fatto

RAGIONI IN FATTO E DIRITTO DELLA DECISIONE

Il sig. P.A., partecipante al condominio dello stabile di (OMISSIS), proponeva opposizione al precetto notificatogli dall’avv. A.M. per il pagamento della somma di Euro 8.270,66, quale quota millesimale di sua competenza del maggior credito di Euro 99.124,98 riconosciuto a favore del medesimo avv. A. nel decreto ingiuntivo emesso a carico del condomino a titolo di corrispettivo di attività giudiziali e stragiudiziali svolte tra il 2002 ed il 2008.

A fondamento dell’opposizione il sig. P. sosteneva tra l’altro, per quanto qui ancora interessa, di non essere tenuto al pagamento pro quota del suddetto debito condominiale, per essere tale debito sorto quando egli non era ancora condomino, avendo acquistato il proprio immobile nel 2013.

Il Tribunale di Castellammare di Stabia accoglieva l’opposizione al precetto, mentre la Corte di appello di Napoli, adita con il gravame dell’avv. A., la rigettava, riformando interamente la sentenza di primo grado.

La Corte distrettuale, dopo aver premesso che l’art. 63 disp. att. c.c. opererebbe solo nei rapporti tra condomino e condominio e non anche nei rapporti tra condomino e terzi creditori del condominio, ha ritenuto il sig. P. fosse obbligato nei confronti dell’avv. A. in forza del disposto dell’art. 1104 c.c., comma 3, applicabile al condominio per il richiamo contenuto nell’art. 1139 c.c..

In particolare, secondo la Corte partenopea, la disposizione per cui “il cessionario del partecipante è tenuto in solido con il cedente a pagare i contributi da questo dovuti e non versati” indurrebbe a ritenere il cessionario obbligato verso i terzi in solido con cedente; nè a tale conclusione osterebbe il riferimento letterale della menzionata disposizione ai “contributi”, in quanto, si legge nella sentenza di secondo grado, “la comunione non è dotata (salvo casi marginali) di una struttura organizzativa complessa o di criteri di ripartizione degli oneri particolarmente elaborati… così che la gestione si esaurisce nella ripartizione degli oneri tra i partecipanti in proporzione delle rispettive quote” (pag. 8, primo capoverso).

A sostegno della propria tesi la Corte d’appello adduce altresì l’esigenza, di carattere pratico, di non caricare il terzo creditore dell’onere, potenzialmente molto gravoso, di accertare chi fossero i componenti della compagine condominiale al momento dell’insorgenza dell’obbligazione.

Il sig. P. ha impugnato per cassazione la suddetta sentenza.

L’intimato avv. A. ha presentato controricorso.

La causa è stata decisa nell’adunanza in camera di consiglio del 23 gennaio 2020 per la quale solo il controricorrente ha presentato memoria.

Il ricorso consta di un solo motivo, con cui il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 1139 c.c. e dell’art. 63 disp. att. c.c., comma 4, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 in cui la corte territoriale sarebbe incorsa ritenendo il cessionario di una unità immobiliare di un fabbricato condominiale obbligato, ai sensi dell’art. 1104 c.c., a rispondere dei debiti del condominio verso terzi pur quando si tratti di debiti sorti anteriormente al sua acquisto.

Il ricorso e fondato.

L’assunto dell’impugnata sentenza contrasta col tenore letterale della disposizione dettata dall’art. 1104 c.c., che si riferisce ai “contributi” dovuti non versati. Equiparare, ai fini della responsabilità del cessionario di un’ unità condominiale, la nozione di “contributi” con quella di quota millesimale del credito vantato dal terzo nei confronti della comunione contrasta con il canone ermeneutico, fissato nell’art. 12 preleggi, del “significato proprio delle parole”; il debito per “contributi” è infatti, per definizione, un debito nei confronti degli altri comunisti, non un debito nei confronti dei terzi.

D’altra parte, come questa Corte non ha mancato di osservare “La costruzione giurisprudenziale del principio della diretta riferibilità ai singoli condomini della responsabilità per l’adempimento delle obbligazioni contratte verso i terzi dall’amministratore del condominio per conto del condominio, tale da legittimare l’azione del creditore verso ciascun partecipante, poggia comunque sul collegamento tra il debito del condomino e la appartenenza di questo al condominio, in quanto è comunque la contitolarità delle parti comuni che ne costituisce il fondamento e l’amministratore può vincolare i singoli comunque nei limiti delle sue attribuzioni e del mandato conferitogli (Cass. Sez. U, 08/04/2008, n. 9148). Non può pertanto essere obbligato in via diretta verso il terzo creditore, neppure per il tramite del vincolo solidale ex art. 63 disp. att. c.c., chi non fosse condomino al momento in cui sia insorto l’obbligo di partecipazione alle relative spese condominiali, nella specie per l’esecuzione di lavori di straordinaria amministrazione sulle parti comuni, ossia alla data di approvazione della delibera assembleare inerente i lavori” (così Cass. n. 1847/2018, pag. 5).

Quanto all’assunto sviluppato nella memoria depositata dal ricorrente ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., alla cui stregua la decisione della Corte d’appello sarebbe conforme all’orientamento espresso da questa Corte nella sentenza n. 24654/10, è sufficiente rilevare che esso si fonda su una lettura errata tale ultima sentenza.

Nella sentenza n. 24654/10, infatti, si instaura una distinzione tra:

a) spese necessarie alla manutenzione ordinaria, alla conservazione, al godimento delle parti comuni dell’edificio o alla prestazione di servizi nell’interesse comune;

b) spese attinenti a lavori che comportino una innovazione o che, seppure diretti alla migliore utilizzazione delle cose comuni od imposti da una nuova normativa, comportino, per la loro particolarità e consistenza, un onere rilevante, superiore a quello inerente alla manutenzione ordinaria dell’edificio.

Tale distinzione concerne l’individuazione del momento in cui nasce l’obbligazione condominiale, che, per le spese di cui sub a), coincide con il compimento effettivo dell’attività gestionale mentre, per le spese di cui sub b), coincide con la data di approvazione della delibera condominiale (avente valore costitutivo) che dispone l’esecuzione degli interventi. Ma, in entrambi i casi, il soggetto su cui grava il debito è colui che partecipa al condominio nel momento di insorgenza dell’obbligazione, quale che sia tale momento (cfr. sent. n. 24654/10, pag. 6, p. 1.2: “In generale il condomino è tenuto a contribuire nella spesa la cui necessità maturi e risulti quando egli è proprietario di un piano o di una porzione di piano facente parte del condominio: e siccome l’obbligo nasce occasione rei e propter rem, chi è parte della collettività condominiale in quel momento deve contribuire”.

Del tutto inammissibili, infine, vanno giudicate le deduzioni svolte dalla difesa del ricorrente a pag. 4, ultimo capoverso, della citata memoria ex art. 380 bis c.p.c. per sostenere l’applicabilità, nella specie, del disposto dell’art. 63 disp. att. c.c..

In primo luogo, il Collegio rileva che tali deduzioni sono inammissibili perchè si fondano su circostanze di fatto (che il condominio avrebbe riconosciuto “la fondatezza della bontà delle pretese creditorie dell’avv. A.M.” in data 26/11/2011 e che il sig. P. avrebbe acquistato l’immobile in data 12/7/2012) che, in quanto tali, non possono formare oggetto di accertamento nel giudizio di legittimità. In secondo luogo è comunque assorbente la considerazione che l’impugnata sentenza ha espressamente escluso l’applicabilità dell’art. 63 disp. att. c.c. nei rapporti tra condomino a terzi (pag. 7, primo capoverso) e tale statuizione non è stata impugnata dall’avv. A. mediante ricorso incidentale per cassazione.

La sentenza impugnata va quindi cassata, con rinvio alla Corte di appello di Napoli, in altra composizione, che si atterrà agli enunciati principi di diritto e regolerà anche le spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte, accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza e rinvia alla Corte di appello di Napoli, in altra composizione, che regolerà anche le spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, il 23 gennaio 2020.

Depositato in cancelleria il 25 giugno 2020

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