Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12580 del 09/06/2011

Cassazione civile sez. lav., 09/06/2011, (ud. 03/03/2011, dep. 09/06/2011), n.12580

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –

Dott. STILE Paolo – Consigliere –

Dott. LA TERZA Maura – Consigliere –

Dott. CURCURUTO Filippo – Consigliere –

Dott. MAMMONE Giovanni – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

G.L. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA BETTOLO 17, presso lo studio degli Avvocati ROSSI Enrico e

DE NARDO Roberto, rappresentato e difeso dall’avvocato BAVA ANDREA,

giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI SAVONA (OMISSIS), in persona del Sindaco Pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE GIULIO CESARE 14 – scala

a/4, presso lo studio dell’avvocato PAFUNDI GABRIELE, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato MAUCERI CORRADO, giusta

determinazione dirigenziale n. 46 del 24.5.2010 e giusta procura

speciale a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 279/2009 della CORTE D’APPELLO di GENOVA del

27/3/09, depositata il 27/04/2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

03/03/2011 dal Consigliere Relatore Dott. FILIPPO CURCURUTO;

è presente il Procuratore Generale in persona del Dott. IGNAZIO

PATRONE.

Fatto

RITENUTO IN FATTO E DIRITTO

Che:

La Corte d’Appello di Genova, con la sentenza qui impugnata, pronunziando sull’appello di G.L. contro il Comune di Savona, suo datore di lavoro, ha confermato il rigetto della domanda di rimborso delle spese sostenute dal G. per sottoporsi alle visite mediche nel procedimento di accertamento della dipendenza da causa di servizio della patologia dalla quale era affetto; della domanda di restituzione di somme trattenute al G. per assenza durante la fascia oraria di reperibilità in periodo di congedo per malattia; della domanda di risarcimento del danno da “mobbing”.

G.L. chiede la cassazione di questa sentenza con ricorso per due motivi, recanti, il primo, denunzia di violazione e/o errata interpretazione di norme di legge (art. 115 c.p.c. e art. 2727 c.c., in punto di prova dell’esistenza del danno e del nesso causale) il secondo di violazione e/o erronea interpretazione dell’art. 2059 c.c..

Il Comune di Savona resiste con controricorso.

Il G. ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

In nessuno dei due motivi di ricorso la relativa illustrazione si conclude con la formulazione del quesito di diritto previsto dall’art. 366 bis c.p.c. applicabile “ratione temporis”. Quindi il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

Le osservazioni svolte al riguardo nella memoria del G. non possono essere condivise e non inducono pertanto a diversa conclusione.

Quanto alla possibilità di desumere facilmente il quesito dal testo del ricorso è appena da osservare che, come ben noto, la giurisprudenza di questa Corte è ferma nel ritenere che in tema di ricorso per cassazione, secondo il cit. art. 366 bis cod. proc. civ., è necessaria, in base a quanto disposto dall’art. 366 bis c.p.c., a pena di inammissibilità, la formulazione del quesito di diritto anche nei ricorsi per violazione o falsa applicazione di norme di diritto. Non può. infatti, ritenersi sufficiente il fatto che il quesito di diritto può implicitamente desumersi dal motivo di ricorso, perchè una siffatta interpretazione si risolverebbe nell’abrogazione tacita della norma di cui all’art. 366 bis cod. proc. civ. che ha introdotto, anche per l’ipotesi di ricorso in esame, il rispetto del requisito formale che deve esprimersi nella formulazione di un esplicito quesito di diritto, tale da circoscrivere la pronunzia del giudice nei limiti di un accoglimento o di un rigetto del quesito formulato dalla parte (per tutte, Cass. Sez. Un., 16 novembre 2007, n. 23732; Cass. 24 luglio 2008, n 20409).

Va peraltro aggiunto che anche a voler seguire la tesi sviluppata dal ricorrente nella memoria, i quesiti che egli ritiene di aver comunque formulato all’interno del suo argomentare sarebbero del tutto generici e non collegabili alla fattispecie concreta, come invece costantemente richiesto dalla giurisprudenza di questa Corte (v., fra le molte, per tutte, Sez. 1^ In., 9 luglio 2008, n. 18759).

La dimostrazione di tale assunto emerge indiscutibilmente dal testo che il ricorrente enuclea dall’illustrazione dei motivi e propone quale quesito.

Per il primo motivo il testo è il seguente: “la corretta nozione del danno esistenziale anche ai fini della relativa prova deve essere legata a una interpretazione più evoluta di quella relativa alla sentenza delle Sezioni Unite su cui la sentenza oggetto di ricorso espressamente incentrata?”.

Per il secondo motivo dovrebbe valere come quesito la seguente domanda: “un percorso interpretativo come quello seguito della sentenza oggetto di ricorso finisce per comportare una evidente violazione dell’art. 2059 c.c. individuando in modo pretorio limitazioni che la norma non contiene?”.

In conclusione il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente alle spese del giudizio.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso; condanna il ricorrente alle spese in Euro 30,00 per esborsi, oltre ad Euro 2000,00 per onorari, nonchè IVA, CPA e spese generali.

Così deciso in Roma, il 3 marzo 2011.

Depositato in Cancelleria il 9 giugno 2011

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