Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12576 del 25/06/2020

Cassazione civile sez. VI, 25/06/2020, (ud. 23/01/2020, dep. 25/06/2020), n.12576

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. COSENTINO Antonello – rel. Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7410-2018 proposto da:

M.A., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA ORESTE

TOMMASINI 20, presso lo studio dell’avvocato MICHELE SALAZAR, che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DEL DEMANIO (OMISSIS), in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 501/2017 della CORTE D’APPELLO di REGGIO

CALABRIA, depositata il 28/08/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 23/01/2020 dal Consigliere Relatore Dott. COSENTINO

ANTONELLO.

Fatto

RAGIONI IN FATTO E DIRITTO DELLA DECISIONE

Il sig. M.A. conveniva dinanzi al Tribunale di Reggio Calabria il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e l’Agenzia del Demanio per sentir dichiarare in suo favore la proprietà di un fabbricato ereditato dal nonno M.S., sito nel comune di Bianco, “composto da un vano al piano superiore e relativo basso nonchè di un cosiddetto baraccone, limitrofo a detto basso dalla parte settentrionale, riportato in catasto all’art. 789” (così in sentenza, pag. 2; nel ricorso si precisa che detto “baraccone” è un’area di mq. 430 derivante dalle particelle (OMISSIS) e (OMISSIS)). Chiedeva, altresì, accertarsi il suo diritto di passaggio per accedere al suddetto fabbricato, nonchè il diritto di aprire porte, finestre o altre luci sul baraccone. Domandava, infine, che fosse dichiarata illegittima la pretesa del Ministero della Marina di appartenenza del bene al demanio marittimo e che fosse dichiarata illegittima e priva di effetti la perimetrazione eseguita dal funzionario del Catasto, con vittoria di spese e onorari.

Si costituivano in giudizio le Amministrazioni convenute, eccependo in via preliminare la nullità dell’atto di citazione per mancata determinazione della cosa oggetto della domanda e per mancata esposizione degli elementi di fatto e di diritto della stessa, nonchè il difetto di legittimazione passiva del Ministero della Infrastrutture e dei Trasporti. Nel merito, le Amministrazioni convenute contestavano la fondatezza della domanda attorea alla luce delle più recenti planimetrie in atti.

Il Tribunale di Reggio Calabria dichiarava M.A. proprietario del fabbricato “rappresentato al catasto del Comune di Bianco al foglio (OMISSIS) particella (OMISSIS)” e rigettava ogni altra domanda, compensando le spese di lite.

Il sig. M. proponeva appello avverso suddetta pronuncia censurandola sotto il seguente profilo: “erroneità dell’appellata sentenza; diritto di proprietà dell’appellante sull’area di mq 430 cosiddetto “baraccone”, o altrimenti identificabile, derivante dalla particella (OMISSIS)”. Domandava, dunque, che la Corte territoriale lo dichiarasse proprietario anche della particella (OMISSIS) derivante dalla particella (OMISSIS) “che erroneamente è stata tagliata ad opera del Catasto ed inserita nella particella (OMISSIS) (ex 294 – area demaniale)…”.

Le Amministrazioni appellate si costituivano proponendo appello incidentale; esse si dolevano, in rito, del mancato accoglimento dell’eccezione di difetto di legittimazione passiva del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, da quest’ultimo eccepita già in primo grado e, nel merito, del mancato accertamento della proprietà dello Stato sull’area di mq. 430 antistante l’immobile del sig. M..

La Corte di appello di Reggio Calabria rigettava l’appello principale e accoglieva solo parzialmente quello incidentale, dichiarando il difetto di legittimazione passiva del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e confermando nel resto la sentenza di primo grado.

Avverso la pronuncia della Corte distrettuale il sig M. ha proposto ricorso per cassazione sulla scorta di quattro motivi.

L’intimata Agenzia del Demanio ha presentato controricorso.

La causa è stata decisa nell’adunanza in camera di consiglio del 23 gennaio 2020, per la quale solo il ricorrente ha depositato memoria.

Tutti e quattro i motivi di ricorso recano una identica rubrica, di seguito trascritta: “Art. 360 c.p.c., n. 5 – Erroneità della sentenza nella parte in cui non ha riconosciuto in capo al sig. M. la proprietà dell’area di 430 mq. antistante il fabbricato rappresentato al catasto del Comune di Bianco al foglio (OMISSIS) particella (OMISSIS). Omesso esame circa un punto decisivo che è stato oggetto di discussione tra le parti”. Sono nel quarto motivo, a tale testo sono aggiunte le ulteriori parole: “Documentazione successiva”.

Con il primo motivo si lamenta l’errore in cui la Corte d’appello sarebbe incorsa ritenendo non raggiunta la prova dell’intervenuto acquisto da pare del sig. M. dell’area di 430 mq. antistante il fabbricato rappresentato al catasto del Comune di Bianco al foglio particella (OMISSIS). Nel messo di ricorso si argomenta che il ragionamento sviluppato dalla Corte distrettuale si fonderebbe sulle considerazioni svolte dal giudice di prime cure, il quale aveva disconosciuto la proprietà del sig. M. sull’area identificata come “baraccone” sull’inesatto presupposto che la stessa non fosse accatastata. L’erroneità di tale assunto sarebbe desumibile, secondo il ricorrente, sia dal contratto di vendita del 1907 sia dalle risultanze peritali.

Con il secondo motivo si censura l’errore in cui la Corte d’appello sarebbe incorsa negando rilevanza alla documentazione prodotta in ordine alle modifiche catastali “nel frattempo intervenute”, che avrebbero attribuito all’area in questione il nuovo numero di particella (OMISSIS), individuando nel sig. M. il legittimo titolare.

Con il terzo motivo si deduce l’ulteriore profilo di erroneità della pronuncia nella parte in cui si nega che la circostanza che la spiaggia risultava indicata come confine potesse considerarsi sufficiente elemento probatorio del diritto vantato; nel mezzo di gravame si critica specificamente l’affermazione della sentenza secondo cui l’indicazione della spiaggia come confine sarebbe stata da considerare “compatibile con il mancato accatastamento dell’area o con la circostanza che probabilmente all’epoca del contratto non vi erano immobili o aree limitrofe con diversa indicazione di proprietà”.

Con il quarto motivo di ricorso il ricorrente richiama una serie di documenti prodotti in giudizio, a suo dire idonei a dimostrare la proprietà esclusiva dell’attore della menzionata particella (OMISSIS).

La stretta connessione tra le censure spiegate nei quattro motivi di ricorso rende opportuna la trattazione congiunta dei medesimi, che vanno tutti giudicati inammissibili.

Il ricorrente infatti, pur proponendo delle censure per “omesso esame di fatto decisivo”, in effetti sollecita un nuovo esame dei fatti di causa, prospettando argomenti di merito – fondati sulla rilettura delle risultanze peritali (primo mezzo), sulla valutazione delle risultanze catastali (secondo mezzo), sulla riconsiderazione della portata dell’atto notar Tuccillo del 1978 (terzo mezzo) e su atti di altri giudizi (quarto mezzo) – che non possono trovare ingresso nel giudizio di legittimità, nel quale il sindacato sull’accertamento dei fatti di causa operato dal giudice di merito è consentito solo nei limiti di cui al nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., n. 5.

Nella memoria illustrativa depositata in prossimità dell’adunanza del 23.1.20 la difesa di parte ricorrente, contestando la proposta ex art. 380 bis c.p.c. formulata dal relatore nel senso della inammissibilità del ricorso, argomenta (pag. 1, penultimo capoverso) che il ricorso “contesta l’impianto motivazionale della sentenza della Corte d’appello” e reitera la contestazione secondo cui l’impugnata sentenza “non risulta adeguatamente motivata” (pag. 1, secondo capoverso), in quanto avrebbe omesso di considerare adeguatamente le risultanze peritali, le evidenze catastali, l’atto notar Tuccillo, gli atti di altri giudizi. Tali argomentazioni trascurano l’insegnamento di questa Corte che, in seguito alla riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, conv., con modif., dalla L. n. 134 del 2012, non sono più ammissibili nel ricorso per cassazione le censure di contraddittorietà e insufficienza della motivazione della sentenza di merito impugnata, in quanto il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica della violazione del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111 Cost., comma 6, individuabile nelle ipotesi – che si convertono in violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, e danno luogo a nullità della sentenza – di “mancanza della motivazione quale requisito essenziale del provvedimento giurisdizionale”, di “motivazione apparente”, di “manifesta ed irriducibile contraddittorietà” e di “motivazione perplessa od incomprensibile”, al di fuori delle quali il vizio di motivazione può essere dedotto solo per omesso esame di un “fatto storico”, che abbia formato oggetto di discussione e che appaia “decisivo” ai fini di una diversa soluzione della controversia (Cass., 23940/17).

Il ricorso va quindi dichiarato inammissibile.

Le spese seguono la soccombenza.

Deve altresì darsi atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, del raddoppio del contributo unificato D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 13, comma 1-quater, se dovuto.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Condanna il ricorrente a rifondere all’Agenzia contro ricorrente le spese del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 900, oltre Euro 200 per esborsi ed oltre accessori di legge.

Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 23 gennaio 2020.

Depositato in cancelleria il 25 giugno 2020

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