Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12576 del 21/05/2010

Cassazione civile sez. trib., 21/05/2010, (ud. 14/04/2010, dep. 21/05/2010), n.12576

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ALTIERI Enrico – Presidente –

Dott. D’ALONZO Michele – Consigliere –

Dott. PERSICO Mariaida – Consigliere –

Dott. PARMEGGIANI Carlo – Consigliere –

Dott. GIACALONE Giovanni – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 32200/2006 proposto da:

INAIL, in persona del Dirigente Generale pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA VIA IV NOVEMBRE 144, presso lo studio

dell’avvocato DE FERRA’ GIUSEPPE, che lo rappresenta e difende

unitamente all’avvocato NUNZI MARIA LETIZIA procura speciale Notaio

Dr. Carlo Federico TUCCARI in Roma REP. 71689 del 22/9/2006;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI PISTOIA, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA LUNGOTEVERE FLAMINIO 46 PAL IV SC B, presso lo

studio dell’avvocato GREZ GIAN MARCO, rappresentato e difeso

dall’avvocato CHIERRONI Vittorio, giusta delega a margine;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 139/2005 della COMM. TRIB. REG. di FIRENZE,

depositata il 24/03/2006;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

14/04/2010 dal Consigliere Dott. GIOVANNI GIACALONE;

udito per il ricorrente l’Avvocato COLAIOCCO ARNALDO per delega Avv.

NUNZI M. LETIZIA, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito per il resistente l’Avvocato CHIERRONI VITTORIO, che ha chiesto

il rigetto del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SEPE Ennio Attilio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

IN FATTO E IN DIRITTO

La controversia ha ad oggetto le impugnative proposta dall’INAIL nei confronti del Comune di Pistoia, avverso, rispettivamente, il rigetto dell’istanza di rimborso dell’ICI relativamente ad immobili di sua proprietà, per il periodo in contestazione, nonchè avverso avviso di accertamento ICI per il 1998 ed ulteriore atto di contestazione di omessa denuncia. Il Comune deduceva che gli immobili erano esenti dall’ICI, a norma del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7, lett. i, in regione dell’attività in essi svolta, essendo adibiti a caserma dei Vigili del Fuoco.

La C.T.P., previa riunione, accoglieva i ricorsi ritenendo sussistente l’esenzione proprio in base al chiaro contenuto del richiamato art. 7, lett. i.

Accogliendo l’appello del Comune, la C.T.R., con la sentenza in epigrafe, ha riformato la decisione dei primi giudici, non essendo gli immobili esclusivamente destinati agli scopi esenti di cui all’art. 7, lett. i D.Lgs. cit..

Avverso tale decisione, l’INAIL propone ricorso per cassazione con tre motivi; il Comune resiste con controricorso, illustrato con memoria.

Con il primo motivo, l’Istituto, deducendo una plurima violazione di legge, lamenta la carenza di legittimazione processuale passiva dell’ente locale nel giudizio di appello, perchè gli atti sono stati sottoscritti dal Dirigente del Servizio, ai sensi di quanto disposto dallo Statuto, non noto alla società (e senza che il sottoscrittore dimostrasse la competenza del servizio da lui diretto), e non dal Sindaco, sicchè non sarebbero riferibili all’ente impositore.

La censura è infondata. Diversamente da quanto sostiene l’istituto ricorrente, infatti, la sentenza è in armonia con il consolidato orientamento di questa S.C. secondo cui, in tema di contenzioso tributario, il D.L. n. 44 del 2005, art. 3 bis, comma 1, convertito con modificazioni nella L. n. 88 del 2005, ed applicabile ai processi in corso in forza del successivo comma 2, nel sostituire il D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 11, comma 3, ha attribuito la rappresentanza processuale dell’ente locale nel giudizio di merito al dirigente dell’ufficio tributi, ovvero, in mancanza di tale figura, al titolare della posizione organizzativa comprendente detto ufficio, e tale dirigente, con apposita determinazione, può delegare un funzionario dell’unità organizzativa da lui diretta a sottoscrivere e presentare l’impugnazione quale assistente dell’ente locale, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 15, comma 2 bis.

Con il secondo motivo, denunciando violazione art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3, 4 e 5, lamenta che la CTR, nonostante l’esplicita riproposizione in secondo grado, non avrebbe pronunciato sulla questione dell’intempestività degli avvisi di contestazione e liquidazione, essendo stati notificati oltre il termine previsto dal D.Lgs. n. 502 del 1994, art. 11, ed avrebbe erroneamente ritenuto assorbita la questione a seguito del diniego dell’esenzione. Tale censura si rivela priva di pregio, per difetto di specificità, a norma dell’art. 366 c.p.c., n. 4, e, quindi, per violazione del principio di autosufficienza del ricorso. Infatti, la parte contribuente non specifica quale sia il “chiesto” al giudice del gravame, su cui questi non si sarebbe adeguatamente pronunciato, e si limita a dedurre che la narrativa della sentenza impugnata darebbe atto della riproposizione, per cui non è dato a questa Corte intendere quale fosse l’oggetto specifico del “richiesto” al giudice di appello, senza esaminare atti esterni al ricorso, in una materia nella quale l’eccezione in questione deve necessariamente essere proposta fin dal primo grado (tra le tante, v. Cass. n. 2552/03).

Peraltro, l’istituto, che deduce l’illegittimità della sentenza impugnata per il mancato esame di detta decadenza, aveva l’onere di indicare – mediante l’integrale trascrizione, ove occorrente, di detti atti nel ricorso – la richieste che asserisce non valutate o insufficientemente considerate (specie quanto ai presupposti di fatto dell’ipotesi invocata tra quelle previste dal D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 11), atteso che il controllo deve essere consentito alla Corte sulla base delle sole deduzioni contenute nell’atto, senza necessità di indagini integrative (Cass. 19 maggio 2006 n. 11886). Invero, la Corte di Cassazione, non è tenuta a ricercare al di fuori del contesto del ricorso le ragioni che dovrebbero sostenerlo, ma può accertare il riscontro di tali ragioni in atti processuali al di fuori del ricorso, quando tali ragioni siano state specificamente formulate nello stesso. Ne consegue la preclusione di qualsiasi accertamento in merito alla censura di omessa pronunzia, quando il ricorrente si sia – come nella specie – limitato a far rinvio agli atti delle pregresse fasi (Cass. S.U. 28 luglio 2005 n. 15781; Cass. 23 febbraio 2004 n. 3547; Cass. 2 febbraio 1995 n. 1239).

Con il terzo motivo, denunciando violazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7, comma 1, lett. i, come interpretato dal D.L. n. 203 del 2005, art. 7, comma 2 bis, conv. con L. n. 248 del 2005, nonchè omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione su punto decisivo, l’istituto lamenta che la C.T.R., senza tenere conto dell’indicata norma interpretativa, avrebbe illegittimamente ed immotivatamente ritenuto che la disposizione di esenzione richieda anche il requisito dell’esclusività della destinazione del bene.

La censura è infondata. Come sostenuto dall’ente impositore in controricorso, va in primo luogo escluso che il Corpo Nazionale dei Vigili del fuoco possa ritenersi compresa tra i soggetti di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 87, comma 1, lett. c), (T.U.I.R.), cui la norma di esenzione (D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7, comma 1, lett. i) fa riferimento. La suddetta norma del cit.

T.U.I.R., inclusa nel Titolo 2^ (Imposta sul reddito delle persone giuridiche), sotto la rubrica “Soggetti passivi”, elenca infatti categorie di persone giuridiche, pubbliche e private, tutte assoggettate all’Irpeg, mentre non vi è dubbio che il Corpo in questione è sicuramente esente da tale imposta, quale amministrazione dello Stato, ai sensi del successivo art. 88 cit.

T.U.I.R.. Ne discende che gli immobili utilizzati dal Corpo dei Vigili del Fuoco possono rientrare, in linea di principio, nella previsione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7, comma 1, lett. i), v.

Cass. n. 21382/06, che ha affermato il medesimo principio in relazione ad immobile destinato a caserma dell’Arma dei Carabinieri).

In ogni caso, è evidente che un immobile utilizzato dai Vigili del Fuoco, così come da qualsiasi “corpo” dello Stato, per i propri fini istituzionali non può sicuramente considerarsi come destinato esclusivamente allo svolgimento di “attività ricettiva”, così come richiesto dalla norma di esenzione, proprio in considerazione della particolare natura dei compiti affidati a detti corpi (argomento desumibile da Cass. n. 5747/05, relativa ad immobile utilizzato dalla Guardia di Finanza); sicchè la motivazione della C.T.R. al riguardo si rivela congrua e corretta sul piano giuridico e su quello logico.

Nè può assumere rilievo, nell’applicare la norma di esenzione in questione, la disposizione di cui al D.L. n. 203 del 2005, art. 7, comma 2 bis, conv. con L. n. 248 del 2005, dato che essa – nell’estendere l’esenzione disposta dall’art. 7, comma 1, lett. i), cit., alle attività ivi indicate “a prescindere dalla natura eventualmente commerciale delle stesse” (versione originaria) e poi a quelle “che non abbiano esclusivamente natura commerciale” (versione vigente), ha carattere innovativo e non interpretativo (Cass. n. 24500/09).

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, che liquida in Euro 1.500,00, di cui Euro 1.300,00 per onorario, oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 14 aprile 2010.

Depositato in Cancelleria il 21 maggio 2010

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