Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12576 del 12/05/2021

Cassazione civile sez. I, 12/05/2021, (ud. 08/02/2021, dep. 12/05/2021), n.12576

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco A. – Presidente –

Dott. MELONI Marina – rel. Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8632/2017 proposto da:

R.A., elettivamente domiciliata in Roma, Viale G.

Mazzini n. 140, presso lo studio dell’avvocato Amura Pietro, che la

rappresenta e difende, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

T.A.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 447/2017 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

pubblicata il 25/01/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

08/02/2021 dal Cons. Dott. MELONI MARINA;

lette le conclusioni scritte del P.M., in persona del Sostituto

Procuratore Generale DE MATTEIS Stanislao, che chiede che la Corte

rigetti il ricorso. Conseguenze di legge.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Corte di Appello di Roma con sentenza in data 11/1/2017 pronunciando nel giudizio di divorzio tra i coniugi R.A. e T.A. ha parzialmente riformato la sentenza pronunciata dal Tribunale di Tivoli di dichiarazione di cessazione degli effetti civili del matrimonio, revocando l’obbligo di corrispondere l’assegno mensile di Euro 450,00 Euro mensili posto a carico dell’ex-marito T.A. a favore di R.A. ex moglie.

Avverso tale sentenza ha proposto ricorso in cassazione R.A. affidato a due motivi e memoria. T.A. non ha spiegato difese.

Il Procuratore Generale ha depositato requisitorie scritte.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso, la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 898 del 1970, art. 5 e artt. 156 e 433 c.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto il giudice territoriale, senza tener conto delle situazioni economiche delle parti fortemente sperequate, non aveva previsto un obbligo di corrispondere un assegno mensile a carico dell’ex marito per contribuire al mantenimento della moglie nonostante la differenza reddituale tra le parti.

Con il secondo motivo di ricorso la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 898 del 1970, art. 5 e artt. 156 e 433 c.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto il giudice territoriale ha ritenuto che, nella valutazione della capacità reddituale del T. non si doveva tener conto del risarcimento percepito a seguito del grave incidente sul lavoro e della pensione di invalidità civile.

Il ricorso proposto appare infondato e deve essere respinto.

Infatti la Corte di Appello distrettuale ha ampiamente motivato nella sentenza impugnata in ordine alla mancata statuizione dell’obbligo di pagamento dell’assegno di mantenimento per la moglie, ricostruendo la storia familiare e la fonte dei redditi delle parti.

Anzitutto non risulta infatti in alcun modo dimostrato che la predetta, di 59 anni, non svolga alcuna attività lavorativa tale da renderla indipendente economicamente essendo altresì titolare della casa di abitazione e del 50% di altra casa ove abita la madre. Al contrario emerge dalla sentenza impugnata che i coniugi, sposati nel (OMISSIS) e separati nel (OMISSIS) non avevano pattuito all’epoca della separazione consensuale alcun assegno di mantenimento (ad eccezione del contributo paterno per il mantenimento della figlia) dovendosi pertanto presumere che ognuno di essi aveva una propria attività lavorativa produttrice di reddito.

Inoltre, deve poi essere considerato che il T. ha subito nel (OMISSIS) un gravissimo infortunio sul lavoro a seguito del quale ha riportato una duplice amputazione di un arto inferiore ed un arto superiore, alla quale è conseguito un risarcimento per invalidità totale al lavoro di 700.000,00 Euro più una rendita vitalizia di più di 3.000,00 Euro mensili.

La R., proprio in virtù di tali cospicui risarcimenti ha avanzato nel corso del giudizio di divorzio iniziato dal T. nel 2009 la domanda di attribuzione di un assegno divorzile.

A tal riguardo deve essere considerato che, recentemente, questa Corte ha affermato – in ordine all’assegno di mantenimento in favore dell’ex coniuge, sulla base della pronuncia delle Sezioni Unite di questa Corte (Sez. U., nr. 18287 del 11/07/2018) – il seguente principio di diritto: “Il riconoscimento dell’assegno di divorzio in favore dell’ex coniuge, cui deve attribuirsi una funzione assistenziale ed in pari misura compensativa e perequativa, ai sensi della L. n. 898 del 1970, art. 5, comma 6, richiede l’accertamento dell’inadeguatezza dei mezzi dell’ex coniuge istante, e dell’impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive, applicandosi i criteri equiordinati di cui alla prima parte della norma, i quali costituiscono il parametro cui occorre attenersi per decidere sia sulla attribuzione sia sulla quantificazione dell’assegno. Il giudizio dovrà essere espresso, in particolare, alla luce di una valutazione comparativa delle condizioni economico-patrimoniali delle parti, in considerazione del contributo fornito dal richiedente alla conduzione della vita familiare ed alla formazione del patrimonio comune, nonchè di quello personale di ciascuno degli ex coniugi, in relazione alla durata del matrimonio ed all’età dell’avente diritto. La funzione equilibratrice del reddito degli ex coniugi, anch’essa assegnata dal legislatore all’assegno divorzile, non è finalizzata alla ricostituzione del tenore di vita endoconiugale, ma al riconoscimento del ruolo e del contributo fornito dall’ex coniuge economicamente più debole alla formazione del patrimonio della famiglia e di quello personale degli ex coniugi”.

Ciò premesso appare evidente che il divario tra le posizioni reddituali degli ex coniugi non appare decisivo per l’attribuzione dell’assegno di mantenimento, soprattutto in casi come quello in esame in cui l’incremento di reddito per il T. è stato determinato dal gravissimo infortunio sul lavoro e dalla invalidità lavorativa totale per cui la somma ricevuta è destinata a far fronte a tutte le spese anche mediche future.

Tenuto conto dell’ormai consolidato orientamento di questa Corte e considerato che tutte le circostanze evidenziate nel ricorso sono già emerse nei precedenti gradi di giudizio e risultano essere già state prese in considerazione dal giudice di merito risulta infondata l’istanza di assegno di mantenimento per la moglie ricorrente.

Alla luce dei richiamati principi il ricorso è pertanto infondato in ordine a tutti i motivi mentre devono essere compensate le spese del giudizio di legittimità.

Non ricorrono i presupposti per l’applicazione del doppio contributo di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, trattandosi di processo esente.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e compensa tra le parti le spese del giudizio di legittimità.

Oscuramento dati personali.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta della Corte di Cassazione, il 8 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 12 maggio 2021

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