Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12576 del 09/06/2011
Cassazione civile sez. lav., 09/06/2011, (ud. 25/03/2011, dep. 09/06/2011), n.12576
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LAMORGESE Antonio – rel. Presidente –
Dott. COLETTI DE CESARE Gabriella – Consigliere –
Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Consigliere –
Dott. MORCAVALLO Ulpiano – Consigliere –
Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
G.U., S.L., F.G., R.M., tutti
dipendenti ATA con rapporto di lavoro a tempo indeterminato presso il
Ministero della Pubblica Istruzione elettivamente domiciliati in
ROMA, VIA OTRANTO 18, presso lo studio dell’avvocato MASULLO
VINCENZO, rappresentati e difesi dall’avvocato CILIBERTI DONATO,
giusta procura speciale in calce al ricorso;
– ricorrenti –
contro
MINISTERO DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE, in persona del Ministro pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,
presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e
difende, ope legis;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1214/2006 della CORTE D’APPELLO di SALERNO del
27/09/06, depositata il 05/10/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
25/03/2011 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO LAMORGESE;
è presente il P.G. in persona del Dott. MARCELLO MATERA che ha
concluso per l’inammissibilità del ricorso.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza depositata il 5 ottobre 2006, la Corte di appello di Salerno ha confermato la pronuncia di primo grado, la quale aveva rigettato la domanda proposta nei confronti del Ministero dell’Istruzione da G.U. e gli altri litisconsorti indicati in epigrafe. Costoro, già dipendenti della Provincia di Salerno dislocati quali collaboratori in scuole di quella provincia, e transitati nel ruolo del personale amministrativo, tecnico ed ausiliario (ATA) alle dipendenze del predetto Ministero, avevano agito in giudizio per ottenere il riconoscimento, ai fini giuridici ed economici, dell’anzianità maturata presso l’ente di provenienza dalla data di assunzione, e del diritto alla ricostruzione giuridica della carriera, con condanna dell’Amministrazione convenuta al pagamento delle differenze stipendiali maturate a partire del 1 gennaio 2000 tra lo stipendio tabellare dovuto in base alla categoria ed all’anzianità stabilite dal ccnl del 26 maggio 1999, comparto Scuola, ed il minore importo corrisposto a seguito del trasferimento nei ruoli del personale ATA della Scuola.
Per la cassazione della sentenza, i predetti lavoratori hanno proposto ricorso, cui il Ministero intimato ha resistito con controricorso.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con un unico mezzo di annullamento, i ricorrenti denunciano errore di diritto e vizio di motivazione e deducono che la L. 23 dicembre 2005, n. 266, art. 1, comma 218, cui ha fatto riferimento la Corte territoriale per giudicare infondata la loro pretesa, non può ritenersi di natura interpretativa. La disposizione interpretata, la L. 3 maggio 1999, n. 124, art. 8, comma 2 nella sua precedente applicazione non aveva dato luogo ad alcun dubbio o contrasto giurisprudenziale, ed i ricorrenti sottolineano la palese discriminazione che sarebbe legittimata dalla regola introdotta dalla norma asseritamente interpretativa a danno dei lavoratori, per il conseguente diniego del riconoscimento dell’intera anzianità giuridica maturata presso l’ente di provenienza. Assumono poi che i criteri di inquadramento professionale e retribuivo del personale transitato nei ruoli dello Stato, stabiliti dall’art. 3 dell’accordo tra l’ARAN e le organizzazioni sindacali del 20 luglio 2000 violano i principi stabiliti dalla citata L. n. 124 del 1999, art. 8.
Il ricorso è inammissibile.
Trattandosi di impugnazione proposta contro una sentenza pubblicata dopo il 2 marzo 2006 ed anteriormente all’entrata in vigore della L. 18 giugno 2009, n. 69, si devono applicare le modifiche al processo di cassazione introdotte dal D.Lgs. 2 febbraio 2006 n. 40, e in particolare la disposizione dettata dall’art. 366 bis cod. proc. civ., alla stregua della quale l’illustrazione di ciascun motivo di ricorso, nei casi di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 1), 2), 3) e 4), deve concludersi, a pena di inammissibilità, con la formulazione di un quesito di diritto, e nel caso previsto dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, sempre a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione.
Qui, però, l’unico complesso motivo nel quale è articolato il ricorso, non enuncia con riferimento alle violazioni di legge, peraltro denunciate senza l’indicazione delle norme violate, alcun quesito di diritto, nè con riguardo alle censure concernenti il vizio riconducibile all’ipotesi di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, pure formulate nella rubrica, presenta quella indicazione riassuntiva e sintetica, che circoscrivendo puntualmente i limiti delle censure, consenta al giudice di valutare immediatamente l’ammissibilità delle doglianze allorchè si lamentino vizi di motivazione.
Nè, infine, a nulla rileva che la disposizione dettata dall’art. 366 bis cod. proc. civ. sia stata abrogata dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 47, poichè l’abrogazione ha effetto soltanto con riferimento alle controversie nelle quali il provvedimento impugnato con il ricorso per cassazione sia stato pubblicato successivamente alla data di entrata in vigore della legge (art. 58, comma 5, della medesima normativa).
Va dunque dichiarata l’inammissibilità del ricorso.
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
LA CORTE dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate in Euro 30,00 per esborsi e in Euro 1.500,00 (millecinquecento/00) per onorari.
Così deciso in Roma, il 25 marzo 2011.
Depositato in Cancelleria il 9 giugno 2011