Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12575 del 25/06/2020

Cassazione civile sez. VI, 25/06/2020, (ud. 16/01/2020, dep. 25/06/2020), n.12575

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 1888/2019 R.G. proposto da:

B.B., rappresentato e difeso dall’avv. Vittorio Ottolino,

elettivamente domiciliato in Roma alla Via Ferraironi n. 25.

– ricorrente –

contro

FONDAZIONE DELL’ACCADEMIA NAZIONALE DI DANZA, in persona del legale

rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’avv. Matrco

Annecchino, con domicilio eletto in Roma, Via Cassiodoro n. 1/A.

– controricorrente –

e

ACCADEMIA NAZIONALE DI DANZA, in persona del legale rappresentante

p.t., rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato,

con domicilio in Roma, Via dei Portoghesi n. 12.

– controricorrente –

e

ROMASO 2004 S.R.L., in persona del legale rappresentante p.t..

– altra intimata –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Roma n. 4353/2018,

depositata in data 25.6.2018.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno

16.1.2020 dal Consigliere Dott. Fortunato Giuseppe.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Romaso 2004 s.r.l. ha adito il Tribunale di Roma, esponendo di aver concluso, con la Fondazione dell’Accademia nazionale della danza, un contratto di collaborazione avente ad oggetto la realizzazione di installazioni e di costumi per l’allestimento di uno spettacolo di danza programmato per il 18.7.2009; che, nonostante i solleciti, la Fondazione non ha versato l’importo dovuto a titolo di corrispettivo.

Ha chiesto il pagamento di Euro 100.000,00, anche ai sensi dell’art. 2041 c.c., con accessori e spese legali.

La Fondazione ha resistito alla domanda, deducendo che il contratto era stato concluso da B.B., il quale, a seguito dell’approvazione del nuovo statuto, era già cessato dalla carica di Presidente della Fondazione e non era più titolare di poteri di rappresentanza, con conseguente inefficacia del contratto.

Ha chiesto di respingere la domanda, istando per la chiamata in causa del B. e dell’Accademia nazionale di Danza, per essere manlevata in caso di condanna.

Integrato il contraddittorio ed esaurita l’istruzione, il tribunale ha respinto la domanda principale, ha dichiarato assorbita l’azione di manieva ed ha compensato le spese processuali, affermando che il B. aveva stipulato il contratto in nome e per conto della Fondazione senza averne il potere.

L’appello – proposto da B.B. – è stato dichiarato inammissibile per carenza di interesse ad impugnare, rilevando che l’appellante non aveva proposto in primo grado alcuna domanda, essendosi limitato a chiedere il rigetto dell’azione di manieva, e che lo stesso tribunale non aveva assunto alcuna decisione che lo riguardasse e che fosse idonea al giudicato, non potendo il B. richiedere di rettificare semplicemente la motivazione della sentenza, rilevando infine, “a conferma dell’inammissibilità del gravame, che questi aveva inteso basare l’impugnazione su richieste di natura istruttoria non ammissibili”, in quanto non reiterate al momento delle precisazione delle conclusioni.

La cassazione della sentenza è chiesta da B.B. con ricorso in due motivi.

La Fondazione dell’accademia nazionale di Danza e l’Accademia nazionale di Danza hanno depositato separati controricorsi.

La Romaso 2004 s.t.l. non ha svolto difese.

Su proposta del relatore, secondo cui il ricorso, in quanto manifestamente fondato, poteva esser definito ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., in relazione all’art. 375, comma 1, n. 5 c.p.c., il Presidente ha fissato l’adunanza in camera di consiglio.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo di ricorso denuncia il vizio di motivazione e la

violazione dell’art. 2909 c.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver la Corte di merito ritenuto che il ricorrente non avesse interesse ad impugnare la sentenza di primo grado, trascurando che con detta decisione era stata respinta la domanda di pagamento sull’assunto che il B. aveva stipulato il contratto in carenza di poteri di rappresentanza e che tale statuizione, essendo suscettibile di passare in giudicato, avrebbe esposto l’appellante alle azioni risarcitorie che la Romaso 2004 aveva dichiarato di voler proporre in un separato giudizio.

Il motivo è fondato.

Va anzitutto osservato che, di norma, il terzo chiamato con azione di manleva (fondata su un titolo di verso da quello dedotto in via principale) non è legittimato ad impugnare le statuizioni sfavorevoli al chiamante, aventi per oggetto il rapporto principale, in mancanza di impugnazione della parte rimasta soccombente nell’ambito di tale rapporto, ma può soltanto far valere, nei limiti della causa di garanzia, autonoma e scindibile, le eccezioni e le difese volte a dimostrare l’inesistenza, l’invalidità e l’inefficacia del rapporto principale, in quanto presupposto del rapporto subordinato di garanzia (Cass. 13265/1992; Cass. 10777/2003).

Nel caso in esame è – invece – necessario rilevare che, sebbene il B. fosse stato evocato con azione di manleva, il giudizio verteva su questioni comuni a tutte le parti – e cioè la sussistenza dei poteri rappresentativi in capo a quest’ultimo e l’eventuale e connessa efficacia del contratto nei confronti della Fondazione – avendo carattere inscindibile, poichè la pronuncia sul rapporto intercorrente tra il B. e la Fondazione era destinata a condizionare l’esito della domanda proposta dalla Romaso 2004 nei confronti della convenuta. Detta connotazione di inscindibilità del processo ricorre, difatti, oltre che per motivi processuali e nei casi espressamente previsti dalla legge, quando la situazione sostanziale dedotta in giudizio deve essere necessariamente decisa in maniera unitaria nei confronti di ogni soggetto che ne sia partecipe (cfr., Cass. 3281/2006; in motivazione, Cass. 4251/2010).

La statuizione riguardante l’insussistenza del potere di rappresentanza sostanziale in capo al terzo chiamato era idonea a produrre effetti verso tutte le parti e il B. aveva interesse ad impugnarla, essendo esposto al pregiudizio derivante dalla definitività dell’accertamento riguardo al fatto di aver contratto in carenza di poteri (idoneo a costituire il fondamento delle pretese risarcitorie che la Romaro 2004 si era riservata di azionare separatamente).

D’altronde, l’interesse all’impugnazione, manifestazione del generale principio dell’interesse ad agire – sancito dall’art. 100 c.p.c. – andava apprezzato in relazione all’utilità concreta che poteva derivare dall’accoglimento del gravame in rapporto alle enunciazioni contenute nella motivazione della sentenza.

L’appello non si traduceva – difatti – nella richiesta di una modifica della motivazione fine a sè stessa, ma intendeva conseguire la riforma di una statuizione – riguardante l’esercizio dei poteri di rappresentanza sostanziale da parte dell’appellante – suscettibile di passare in giudicato – in quanto presupposto necessario della decisione oltre che pregiudizievole per l’appellante (Cass. 722/2018; Cass. 17193/2012; Cass. 26921/2008).

2. Il secondo motivo denuncia la violazione dell’art. 2909 c.c. e art. 324 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, lamentando che la Corte di appello abbia omesso di considerare che con sentenza n. 13060/2017, passata in giudicato, resa dal tribunale di Roma in altro giudizio tra le stesse parti – era stato stabilito che il B. aveva conservato la carica di Presidente pur dopo l’approvazione del nuovo statuto della Fondazione, conseguendone che, al momento della stipula del contratto con la Romaso 2004, era ancora titolare del potere di contrarre in nome e per conto della Fondazione.

La censura è assorbita, essendo rimesso al giudice del rinvio un nuovo esame delle questioni di merito dedotti dalle parti con specifico riferimento alla titolarità dei poteri di rappresentanza sostanziale del ricorrente al momento del contratto, esame da compiersi in base a tutte le risultanze ritualmente acquisite nei gradi precedenti di causa.

E’ quindi accolto il primo motivo, con assorbimento della seconda censura.

La sentenza è cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio della causa ad altra sezione della Corte d’appello di Roma, anche per la pronuncia sulle spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa ad altra sezione della Corte d’appello di Roma, anche per la pronuncia sulle spese del presente giudizio di legittimità.

Depositato in cancelleria il 25 giugno 2020

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