Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12570 del 18/05/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 18/05/2017, (ud. 13/03/2017, dep.18/05/2017),  n. 12570

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DOGLIOTTI Massimo – Presidente –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio – rel. Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23685/2015 proposto da:

INTERPORTO SUD EUROPA S.P.A. – P.I. (OMISSIS), in persona

dell’Amministratore Delegato, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

LIMA 7, presso lo studio dell’avvocato PASQUALE IANNUCCILLI che la

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

L.M.D., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEL

GESU’ 62, presso lo studio dell’avvocato LODOVICO VISONE,

rappresentata e difesa dall’avvocato SILVANO TOZZI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2843/2015 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 23/06/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 13/03/2017 dal Consigliere Dott. ANTONIO P.

LAMORGESE.

Fatto

RAGIONI DELLA DECISIONE

La Corte di Appello di Napoli, con sentenza del 23 giugno 2015, pronunciando sulla domanda proposta da L.M.D., condannava l’Interporto Sud Europa al deposito delle indennità di occupazione e di espropriazione presso il Ministero dell’Economia e Finanze, in conseguenza dell’occupazione e dell’espropriazione di un fondo finalizzate alla realizzazione delle strutture interportuali del polo (OMISSIS).

Interporto Sud Europa s.p.a. ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi: con il primo ha denunciato la violazione e falsa applicazione della L. n. 2359 del 1865, art. 39 e ss., e della L. n. 359 del 1992, art. 5 bis, comma 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, avendo la Corte territoriale erroneamente considerato il fondo in questione di natura edificabile, al fine di determinare gli indennizzi espropriativi; con il secondo motivo, ha lamentato l’errore della Corte territoriale che, nel confondere la zona D8 con la D8 Interporto, aveva fatto riferimento, in applicazione del metodo sintetico-comparativo, a terreni con destinazione industriale incompatibili con quelli in esame, omettendo di esaminare le osservazioni svolte dai consulenti di parte dell’odierna ricorrente.

L.M.D. ha depositato controricorso.

Comunicato il decreto di fissazione di adunanza in camera di consiglio, a seguito della proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., (nella nuova formulazione applicabile, ratione temporis, a seguito delle modifiche intervenute con D.L. 31 agosto 2016, n. 168, conv. con modif. dalla L. n. 197 del 2016), le parti hanno depositato memorie difensive.

Il primo motivo è infondato.

La sentenza impugnata, nel considerare l’area privata legalmente edificabile per l’effetto conformativo della variante con la quale è stato recepito l’accordo di programma per la realizzazione delle surrichiamate strutture interportuali, ha fatto corretta applicazione dell’analogo principio, enunciato da questa Corte nella sentenza n. 6558 del 2014 e ribadito con specifico riferimento al medesimo polo interportuale di cui è causa, nelle sentenze n. 18239 del 2015 e n. 1870 del 2016, dalle quali non vi è ragione di discostarsi, restando così superato il diverso indirizzo espresso dall’ordinanza n. 3368 del 2014) la variante del 1996, determinata dal recepimento dell’accordo di programma, ha riguardato un’intera porzione del territorio, incidendo su una generalità di beni e su una pluralità indifferenziata di soggetti, con funzione conformativa; in tal modo l’area è stata classificata in zona D8, dove è consentita l’edificazione di insediamenti commerciali e industriali che negli anni sono stati realizzati, essendo perciò rimasta superata la pregressa destinazione agricola. Costituisce inoltre condizione necessaria e sufficiente che la zona sia considerata edificabile nello strumento urbanistico, pur se a tini differenti dall’edilizia residenziale privata ed a tipologia vincolata, purchè la destinazione impressa al fondo sia realizzabile anche ad iniziativa privata, in mancanza di previsioni normative che riservino la realizzazione di previsioni interportuali all’esclusiva iniziativa pubblicistica.

Il secondo motivo è palesemente infondato: da un lato, infatti, la sentenza impugnata ha fatto riferimento, nell’ambito dell’adottato metodo sintetico-comparativo, a fondi classificati nella medesima zona rispetto a quello per cui è causa (cfr. pag. 10 della sentenza) e dall’altro ha approfonditamente preso in esame le analitiche osservazioni svolte dai consulenti di parte della ricorrente (cfr. pag. 11).

Il ricorso va pertanto rigettato. Le spese seguono la soccombenza.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente alle spese, liquidate in Euro 4.200,00, oltre 100,00 per esborsi, in favore del controricorrente. Sussistono i presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo dovuto per legge a titolo di contributo unificato.

Così deciso in Roma, il 13 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 18 maggio 2017

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