Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1257 del 21/01/2021

Cassazione civile sez. I, 21/01/2021, (ud. 13/11/2020, dep. 21/01/2021), n.1257

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – rel. Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5367/2019 proposto da:

O.C., elettivamente domiciliato in Roma, Viale Angelico n.

38, presso lo studio dell’avvocato Maiorana Roberto, che lo

rappresenta e difende, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore,

domiciliato in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato, che lo rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 7781/2018 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 06/12/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

13/11/2020 dal Cons. Dott. GORJAN SERGIO.

 

Fatto

CONSIDERATO IN FATTO

O.C. – cittadino della (OMISSIS) – ebbe a proporre, avanti il Tribunale di Roma, ricorso avverso la decisione della locale Commissione Territoriale per il riconoscimento della Protezione Internazionale, che aveva rigettato la sua istanza di ottenimento della protezione in relazione a tutti gli istituti previsti.

Il richiedente asilo ebbe a rappresentare d’aver abbandonato il suo Paese per il timore di ripercussioni per non aver voluto partecipare ad azioni di natura violenta, progettate da parte di gruppo politico d’opposizione al Governo in carica, cui aveva aderito senza conoscer in effetti metodi e programma d’azione politica.

Il Tribunale capitolino ebbe a rigettare la domanda del richiedente in relazione a tutti gli istituti previsti dalla normativa in tema di protezione internazionale, ritenendo che il narrato non era credibile e non sussistenti elementi fattuali e giuridici adeguati a sostenere l’accoglimento di una delle forme di protezione previste dalla normativa in tema.

L’ O. propose gravame avanti la Corte d’Appello di Roma, che respinse l’impugnazione ponendo, anzitutto, in rilievo l’assenza di impugnazione circa il rigetto della domanda di riconoscimento della protezione umanitaria, quindi rilevando la genericità della censura afferente la contestazione della ritenuta non credibilità e ritenendo non concorrente situazione socio-politica connotata da violenza diffuse nella zona della Nigeria di provenienza del richiedente asilo. L’ O. ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte capitolina articolato su quattro motivi.

Il Ministero degli Interni, ritualmente vocato, ha depositato controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il ricorso proposto dall’ O. risulta inammissibile a sensi dell’art. 360 bis c.p.c. – siccome la norma è stata ricostruita ex Cass. SU n. 7155/17.

Con la prima doglianza l’ O. deduce omesso esame di un fatto decisivo ossia la situazione di pericolosità e di violenza generalizzata esistente in Nigeria. La censura appare inammissibile poichè generica in quanto si compendia nella apodittica asserzione che la Corte capitolina ha errato nel valutare la situazione socio-politica della Nigeria contrapponendo propria valutazione alternativa senza nemmeno indicare la norma ritenuta violata.

Inoltre la questione risulta specifico oggetto del terzo mezzo d’impugnazione che sarà infra esaminato.

Con il secondo mezzo d’impugnazione il ricorrente deduce vizio di omesso esame delle dichiarazioni da lui rese in sede di procedimento amministrativo e delle allegazioni prodotte in causa al fine di valutare la sua condizione personale ed omessa sua audizione.

La censura appare inammissibile posto che non si confronta con la puntuale motivazione presente al riguardo nella sentenza impugnata.

Difatti il Collegio romano ha evidenziato come i motivi di gravame circa la statuizione di non credibilità apparivano generici senza un effettivo confronto critico con la motivazione illustrata dal Tribunale.

A fronte di detta partita motivazione l’argomento critico svolto nel ricorso per cassazione si compendia nuovamente nella riproposizione del proprio narrato, apoditticamente concludendo per la sua credibilità, e contestando al Giudice d’appello di non essersi attenuto all’insegnamento desumibile al riguardo da arresti di questo Supremo Collegio e di non aver azionato i suoi poteri istruttori officiosi, se ritenuti non sufficienti i dati fattuali a sua disposizione.

Il ricorrente non si confronta specificatamente con l’osservazione della Corte capitolina – fondante la ratio decidendi sul punto – che i motivi di gravame al riguardo esposti erano generici e nemmeno argomenta per superare l’insegnamento costante di questa Suprema Corte che in caso di non credibilità non concorre alcun onere del Giudice di attivare il proprio potere istruttorio officioso – da ultima Cass. sez. 1 n. 10286/20.

L’ O. poi denunzia con il terzo motivo di ricorso la violazione del disposto D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, motivazione apparente, omessa applicazione dell’art. 10 Cost., nonchè contraddittorietà tra le fonti citate e le conclusioni raggiunte, in quanto il Collegio romano non ebbe a riconoscere il suo diritto alla protezione sussidiaria.

Anche detta censura appare generica posto che l’argomento critico svolto si compendia nella ritrascrizione di stralci dei rapporti, redatti dagli Organismi internazionali, dai quali la Corte territoriale ha desunto le informazioni utilizzate nella sentenza impugnata; nella ritrascrizione di norme di legge e nell’evocazione di arresti giurisprudenziali in materia per sostenere che la motivazione resa dalla Corte di merito è apparente o comunque errata.

In realtà le informazioni desumibili dai passi ritrascritti dei rapporti informativi – afferenti altre zone della Nigeria – appaiono coerenti con la motivazione della Corte capitolina, posto che confermano come nella specifica zona di Benin City – dove il ricorrente viveva – non concorre una situazione socio-politica connotata da violenza diffusa secondo l’accezione assegnata a detto concetto dalla Corte Europea ed utilizzata dalla Corte romana.

Dunque non solo la motivazione esposta nella decisione impugnata, all’evidenza, non può definirsi apparente, ma l’argomento critico sviluppato si limita a prospettare una valutazione alternativa, così tendendo ad ottenere da questa Corte di legittimità un’inammissibile valutazione circa il merito della causa.

Con il quarto mezzo d’impugnazione il ricorrente rileva l’erronea applicazione delle norme D.Lgs. n. 286 del 1998, ex art. 5, comma 6 e art. 19 e l’omessa applicazione dell’art. 10 Cost..

L’argomentazione critica svolta nel ricorso prescinde dalla motivazione esposta dal Collegio romano con riguardo alla domanda tesa al riconoscimento della protezione umanitaria, posto che si incentra sull’esposizione della configurazione astratta dell’istituto; su richiami di arresti giurisprudenziali e sulla ritrascrizione di articoli di legge per concludere apoditticamente che sul punto la Corte capitolina ha errato nella sua statuizione.

Viceversa il Collegio romano ha puntualmente dato atto che, con riguardo al rigetto della domanda di riconoscimento della protezione umanitaria operato dal Tribunale, l’ O. non ebbe a proporre alcuna argomentazione critica – pur essendo stato operato cenno a tale domanda nelle conclusioni presenti in atto d’appello – con il gravame, sicchè la questione non risultava devoluta al Giudice dell’appello.

Il ricorrente non censura in alcun modo detta motivazione, sicchè il mezzo d’impugnazione svolto appare inammissibile.

Alla declaratoria d’inammissibilità del ricorso non segue, ex art. 385 c.p.c., la condanna del ricorrente alla rifusione delle spese di questo giudizio di legittimità in favore dell’Amministrazione poichè il controricorso non presenta il contenuto processuale tipico di detto atto.

Concorrono in capo al ricorrente le condizioni processuali per l’ulteriore pagamento del contributo unificato.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nell’adunanza di Camera di consiglio, il 13 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 21 gennaio 2021

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