Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12568 del 17/06/2015


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 12568 Anno 2015
Presidente: BIANCHINI BRUNO
Relatore: FALASCHI MILENA

ORDINANZA
sul ricorso 5905-2012 proposto da:
PESA VENTO GIANLUCA (PSVGLC65B25L7811K) elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA PRINCIPE UMBERTO 35, presso lo
studio dell’avvocato GIORGIO LOMBARDI, che lo rappresenta e
difende unitamente all’avvocato GIORGIO PESAVENTO, giusta
mandato a margine del ricorso;
– ricorrente contro
MINISTERO DELL’INTERNO 80185690585 in persona del
Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende, ope legis;
– controricorrente –

Data pubblicazione: 17/06/2015

avverso la sentenza n. 2679/2011 del TRIBUNALE di BRESCIA del
21.6.2011, depositata 11 22/08/2011;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
05/03/2015 dal Consigliere Relatore Dott. MILENA FALASCHI;
udito per il ricorrente l’Avvocato Giorgio Lombardi che si riporta agli

CONSIDERATO IN FATTO
Con sentenza n. 2679 del 2011 (depositata il 22 agosto 2011) il Tribunale di
Brescia respingeva l’appello proposto da Gianluca PESAVENTO nei confronti
del Ministero dell’interno avverso la sentenza n. 403 del 25.02.2010 del Giudice
di pace di Brescia, confermando il rigetto dell’opposizione proposta ex art. 22
legge n. 689/1981 dall’appellante avverso il verbale di accertamento n.
1260001025540 (del 14.09.2009) dagli agenti della Polizia Stradale di Brescia
evocato, relativo alla violazione dell’art. 126 bis C.d.S., per non avere
ottemperato, senza giustificato motivo, all’invito di fornire le indicazioni sui dati
personali e sulla patente di guida di colui che in data 02.05.2009 conduceva il
veicolo targato DM 281 AV di proprietà dell’intimato.
Il PESAVENTO ha proposto ricorso per cassazione (notificato il 23.02.2012 e
depositato il 13.03.2012) nei riguardi della predetta sentenza formulando un
unico motivo, con il quale ha lamentato la violazione e falsa applicazione dell’art.
126 bis C.d.S..
L’Amministrazione intimata ha resistito con controricorso.
Il consigliere relatore, nominato a norma dell’art. 377 c.p.c. ha depositato la
relazione di cui all’art. 380 bis c.p.c. proponendo la reiezione del ricorso.

RITENUTO IN DIRITTO
Vanno condivise e ribadite le argomentazioni e le conclusioni di cui alla relazione
ex art. 380 bis c.p.c. che di seguito si riporta: ‘L’unico motivo di ricorso, con il quale,
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scritti.

denunciando violazione dell’art. 126 bis C.d.S. in relazione all’art. 360 n. 3 cp.c., il
ricorrente lamenta che erroneamente il giudice del gravame ha dichiarato la responsabilità
dell’intimato in assenza di invio dei dati personali e della patente del conducente al momento
della commissione della violazione contestata, dal momento che egli aveva risposto all’invito
rivoltogli nferendo che in quella data la sua vettura era stata utilizzata dalla coniuge e dal

non era in grado di effettuare una verifica al riguardo, appare non fondato.
In tema di violazioni al codice della strada, integra l’ipotesi di illecito amministrativo previsto
dal combinato disposto degli artt. 126 bis e 180 C.d.S. l’omessa collaborazione che il cittadino
deve prestare all’autorità amministrativa al fine di consentirle l’attuazione dei necessari e
previsti accertamenti per l’espletamento dei servizi di polizia stradale.
La vigente normativa di cui alla legge n. 286 del 2006 (applicabile ratione temporis),
sopravvenuta a seguito dell’intervento della Corte Costituzionale (sent. 12 gennaio 2005 n.
27), dopo aver eliminato, al quarto periodo del secondo comma dell’art. 126 bis C.d.S., la
previsione della riduzione dei punti-patente in danno del proprietario del veicolo, ha n’affermato
a carico dello stesso l’onere della comunicazione dei dati del conducente, stabilendo il termine dei
sessanta giorni dalla notificazione del verbale, ha, poi, anche ribadito, nella modificazione del
sesto periodo, l’illiceità di per se stessa dell’omessa comunicazione, sanzionandola
autonomamente con il pagamento d’una somma da 6. 250,00 ad 6. 1.000,00.
Al riguardo, questa corte ha ripetutamente evidenziato che, in tema di violazioni al codice della
strada, l’ipotesi dell’illecito amministrativo previsto dal disposto dell’art. 126 bis Cd. 5.,
comma 2 (concetto che vale anche per l’art. 164 legge n. 286 del 2006), va intesa nel senso che
il legislatore ha ritenuto di sanzionare l’omissione della collaborazione che il cittadino – ed, in
particolare, il proprietario del veicolo in quanto titolare della disponibilità di esso e quindi
responsabile dell’immissione dello stesso nella circolazione – deve prestare all’autorità preposta
alla vigilanza sulla circolazione stradale al fine di consentirle di procedere agli accertamenti
necessari per l’espletamento dei servizi di polizia amministrativa e giudiziaria, dovendosi tener
conto che la violazione delle norme del C.d.S. può assumere rilevanza non solo amministrativa
ma anche penale.
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fratello in viaggio, i quali si erano alternati alla guida, senza che però egli fosse presente, per cui

Interpretnione che trova conferma anche nella lettura della richiamata sententi n. 27 / 2005
della Corte Costitnionale, nella quale non va, infatti, confusa la valutazione della parte del
secondo comma dell’art. 126 bis C.d.S. – come modificato dal DI— 27 giugno 2003, n. 151 a
sua volta modOcato dalla legge di conversione 1 agosto 2003, n. 214 – dichiarata
incostitnionale, che era quella in cui veniva comminata la ridnione dei punti della patente a

con la valutnione d’altra parte della stessa norma, che è quella rilevante nel presente giudkio,
non solo non dichiarata incostitnionale, ma la legittimità della cui applicazione che è stata,
espressamente affermata dal giudice delle leggi che, a conclusione della motivazione, si è
testualmente espresso nel senso che: “L’accoglimento della questione di legittimità costituzionale,
per violnione del principio di ragionevoleua, rende, tuttavia, necessario precisare che nel caso
in cui il proprietario ometta di comunicare i dati personali e della patente del conducente, trova
applicazione la sanione pecuniaria di cui all’art. 180 C.d.S., comma 8″.
Nella specie il giudice del gravame ha fatto corretta applicnione della citata norma del codice
della strada posta a base dell’infrazione contestata al ricorrente.
Il proprietario del veicolo, infatti, in quanto responsabile della circolazione dello stesso nei
confronti delle pubbliche amministrnioni non meno che dei teqi, è tenuto sempre a conoscere
l’identità dei soggetti ai quali ne affida la conduzione, onde dell’eventuale incapacità di
identificare detti soggetti necessariamente risponde, nei confronti delle une per le sanioni e degli
altri per i danni, a titolo di colpa per negligente osservanza del dovere di vigilare
sull’affidamento in guisa da essere in grado d’adempiere al dovere di comunicare l’identità del
conducente (in tal senso, v. Cass. 12 giugno 2007 n. 13748; Cass. 24 aprile 2008 n. 10786;
Cass. 8 agosto 2007 n. 17348).
L’argomentazione di avere comunque ottemperato all’obbligo di comunica ione mediante la
dichiarazione di non essere in grado di fornire il nominativo del reale conducente del suo veicolo
al momento dell’accertamento è parimenti del tutto priva di pregio, basandosi su una lettura
della norma incompatibile tanto con il suo tenore letterale, quanto con la sua chiara ratio
giustificatrice, rappresentata dall’obiettivo di individuare e quindi sanionare il reale

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carico del proprietario del veicolo che non fosse stato anche responsabile dell’infrnione stradale,

trasgressore della violaione, da cui emerge chiaramente che l’obbligo in parola può considerarsi
assolto soltanto con la comunicazione completa delle informnioni richieste.
Per completeua si rileva che il PESA VENTO non risulta avere contestato la legittimità
dell’accertamento della contestnione dell’illecito presupposto ovvero il procedimento di
irrognione della relativa sanzione amministrativa, circostanza che concorre ad avvalorare la

comunicazione dei dati relativi al conducente dedotta dal ricorrente.”.
Gli argomenti e le proposte contenuti nella relazione di cui sopra sono condivisi
dal Collegio, non risultando in alcun modo contrastati dalle ulteriori
considerazioni svolte da parte ricorrente nella memoria ex art. 378 c.p.c., con la
quale — nella sostanza – si insiste affinchè vengano definiti i requisiti per ritenere
assolto l’obbligo di collaborazione del cittadino, giacchè non tiene conto che la
responsabilità per violazione dell’obbligo della comunicazione di cui all’art. 126
bis C.d.S. è definito dalla stessa legge, per cui non si pone un problema di
esigibilità. In altri termini, il proprietario del veicolo in quanto responsabile della
circolazione dello stesso nei confronti delle pubbliche amministrazioni non
meno che dei terzi, è tenuto sempre a conoscere l’identità dei soggetti ai quali ne
affida la conduzione, onde dell’eventuale incapacità d’identificare detti soggetti
necessariamente risponde, nei confronti delle une per le sanzioni e degli altri per
i danni, a titolo di colpa per negligente osservanza del dovere di vigilare
sull’affidamento in guisa da essere in grado d’adempiere al dovere di comunicare
l’identità del conducente. La questione non impinge, dunque, sui principi
regolatori dell’obbligo, posto per il cittadino dall’art. 180 C.d.S., di collaborare
con l’autorità al fine di consentirle di effettuare i necessari e previsti accertamenti
per l’espletamento dei servizi di polizia stradale.
Il ricorso va, pertanto, respinto.
Le spese del giudizio di Cassazione, come liquidate in dispositivo, seguono la
soccombenza.

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corretteua della decisione del giudice di merito che ha disatteso la giustifinnione dell’omessa

P.Q.M.

La Corte, rigetta il ricorso;
condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di Cassazione che
liquida in complessivi €. 700,00, oltre a spese prenotate e prenotande a debito.

2015.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 2^ Sezione Civile, il 5 marzo

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