Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12567 del 21/08/2019

Cassazione civile sez. lav., 21/08/2019, (ud. 12/06/2019, dep. 21/08/2019), n.21567

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 1793-2013 proposto da:

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, C.F. (OMISSIS), in

persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso

l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli

Avvocati ANTONIETTA CORETTI, EMANUELE DE ROSE, VINCENZO STUMPO,

VINCENZO TRIOLO;

– ricorrente –

contro

T.G.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 7444/2011 della CORTE D’APPELLO di BARI,

depositata il 05/01/2012 R.G.N. 1680/2006;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

12/06/2019 dal Consigliere Dott. DANIELA CALAFIORE;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

VISONA’ Stefano, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;

udito l’Avvocato ANTONIETTA CORETTI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Corte d’appello di Bari, con la sentenza n. 7444 del 2011, in parziale riforma della decisione di primo grado, che aveva dichiarato cessata la materia del contendere relativamente alla domanda proposta da T.G. tesa alla condanna dell’INPS alla rivalutazione monetaria dell’indennità di disoccupazione agricola per l’anno 1991, nonchè al pagamento delle spese del giudizio liquidate in complessivi Euro 225,00, oltre accessori di legge, ha confermato tale statuizione e condannato l’Istituto a corrispondere al T. “gli interessi anatocistici, maturati sugli interessi di legge già corrisposti dall’Istituto al momento dell’erogazione della prestazione principale richiesta, dal di dell’iniziale domanda giudiziale sino al soddisfo”, compensando tra le parti le spese del giudizio di appello.

2. Contro questa sentenza propone ricorso per cassazione l’INPS sulla base di un motivo. In data 27 settembre 2013, il procuratore dell’INPS ha depositato nota inviata da T.G., con allegata copia della denuncia – querela presentata alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Trani, con la quale si denuncia la circostanza della totale falsità dell’apposizione della firma di procura indicata nel ricorso introduttivo del giudizio dal quale aveva tratto origine la sentenza del Tribunale di Trani impugnata, apparentemente, dallo stesso T..

3. Il procedimento aperto nei confronti dell’avvocato L.O. è stato definito con sentenza della Corte d’appello di Bari n. 3722 del 2016 ed in data 10 gennaio 2019, l’Ufficio esecuzione penale presso la Corte d’appello di Bari ha restituito il fascicolo del presente giudizio già sottoposto a sequestro.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Preliminarmente va rilevato che non sortisce effetto sul presente giudizio la sentenza della Corte d’appello di Bari che ha definito con la declaratoria di prescrizione dei reati di cui agli artt. 81, cpv, 485, 493 bis e 481 c.p. e art. 61 c.p., n. 2, per apposizione di firma falsa in calce al mandato e falsità della relativa autenticazione, il procedimento aperto nei confronti del procuratore, in primo grado ed in appello, dell’odierno intimato. Infatti, seppure tale sentenza ha dichiarato di condividere le conclusioni del primo giudice in ordine alla commissione delle condotte oggetto di imputazione, è stata nondimeno pronunciata l’avvenuta prescrizione di tali reati per cui va fatta applicazione del principio secondo il quale con la sentenza dichiarativa di estinzione del reato per intervenuta prescrizione può dichiararsi la falsità di atti, ai sensi dell’art. 537 c.p.p., solo nel caso, qui non ricorrente, in cui dal testo della sentenza risulti il motivato accertamento della falsità (Cass. pen. 10039 del 2008; n. 7908 del 2015).

2. Con l’unico motivo di ricorso, il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 434 c.p.c. giacchè il motivo d’appello accolto dalla sentenza impugnata, relativo all’omessa pronuncia sulla domanda di condanna al pagamento degli interessi anatocistici, non era pertinente rispetto alla pronuncia di primo grado che aveva, su concorde richiesta delle parti, correttamente dichiarato cessata la materia del contendere.

3. Il ricorso è fondato alla luce dei precedenti di questa Corte costituiti da Cass. 25 novembre 2014, n. 25029, Cass. 20 gennaio 2014, n. 1042, Cass. 23 aprile 2012, n. 6358; Cass. 20 gennaio 2014, n. 1042; Cass. 14341 del 2016.

4. Deve rilevarsi che per la giurisprudenza di questa Corte, nel caso in cui il giudizio di primo grado si sia concluso con sentenza dichiarativa della cessazione della materia del contendere, la parte che in appello contesti il decisione del giudice per questioni di merito ha l’onere di censurare preliminarmente la pronunzia di cessazione della materia del contendere, deducendone la mancanza dei presupposti, essendole altrimenti precluso, per difetto di interesse, ogni altro motivo di impugnazione, essendo ormai divenuta definitiva la pronunzia di primo grado per difetto di impugnazione (v. Cass. 26 luglio 2010, n. 17497, in controversia analoga alla presente, la quale richiama ulteriore conforme giurisprudenza).

5. Nel giudizio di appello l’assicurato si è sottratto a questo onere, non muovendo nessuna idonea censura contro la statuizione di cessazione della materia del contendere effettuata dal primo giudice e, pertanto, non avrebbe potuto contestare la mancata concessione degli accessori del credito originariamente vantato.

4 – In conclusione il ricorso va accolto; la sentenza impugnata va cassata senza rinvio giacchè il processo non poteva essere proseguito in grado d’appello in carenza di impugnazione della pronuncia di cessazione della materia del contendere ai sensi dell’art. 382 c.p.c., comma 3.

5 – Quanto alla regolamentazione delle spese, il comportamento processuale della parte intimata, che nulla ha opposto ai rilievi dell’Istituto ricorrente, anche in ragione della querela presentata per denunciare la estraneità all’intero processo, consente di compensare tra le parti le spese del presente giudizio di legittimità e di quelle del grado di appello.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso e cassa senza rinvio la sentenza impugnata perchè il processo non poteva essere proseguito; compensa le spese del grado d’appello e del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 12 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 21 agosto 2019

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