Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12566 del 21/08/2019

Cassazione civile sez. lav., 21/08/2019, (ud. 28/05/2019, dep. 21/08/2019), n.21566

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 555/2014 proposto da:

C.A., domiciliato ope legis presso la Cancelleria della

Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dall’Avvocato MAURO

VECCHIETTI;

– ricorrente –

contro

I.N.A.I.L. – ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI

INFORTUNI SUL LAVORO, C.F. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore elettivamente domiciliato in ROMA, VIA IV

NOVEMBRE 144, presso lo studio dell’avvocato LUCIANA ROMEO, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato LUCIA PUGLISI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 52/2013 della CORTE D’APPELLO di TRENTO,

depositata il 08/07/2013 R.G.N. 108/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

28/05/2019 dal Consigliere Dott. ROSSANA MANCINO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

VISONA’ Stefano, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato EMILIA FAVATA per delega Avvocato LUCIA PUGLISI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza in data 8 luglio 2013, la Corte di appello di Trento ha confermato la decisione di primo grado che aveva rigettato la domanda proposta dall’assicurato per il riconoscimento dell’incremento del grado di invalidità permanente entro il decennio dall’infortunio per il quale godeva di rendita, per inabilità permanente dell’11 per cento, dichiarata cessata dall’INAIL per il consolidamento, alla scadenza del decennio, del predetto gradiente invalidante.

2. La Corte di merito ha ritenuto che dalla violazione dell’art. 195 c.p.c., comma 3, non fosse derivato alcun vulnus al diritto di difesa o al contraddittorio, per avere la difesa dell’attuale ricorrente, pur in difetto di invio della bozza della relazione peritale al difensore prima del deposito in cancelleria, compiutamente svolto, a verbale, in udienza, le relative contestazioni, incentrate su questioni già esaminate nell’elaborato peritale – alle quali l’ausiliare, nel primo grado di giudizio aveva dato compiuta risposta – e non supportate, con il gravame, da ulteriori argomenti tecnici; quanto alla verifica, alla scadenza decennale dei termini di revisione, degli esiti permanenti conseguiti all’infortunio sul lavoro occorso nel febbraio del 1997, ha ritenuto non esservi stata alcuna pretermissione per avere il consulente officiato in giudizio escluso che il denunciato accorciamento dell’arto fosse da ricondurre ai postumi dell’infortunio subito e che, in riferimento a tale conclusione, nessuna motivata censura fosse stata svolta; ha ritenuto, inoltre, motivatamente e clinicamente chiarita la non riconducibilità all’infortunio della lassità legamentosa del ginocchio sinistro sulla scorta dei certificati prodotti, senza contestazioni, al riguardo, dell’assicurato; quanto alla incontroversa compromissione, a seguito dell’infortunio, della funzionalità dell’arto sinistro ha concluso per la non riconducibilità alla pregressa patologia congenita e a ingravescenti conseguenze dell’infortunio trattandosi dell’estrinsecazione sintomatologica della parafisiologica maggior usura dell’organismo, in generale, e dell’apparato osteo-artro-muscolare, in particolare, verosimilmente condizionata dalla presenza, fin dall’età infantile, degli esiti della poliomielite per i quali era già stato riconosciuto invalido civile nella misura del 60 per cento.

3. Avverso tale sentenza ricorre C.A., con ricorso affidato a due motivi, cui resiste, con controricorso, l’INAIL, ulteriormente illustrato con memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

4. Con i motivi di ricorso la parte ricorrente deduce violazione dell’art. 195 c.p.c., comma 3, artt. 101 e 112 c.p.c. e censura la sentenza impugnata per non avere dichiarato la nullità della consulenza tecnica per violazione del principio del contraddittorio e della pienezza della facoltà difensiva (primo motivo); vizio di motivazione su un punto essenziale della controversia determinante ai fini del decidere, per avere la Corte di merito aderito alle conclusioni del consulente officiato in giudizio e da questi rassegnate senza considerare i rilievi mossi nel verbale d’udienza in tal modo privando di logicità il percorso argomentativo seguito dall’ausiliare.

5. Il primo motivo è da rigettare.

6. La Corte di merito ha preso atto della regola processuale che si assume violata e ha positivamente riconosciuto essersi svolto contraddittorio e attività difensiva dell’assicurato, motivando specificamente, in adesione ai rilievi svolti con dovizia di argomentazioni dal consulente officiato in giudizio.

7. Questa Corte ha chiarito (v., fra le tante, Cass. n. 23493 del 2017, Cass. n. 21984 del 2018 e i precedenti ivi citati) che il comma 3 dell’art. 195 c.p.c., come sostituito dal comma 5 della L. n. 69 del 2009, art. 46, ha introdotto una sorta di sub procedimento nella fase conclusiva della consulenza tecnica d’ufficio, regolando, attraverso scansioni temporali rimesse alla concreta determinazione del giudice, i compiti dell’ausiliare officiato in giudizio e le facoltà difensive delle parti nel momento del deposito della relazione scritta.

8. La novella ha perseguito l’obiettivo di garantire la piena esplicazione di un contraddittorio tecnico e, quindi, del diritto di difesa delle parti anche nella fase dell’elaborazione dei risultati dell’indagine peritale.

9. La dialettica tra l’ausiliario officioso e gli esperti di fiducia delle parti si realizza, così, in maniera anticipata rispetto alla sottoposizione degli esiti peritali al giudice, consentendogli di esercitare un effettivo esercizio della funzione di peritus peritorum e di conoscere già all’udienza successiva al deposito della relazione i rilievi delle parti, nonchè le repliche e controdeduzioni del consulente d’ufficio, con conseguente accelerazione dei tempi del processo.

10. Nei richiamati arresti si è aggiunto che l’omesso invio da parte del consulente tecnico della bozza della relazione alla parte, in quanto posta a presidio del diritto di difesa, integra un’ipotesi di nullità della consulenza, a carattere relativo e quindi assoggettata al rigoroso limite preclusivo di cui all’art. 157 c.p.c., sicchè, al pari della mancata comunicazione alle parti della data di inizio delle operazioni peritali o attinente alla loro partecipazione alla prosecuzione delle operazioni, tale nullità resta sanata se non eccepita nella prima istanza o difesa successiva al deposito.

11. La nullità derivante dal mancato invio della bozza alle parti è suscettibile anche di sanatoria per rinnovazione, potendo il contraddittorio sui risultati dell’indagine essere recuperato dal giudice e ripristinato successivamente al deposito della relazione, in modo da potere comunque, all’esito, esercitare con piena cognizione di causa i poteri attribuiti ai sensi dell’art. 196 c.p.c., vale a dire valutare la necessità o l’opportunità di assumere chiarimenti dall’ausiliare, disporre accertamenti suppletivi o addirittura la rinnovazione delle indagini o la sostituzione del consulente.

12. Nella specie tale sanatoria si è verificata con le osservazioni, verbalizzate all’udienza di discussione della causa, prese in esame dalla Corte di merito con analitica motivazione e accertamento in fatto, insindacabile in sede di legittimità e non incrinata in alcun modo dall’assunto difensivo del mancato contraddittorio tecnico con l’ausiliare in ragione della minor capacità di interlocuzione del difensore, come tale sprovvisto del bagaglio di cognizioni mediche proprie di un ausiliario tecnico di parte.

13. Quanto alle ulteriori censure che investono la consulenza tecnica, deve richiamarsi la costante giurisprudenza di legittimità in tema di nullità della consulenza tecnica d’ufficio – ivi compresa quella dovuta all’eventuale allargamento dell’indagine tecnica oltre i limiti delineati dal giudice o consentiti dai poteri che la legge conferisce al consulente – e del carattere relativo della nullità che deve essere fatta valere nella prima istanza o difesa successiva al deposito della relazione, restando altrimenti sanata, con la conseguenza che non può essere denunciata come motivo d’impugnazione della sentenza (cfr., fra le tante, Cass. n. 21149 del 2013; Cass. n. 21984 del 2018).

14. Nella specie, parte ricorrente non ha nè dedotto, nè precisato se e quando sarebbe stata eccepita la nullità della consulenza tecnica di talchè la censura difetta, sotto quest’ultimo profilo, del requisito di specificità necessario per apprezzarne l’incidenza sul processo.

15. Infine, quanto alla mancata considerazione dei rilievi controperitali contenuti nel verbale di causa va ribadito che quando il giudice del merito aderisce alle conclusioni del consulente tecnico d’ufficio che, nella relazione e nei chiarimenti resi in udienza sulla relazione già depositata, abbia tenuto conto, replicandovi, dei rilievi dei consulenti di parte, esaurisce l’obbligo della motivazione con l’indicazione delle fonti del suo convincimento.

16. Non è, quindi, necessario che il giudice si soffermi anche sulle contrarie allegazioni dei consulenti tecnici di parte che, seppur non espressamente confutate, restano implicitamente disattese perchè incompatibili con le conclusioni tratte e, in tal caso, le critiche di parte protese verso un riesame degli elementi di giudizio già valutati dal consulente tecnico, si risolvono in mere argomentazioni difensive.

17. Il secondo motivo è inammissibile per l’assorbente rilievo che, in virtù del combinato disposto del nuovo testo dell’art. 360 c.p.c. e dell’art. 348-ter c.p.c., commi 4 e 5 (come, rispettivamente, modificato e introdotto dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, convertito in L. 7 agosto 2012, n. 134, applicabile, ai sensi del comma 3 dell’art. 54 alle sentenze pubblicate dal trentesimo giorno successivo a quello di entrata in vigore della legge di conversione del decreto, cioè alle sentenze pubblicate dal 12 settembre 2012 e, quindi, anche alla sentenza della cui impugnazione si discute), il motivo previsto dall’art. 360 c.p.c., n. 5, non è spendibile – al di fuori dei casi di cui all’art. 348-bis c.p.c., comma 2, lett. a) – in ipotesi di doppia pronuncia conforme di merito, come avvenuto nella presente controversia (cfr., fra le tante, Cass. n. 13580 del 2015).

18. In definitiva, il ricorso è da rigettare.

19. Le spese del giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

20. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, sussistono i presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso ex art. 13, comma 1-bis.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate in Euro 200,00 per esborsi, Euro 3.500,00 per compensi professionali, oltre quindici per cento spese generali e altri accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, sussistono i presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso ex art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 28 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 21 agosto 2019

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