Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12563 del 17/06/2015


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 12563 Anno 2015
Presidente: PICCININNI CARLO
Relatore: BIELLI STEFANO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
AGENZIA

DELLE 1ENTRATE, in persona del Direttore generale pro

tempore,

domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, presso l’Avvocatura
generale dello Stato, che la rappresenta e difende

ricorrente

contro

Anna Rita LATTANZI, residente a Tivoli , via Montanara, senza numero
civico, rappresentata e difesa in primo grado dall’avvocato Lorenzo
Letti, con studio in Roma, via Romeo Romei n. 23
– Intimata –

avverso la sentenza n. 21/21/07 della Commissione tributaria regionale
del Lazio, depositata il 3 aprile 2007, non notificata;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 5

Data pubblicazione: 17/06/2015

V

maggio 2015 dal consigliere dottor Stefano Bielli;
udito, per la ricorrente, l’avvocato dello Stato Carla Colelli, che ha
chiesto l’accoglimento del ricorso;
udito il P.M., nella persona del sostituto Procuratore generale

ricorso
Ritenuto in fatto
1.— Con sentenza n. 21/21/08, depositata il 3 aprile 2007 e non notificata, la Commissione
tributaria regionale del Lazio (hinc: «CTR») rigettava l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate,
nei confronti di Anna Rita Lattanzi avverso la sentenza n. 713/29/2002 della Commissione
tributaria provinciale di Roma (hinc: «CTP») e compensava le spese di lite.
Il giudice di appello premetteva che: a) l’Agenzia delle entrate, in relazione all’impresa di
pulizie esercitata dalla Lattanzi, a séguito del rinvenimento presso la sede aziendale di un
brogliaccio dal quale emergevano maggiori ricavi non dichiarati e costi non deducibili, aveva
notificato due avvisi di accertamento per l’IRPEF e l’ILOR del 1995 e del 1996, nonché due avvisi
di rettifica per l’IVA del 1995 e del 1996; b) la CTP, riuniti i quattro ricorsi, aveva accolto
l’impugnazione proposta dalla contribuente avverso i predetti avvisi, rilevando che l’ufficio
tributario non aveva considerato gli emolumenti per il personale posti a base dei ricavi non
dichiarati; c) avverso la sentenza di primo grado l’Agenzia delle entrate aveva proposto appello,
sottolineando: c.1) l’esistenza di con-ispettivi incassati a fronte di servizi di pulizia effettuati ma non
documentati; c.2) la «coincidenza» con i costi in nero solo per il 1995, ma non per il 1996; c.3) la
«pretestuosità» dei lavori fatti eseguire da terzi, «segnalando» i nominativi «agli amministratori» e
«riscuotendo per loro»; c.4) l’irrilevanza dei costi per l’IVA; d) la contribuente non si era costituita
in appello.
Su queste premesse, la CTR motivava il rigetto dell’appello con i seguenti rilievi: a) come
affermato dalla CTP, gli avvisi avrebbero dovuto considerare (per logica ed equità) i costi non
contabilizzati relativi al personale, sulla base dei quali i verbalizzanti avevano calcolato i ricavi non
dichiarati; b) in considerazione di tali costi, nel 1995, risultava evidente un minor reddito d’impresa
(maggiori ricavi per lire 32.818,000; costi di personale non contabilizzati per lire 35.828.352); c)
l’ufficio tributario era perciò incorso in un grave errore, tale da inficiare tutti gli accertamenti.
2,— Avverso la sentenza di appello, l’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per
cassazione affidato a tre motivi, notificato il 19 maggio 2008 ed illustrato da memoria depositata ai

dottoressa Anna Maria Soldi, che ha concluso per l’accoglimento del

sensi dell’art. 378 cod. proc. civ..
3.—L’intimata Anna Rita Lattanzi non ha svolto attività difensiva.
Considerato in diritto
1.—Con il primo motivo del ricorso, corredato da quesito di diritto, l’Agenzia delle entrate
denuncia — in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. — la violazione e falsa
applicazione degli artt. 39, primo comma, lettera d), del d.P.R. n. 600 del 1973 e 54 del d.P.R. n.

retribuzione per l’attività lavorativa svolta “in nero” da personale dipendente e risultanti dal
brogliaccio rinvenuto in azienda non dovevano essere considerati dall’ufficio tributario, abilitato (in
base al principio di tipicità degli atti di accertamento) all’accertamento dei maggiori ricavi e non a
rettificare la dichiarazione dei redditi in favore del contribuente, riducendo l’imponibile dei costi
non riportati nella contabilità ufficiale.
1.1.— Il motivo è inammissibile, perché non individua l’enunciazione di diritto posta a base
della decisione. La CTR, infatti, non afferma (come invece ritiene la ricorrente) che
l’amministrazione finanziaria nell’accertare i maggiori ricavi in base a documentazione
extracontabile deve anche rettificare la dichiarazione dei redditi in favore del contribuente,
riducendo l’imponibile dei costi non contabilizzati. Afferma, invece (richiamando la decisione della
CTP), che «è necessario», per detta amministrazione, «tener conto di quei costi che, accertati
dall’ufficio, abbiano costituito la base» per l’accertamento «di ulteriori ricavi». In altri termini, per
la CTR, la stessa amministrazione finanziaria, basando il proprio accertamento sui costi “in nero”
del personale dipendente risultanti dalla documentazione extracontabile (brogliaccio) rinvenuta
nell’azienda e prospettando i non dichiarati ricavi come una elaborazione desunta proprio da quei
costi, attesterebbe implicitamente (da intendersi: ai fini dell’IRPEF e dell’ILOR) l’esistenza, la
certezza e l’ inerenza di tali spese per lavoratori dipendenti.
L’Agenzia delle entrate, pertanto, censura sotto il profilo della violazione di legge
un’affermazione non contenuta nella sentenza di appello. Ove la ricorrente avesse voluto, invece,
evidenziare che l’accertamento è basato non solo su una percentuale di ricarico applicata sui costi
“in nero” dei lavoratori dipendenti, ma anche (od esclusivamente) su altri dati extracontabili
(nominativi di clienti e di dipendenti; somme ricevute come compensi; somme corrisposte a terzi;
altro), avrebbe dovuto dedurre vizi motivazionali della sentenza di appello.
2.—Con il secondo motivo del ricorso, corredato da un “momento di sintesi”, la ricorrente
denuncia — in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ. — l’omessa motivazione su
fatti controversi e decisivi, in quanto la CTR si è limitata a rilevare la coincidenza dei costi non
contabilizzati con i ricavi non dichiarati per il 1995, senza però considerare che nel 1996 (come

633 del 1972, in quanto, contrariamente a quanto affermato dalla CTR, i costi derivanti dalla

evidenziato nell’atto di appello), a fronte di costi non riconosciuti per lire 5.036,680, risultavano
maggiori ricavi non registrati per ben lire 81.136.807 . La ricorrente deduce che, per tale omessa
valutazione di tutte le annualità, la CTR aveva incongruamente annullato non solo l’avviso di
accertamento relativo al 1995, ma anche quello relativo al 1996.
2.1.— Il motivo è fondato. La CTR, pur esattamente affermando che (nella determinazione
del reddito ai fini dell’IRPEF e dell’ILOR) l’Agenzia delle entrate doveva tener conto anche dei

esclusivamente per il 1995, senza considerare che — come a suo tempo dedotto dall’appellante —
sussisteva comunque un maggior reddito nel 1996, anche a tener conto dei costi “in nero” di
personale per tale anno.
Sul punto, pertanto, la sentenza va cassata e la CTR (in diversa composizione) dovrà
procedere ad un nuovo esame, valutando, per l’avviso accertamento ai fini IRPEF ed ILOR per il
1996, anche i costi “in nero” di personale ed i ricavi non dichiarati per lo stesso anno.
3.—Con il terzo motivo del ricorso, corredato da quesito di diritto, l’Agenzia delle entrate
denuncia — in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. — la violazione e falsa
applicazione degli artt. 19 e 54 del d.P.R. n. 633 del 1972, perché la CTR (nell’annullare anche gli
avvisi relativi all’IVA) non ha considerato che i costi del personale risultanti dal brogliaccio sono
comunque irrilevanti ai fini della rettifica delle dichiarazioni dell’IVA, perché integrano
controprestazioni corrisposte a lavoratori dipendenti che, per loro natura giuridica, non sono
assoggettabili ad IVA e non consentono detrazione d’imposta.
3.1.— Il motivo è fondato.
I costi sostenuti dall’impresa, ove si riferiscano ad operazioni non assoggettabili ad IVA (e,
quindi, con IVA non detraibile), non incidono sugli accertamenti dell’IVA stessa. In particolare, i
costi di personale dipendente (contabilizzati o no) non influiscono sull’imponibile IVA, in quanto
sono esclusi dall’imposizione i lavoratori dipendenti e, in genere, le persone vincolate al datore di
lavoro da un contratto di lavoro subordinato. Ne segue che, nella specie, i costi “in nero” di
personale dipendente sono irrilevanti ai fini degli impugnati avvisi di rettifica dell’IVA,
erroneamente annullati dalla CTR. Questa, infatti, non facendo applicazione del suddetto principio,
ha ritenuto illegittimi gli avvisi di rettifica IVA, affermando che non erano stati considerati
(evidentemente in diminuzione dell’imponibile IVA) i suddetti costi “in nero”.
4.—In conclusione, vanno accolti il secondo (relativo all’avviso di accertamento concernente
l’IRPEF e l’ILOR del 1996) ed il terzo motivo (relativo agli avvisi di rettifica concernenti l’IVA del
1995 e del 1996). Il primo motivo va, invece, dichiarato inammissibile. La causa va cassata in
relazione ai motivi accolti e rimessa alla CTR per una nuova valutazione e per la liquidazione delle

maggiori costi “in nero” per personale dipendente, ha però motivato l’inesistenza di reddito

ESENTE DA REGISTItAZIOM
AI SENSI DEL D.P.R. 26/4/1986
N. 131 TAD. ALL. 8. – N. 5
MATERIATRIBUTARIA
spese di lite del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il secondo e terzo motivo di ricorso; dichiara inammissibile il primo; cassa, in
relazione ai motivi accolti, la sentenza impugnata e rinvia la causa ad altra sezione della
Commissione tributaria regionale del Lazio per un nuovo esame e per la liquidazione delle spese del
presente giudizio di legittimità..
Il Presidente

Il consigliere estensore

2

Cosi deciso in Roma, nella camera di consiglio della V sezione civile, il 5 maggio 2015.

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