Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12562 del 09/06/2011

Cassazione civile sez. lav., 09/06/2011, (ud. 20/04/2011, dep. 09/06/2011), n.12562

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIDIRI Guido – Presidente –

Dott. STILE Paolo – Consigliere –

Dott. CURCURUTO Filippo – Consigliere –

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

OSPEDALE CASA SOLLIEVO DELLA SOFFERENZA – I.R.C.C.S., in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA VERONA 9, presso lo studio dell’avvocato ROMANO GRANOZIO,

rappresentato e difeso dall’avvocato FINI LAZZARINO, giusta delega in

atti;

– ricorrente –

contro

D.C.F.P., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE

MAZZINI 6, presso lo studio dell’avvocato FOLLIERI ENRICO ANTONIO,

che lo rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– controricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 620/2009 della CORTE D’APPELLO di BARI,

depositata il 30/07/2009 R.G.N. 2211/05;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

20/04/2011 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE NAPOLETANO;

Udito l’Avvocato FINI LAZZARINO;

udito l’Avvocato D’ANTOONO GIULIO per delega FOLLIERI ENRICO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FINOCCHI GHERSI Renato che ha concluso per il rigetto di entrambi i

ricorsi.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Corte di Appello di Bari, riformando la sentenza di primo grado, accoglieva parzialmente la domanda di D.C.F.P., proposta nei confronti dell’Ospedale Casa di Sollievo della Sofferenza, avente ad oggetto il risarcimento del danno, concernente il periodo dal 1 giugno 1993 sino all’età in cui sarebbe andato in pensione (1 aprile 2013), di cui alla sentenza del Pretore di San Giovanni a Rotondo del 2 maggio 1986, passata in giudicato, con la quale esso D.C. era stato dichiarato vincitore del concorso pubblico per la copertura di un posto di primario presso il nominato Ospedale con condanna di quest’ultimo a procedere agli ulteriori adempimenti nonchè ai danni da liquidarsi in separata sede.

La Corte territoriale, innanzitutto, rilevava che la presente controversia seguiva ad altra, conclusasi con sentenza passata in giudicato, che, sullo stesso presupposto, aveva avuto ad oggetto il risarcimento dei danni per il periodo dal 12 agosto 1982 al 31 maggio 1993 nel corso del quale, essendo stata sancita da parte del giudice dell’esecuzione l’incoercibilità dell’obbligo posto a carico dell’Ospedale di riassumere il ricorrente, quest’ultimo aveva esteso la domanda del risarcimento dei danno anche al periodo successivo – ossia sino all’età pensionabile- ma la controparte non aveva accettato il contraddittorio sicchè la domanda rimaneva limitata all’originario periodo temporale. Pertanto riteneva la predetta Corte che, non essendovi identità di petitum e causa petendi – quella del presente giudizio era identificabile in una sorta di prolungamento della richiesta, doveva escludersi, contrariamente a quanto ritenuto dal giudice di primo grado – che sull’attuale richiesta di risarcimento del danno si era formato un giudicato in ordine al dedotto e deducibile. Relativamente alla quantificazione dei danni la Corte del merito, infine, osservava che poichè quella vantata, con il ricorso introduttivo, faceva riferimento alle differenze tra il trattamento percepito quale dipendente del servizio sanitario nazionale e quello superiore che avrebbe percepito quale primario dell’Ospedale convenuto, avendo il ricorrente risolto nel dicembre del 2005 il rapporto di lavoro alle dipendenze del detto servizio sanitario nazionale, il danno non poteva che, consequenzialmente, quantificarsi con riferimento a tale ultima data.

Avverso questa sentenza l’Ospedale in epigrafe ricorre in cassazione sulla base di un’unica censura.

Resiste con controricorso la parte intimata che propone a sua volta impugnazione incidentale assistita da un solo motivo, precisato da memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Va, preliminarmente, disposta la riunione dei ricorsi in quanto attengono alla impugnazione della stessa sentenza.

Con l’unico motivo del ricorso principale l’Ospedale in epigrafe deduce violazione dell’art. 2909 c.c. e vizio di motivazione.

Sostiene, in proposito, l’Ospedale ricorrente che erroneamente la Corte del merito ha respinto l’eccezione di giudicato non avvedendosi che la precedente controversia, rispetto alla presente, ha identità soggettiva (stesse parti) ed oggettiva avendo lo stesso petitum (danni) e causa petendi (obbligo di assunzione del dott. D.C. stabilito con sentenza).

Con il ricorso incidentale il D.C. denuncia omessa pronuncia su danni derivanti dalle differenze retributive sulla pensione e violazione della normativa pensionistica.

Richiama in proposito il ricorrente incidentale le osservazioni del CTP del 27 giugno 2007 nelle quali si faceva riferimento ai danni derivanti dalle predette differenze retributive agli effetti pensionistici, in ragione dei quali veniva chiesto il pagamento dell’ulteriore somma di Euro 203.478,63.

Venendo all’esame del ricorso principale, preliminarmente, va disattesa la eccezione d’inammissibilità di detto ricorso per violazione dell’art. 366 bis c.p.c..

Infatti, trattandosi di sentenza pubblicata il 30 luglio 2009, come riconosce lo stesso resistente nel controricorso, è applicabile ratione temporis la L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 47, comma 1, lett. d) che ha abrogato il precitato art. 366 bis c.p.c., trovando tale norma, ai sensi della citata L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 58, comma 5, applicazione relativamente alle controversie nelle quali il provvedimento impugnato con il ricorso per cassazione è stato pubblicato successivamente (ossia dal 4 luglio 2009) alla data di entrata in vigore della stessa L. n. 69 del 2009 (Cass. 13 gennaio 2010 n. 428).

Ciò nondimeno il ricorso principale è inammissibile a norma dell’art. 366 c.p.c., n. 6, così come modificato dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 5.

Invero, questa Corte ha ritenuto (Cass. S.U. 2 dicembre 2008 n. 28547, Cass. S.U. 23 settembre 2009 n. 20535 e Cass. S.U. 25 marzo 2010 n. 7161) che il requisito previsto dall’art. 366 c.p.c., n. 6, il quale sancisce che il ricorso deve contenere a pena d’inammissibilità la specifica indicazione degli atti processuali, dei documenti e dei contratti o accordi collettivi sui quali il ricorso si fonda, per essere assolto, “postula che sia specificato in quale sede processuale il documento è stato prodotto, poichè indicare un documento significa necessariamente, oltre che specificare gli elementi che valgono ad individuarlo, allegare dove nel processo è rintracciabile”. La causa di inammissibilità prevista dal nuovo art. 366 c.p.c., n. 6, ha chiarito inoltre questa Corte, è direttamente ricollegata al contenuto del ricorso, come requisito che si deve esprimere in una indicazione contenutistica dello stesso. Tale specifica indicazione, quando riguardi un documento, in quanto quest’ultimo sia un atto prodotto in giudizio, richiede che si individui dove è stato prodotto nelle fasi di merito e, quindi, anche in funzione di quanto dispone l’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, prevedente un ulteriore requisito di procedibilità del ricorso, che esso sia prodotto m sede di legittimità.

Applicando tali principi, che il Collegio in questa sede intende ribadire in ragione anche dei compiti di nomofilachia devoluti alla Corte di cassazione, al caso di specie emerge che non risulta specificata in quale sede processuale è rinvenibile la sentenza divenuta cosa giudicata sulla quale il ricorso si fonda. …

Del resto, secondo giurisprudenza di questa Corte, l’interpretazione del giudicato esterno va condotta alla stregua dell’esegesi delle norme, essendo pertanto sindacabili sotto il profilo della violazione di legge gli eventuali errori interpretativi, con la conseguenza che il giudice di legittimità può direttamente accertare l’esistenza e la portata del giudicato stesso con cognizione piena, che si estende al riesame, alla valutazione ed all’interpretazione degli atti processuali, richiedendosi però – affinchè possa ascriversi rilevanza espansiva al giudicato esterno, nei giudizi tra le stesse parti che derivino da una medesima situazione giuridica – la presenza in atti della sentenza che si intenda far valere, munita dell’attestazione dell’intervenuto passaggio in giudicato (per tutte V. Cass..9 settembre 2008 n. 22883).

Anche il ricorso incidentale è inammissibile, sia pure sotto un diverso profilo.

Infatti, è principio acquisito alla giurisprudenza della Cassazione che affinchè possa utilmente dedursi in sede di legittimità un vizio di omessa pronuncia, è necessario, da un lato, che al giudice di merito fossero state rivolte una domanda o un’eccezione autonomamente apprezzabili, e, dall’altro, che tali domande o eccezioni siano state riportate puntualmente, nei loro esatti termini, nel ricorso per cassazione, per il principio dell’autosufficienza, con l’indicazione specifica, altresì, dell’atto difensivo o del verbale di udienza nei quali le une o le altre erano state proposte, onde consentire al giudice di verificarne, in primo luogo, la ritualità e la tempestività, e, in secondo luogo, la decisività (Cass. S.U. 28 luglio 2005, n. 15781).

Orbene il ricorrente incidentale richiama a sostegno della denuncia di omessa pronuncia la relazione del consulente di parte nella quale viene sviluppato il calcolo concernente il danno derivante dalle differenze retributive sulla pensione, ma non precisa in quale atto processuale ed in quali termini è stata sviluppata la relativa domanda impedendo in tal modo qualsiasi sindacato di legittimità in ordine alla ritualità e tempestività della domanda di tale danno e, quindi, alla decisività della denuncia di omessa pronuncia.

Sulla base delle esposte considerazioni, in conclusione, i ricorsi vanno dichiarati inammissibili.

La reciproca soccombenza giustifica la compensazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

LA CORTE riuniti i ricorsi li dichiara inammissibili e compensa le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 20 aprile 2011.

Depositato in Cancelleria il 9 giugno 2011

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