Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12561 del 12/05/2021

Cassazione civile sez. I, 12/05/2021, (ud. 21/10/2020, dep. 12/05/2021), n.12561

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – rel. Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 199/2017 r.g. proposto da:

(OMISSIS) s.p.a., in liquidazione, in persona dei liquidatori p.t.,

rappresentata e difesa, giusta procura speciale apposta in calce al

ricorso, dall’Avvocato Wladimiro Manzione, con cui elettivamente

domicilia in Roma, Via Crescenzio n. 9, presso lo studio

dell’Avvocato Emilio Amato.

– ricorrente –

contro

FALLIMENTO (OMISSIS) s.p.a., in liquidazione, in persona dei curatori

p. t., rappresentato e difeso, giusta procura speciale apposta in

calce al controricorso, dall’Avvocato Nicola Rascio, con il quale

elettivamente domicilia in Roma, Via Boccioni n. 4, presso lo studio

dell’Avvocato Antonino Smiroldo;

– controricorrente –

contro

CONCORDATO (OMISSIS) in liquidazione; BIOPLASTIC s.r.l.;

– intimati –

avverso la sentenza della Corte di appello di Salerno, depositata in

data 15.11.2016;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

21/10/2019 dal Consigliere Dott. Roberto Amatore.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

1. La Corte di Appello di Salerno ha rigettato il reclamo proposto da (OMISSIS) s.p.a. in liquidazione (società costituita fra i Comuni dell’agro nocerino per la raccolta e il trattamento dei rifiuti) avverso la sentenza dichiarativa del suo fallimento, emessa dal Tribunale di Nocera Inferiore previa revoca, ai sensi della L. Fall., art. 173, della sua ammissione alla procedura di concordato preventivo.

La corte del merito ha in primo luogo ritenuto inammissibili o infondati i motivi di impugnazione sollevati in rito dalla reclamante (nullità della sentenza dichiarativa perchè emessa d’ufficio e da collegio diverso da quello che aveva trattenuto la causa in decisione; perchè pubblicata in data antecedente a quella di pubblicazione del decreto ex art. 173; per mancata riunione dei procedimenti; per violazione del contraddittorio; per difetto assoluto di motivazione); nel merito ha rilevato: che non ricorrevano le irregolarità procedimentali imputate ai commissari giudiziali; che i fatti che avevano dato luogo alla revoca dell’ammissione al concordato (omessa informazione delle delibere assunte dalla società, di distribuzione ed erogazione al socio privato GE.SE.NU. s.p.a., a liquidazione della sua quota, degli utili per oltre 800.000 Euro accantonati a riserva straordinaria; mancata indicazione nel piano concordatario del debito erariale per IVA c.d. “in sospensione”, poi divenuta esigibile; esposizione di un credito da rimborso IRES incerto; erronea valutazione del c.d. laboratorio fisso, stimato secondo indici di liquidazione non congrui) integravano altrettanti atti rilevanti ai sensi della L. Fall., art. 173; che sussisteva lo stato di insolvenza, atteso lo squilibrio fra attività e passività societarie: le prime erano infatti quasi esclusivamente rappresentate dal credito vantato da (OMISSIS) nei confronti del Comune di Nocera Inferiore, che però non poteva essere contabilizzato nell’originario ammontare, di oltre 17 milioni di Euro, per il quale la società aveva ottenuto un decreto ingiuntivo opposto dall’ente territoriale, sia perchè la sua consistenza si era ridotta per effetto dei pagamenti effettuati dal Comune in favore delle banche cessionarie che avevano anticipato alla creditrice l’importo delle fatture da questa emesse a suo carico, sia perchè in sede di opposizione l’ente aveva chiesto in via riconvenzionale la condanna di (OMISSIS). al pagamento delle penali pattuite per l’inadempimento, e che pertanto andava ridotto alla somma di 4.858.13,05 – concordata nell’ambito della transazione stragiudiziale stipulata inter partes il 10.1.2014 – del tutto insufficiente a coprire le passività, ammontanti a quasi 14 milioni di Euro; lo stato di insolvenza era inoltre provato dalla risalente e non reversibile situazione di illiquidità in cui versavano gli enti concedenti, nei cui confronti (OMISSIS) aveva accumulato crediti ingenti che non riusciva a riscuotere, dalla cronicizzazione dei debiti della società, destinataria di ben centonove provvedimenti monitori, nonchè dalla dichiarata inammissibilità di una precedente domanda di concordato dalla stessa presentata nel 2013.

2. La sentenza, pubblicata il 15.11.2016, è stata impugnata da (OMISSIS) con ricorso per cassazione, affidato a sei motivi, cui il Fallimento ha resistito con controricorso.

Le altre parti intimate non hanno svolto difese.

La ricorrente e il controricorrente hanno depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo (OMISSIS), deducendo violazione degli artt. 24 e 111 Cost., L. Fall., artt. 6, 15/18, 160/162, 166, e 173, nonchè degli artt. 112,132/133, 156/159, 275/276, 353-354 c.p.c., lamenta il rigetto da parte della corte territoriale delle eccezioni di nullità della sentenza dichiarativa del fallimento svolte in sede di reclamo. Contesta, in primo luogo, che potessero ritenersi inammissibili per suo difetto di interesse, siccome non comportanti la rimessione al tribunale, quelle attinenti al vizio di costituzione del giudice; deduce inoltre l’erroneità della decisione impugnata, in quanto: i) il fallimento era stato dichiarato in mancanza di istanza dei creditori, non potendosi tener conto di quella presentata da Bioplastic s.r.l., introduttiva di un separato procedimento prefallimentare; ii) il provvedimento di revoca del concordato era stato pubblicato dopo la sentenza e non era stato iscritto nelle 24 ore successive al R.I., per cui doveva ritenersi inesistente; iii) i due procedimenti (prefallimentare e di revoca L. Fall., ex art. 173), pendenti dinanzi a giudici diversi, non erano stati riuniti, sicchè il collegio che aveva emesso la sentenza aveva indebitamente esaminato, in difetto di contraddittorio, gli atti e i documenti versati nel secondo; iv) il ricorso per fallimento era stato trattato all’udienza del 28.2.014 da un collegio composto dai giudici M., F. e D. e alla stessa udienza il collegio si era riservata la decisione, mentre la sentenza era stata emessa dal collegio B., F., D.; vi) la sentenza era nulla per mancanza di motivazione.

1.2 Le numerose censure di cui si compone il motivo sono in parte inammissibili e in parte infondate.

1.2.1. Inammissibile è la doglianza che denuncia la mancanza di motivazione della sentenza dichiarativa.

E’ infatti principio cardine del nostro ordinamento che, salve le ipotesi di inammissibilità, improcedibilità o improponibilità del gravame, la sentenza d’appello ha effetto sostitutivo di quella di primo grado (nelle parti non coperte da giudicato) non solo in caso di sua riforma, ma anche in caso di sua conferma integrale o parziale (fra molte, Cass. nn. 29021/018, 9202/018, 9161/013).

L’appellante che abbia denunciato un vizio di nullità della sentenza impugnata non comportante la rimessione della causa al primo giudice (quale è quello di violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4), non ha pertanto interesse a dolersi, col ricorso per cassazione, del rigetto del relativo motivo: infatti, stante l’effetto sostitutivo della sentenza d’appello, ciò che unicamente rileva nel giudizio di legittimità è il se e il come il giudice di secondo grado (che non può limitarsi ad accertare la nullità, ma deve decidere nel merito) abbia esaminato le questioni rispetto alle quali il vizio era stato dedotto ed abbia pronunciato sulle stesse (cfr. Cass. n. 1323/018).

1.2.2. Parimenti inammissibile è la doglianza, genericamente formulata,con la quale si lamenta la violazione del contraddittorio per mancanza di un formale provvedimento di riunione del procedimento di concordato a quello prefallimentare, senza che sia indicato il concreto pregiudizio derivatone al diritto di difesa della ricorrente (cfr., fra molte, Cass. nn. 19759/2017; 26157/ 2014;. 4340/2010).

Sono peraltro circostanze non contestate da (OMISSIS): che essa presenziò all’udienza prefallimentare del 28.2.2014, fissata a seguito della presentazione dell’istanza di Bioplast s.r.l.; che all’esito di detta udienza il giudice relatore Dott. F. si riservò di riferire al collegio, prendendo atto della contestuale pendenza del procedimento concordatario, promosso con domanda presentata il 26.2.2014; che la procedura di concordato venne dichiarata aperta il 14.3.2014; che, a seguito della presentazione della relazione dei commissari giudiziali, il tribunale convocò la società all’udienza del 5.6.2014 per valutare la ricorrenza dei presupposti di cui alla L. Fall., art. 173; che (OMISSIS) presenziò anche a tale udienza, in cui il tribunale si riservò la decisione, per poi depositare, nella medesima data dell’8.7. 2014, il decreto di revoca del concordato e la sentenza dichiarativa.

Nel caso di specie, pertanto, la violazione del diritto di difesa della ricorrente non è neppure astrattamente ipotizzabile, posto, per un verso, che il contraddittorio fra la stessa e la creditrice istante risultava correttamente instaurato sin dal 28.2.2014 e, per l’altro, che dal tenore della L. Fall., art. 173, comma 2, emerge chiaramente che, a conclusione del procedimento di revoca dell’ammissione al concordato preventivo, il tribunale, se ne sussistono i presupposti, emette la sentenza di fallimento senza ulteriori adempimenti procedurali.

1.2.3. Manifestamente infondata è la censura con la quale si sostiene che, in mancanza di un espresso provvedimento di riunione, non si sarebbe potuto tener conto dell’istanza di Bioplast, sicchè il fallimento sarebbe stato dichiarato d’ufficio.

Costituisce infatti principio già affermato da questa Corte, al quale si intende dare continuità, che qualora il debitore abbia avuto formale conoscenza dell’iniziativa assunta dal creditore ai sensi della L. Fall., art. 6, l’omessa, formale riunione dei procedimenti non determina alcuna nullità nè impedisce la dichiarazione di fallimento (Cass. n. 15094/2019).

1.2.4. Infondata è anche la censura che denuncia il vizio di costituzione del giudice, posto che il collegio che ha emesso la sentenza dichiarativa è il medesimo dinanzi al quale (OMISSIS) comparve all’udienza del 5.6.2014 e che si riservò di decidere sull’istanza L. Fall., ex art. 173.

Sul punto, giova ricordare che, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, il principio dell’immutabilità del giudice stabilito dall’art. 276 c.p.c., essendo diretto ad assicurare che il giudice che pronuncia la sentenza sia lo stesso che ha assistito alla discussione, è applicabile solo dal momento in cui la discussione inizia e non si riferisce, quindi, alle eventuali, precedenti fasi interlocutorie del processo (fra molte, Cass. nn. 7285/2018, 22238/2017, 8066/2007).

Tale indirizzo consolidato è stato ribadito espressamente proprio in materia fallimentare, in fattispecie analoga alla presente: cfr. Cass. nn. 8593/2012, 503/2016, secondo cui nel procedimento per la dichiarazione di fallimento, strutturalmente articolato (nel precedente come nell’attuale regime) in due fasi – la prima destinata alla raccolta di informazioni, nonchè all’ascolto dei creditori e del debitore, e la seconda alla decisione – il principio dell’immutabilità del giudice opera con esclusivo riferimento alla seconda fase, per cui non sussiste violazione ove il giudice delegato all’audizione delle parti abbia poi riferito a un collegio diverso da quello che lo aveva delegato.

1.2.5. Palesemente infondata, infine, è la censura che deduce la nullità della sentenza dichiarativa in quanto intervenuta prima della decisione di revoca dell’ammissione al concordato.

E’ infatti pacifico che i due provvedimenti (separatamente emessi) furono depositati contestualmente, l’8.7.2014; inoltre, nell’incipit della sentenza dichiarativa, si dava atto dell’intervenuta revoca del concordato: correttamente, pertanto, la corte del merito- rilevato che la sequenza procedimentale prevista dalla L. Fall., art. 173, era stata pienamente rispettata – ha ritenuto privo di rilievo l’errore, in tesi, compiuto dalla cancelleria (che se ben si è compreso – avrebbe provveduto alla pubblicazione attribuendo alla sentenza un n. r. cronologico anteriore a quello del decreto).

Parimenti irrilevante è poi la circostanza, riferita dalla ricorrente, della mancata tempestiva pubblicazione del decreto di revoca del concordato nel registro delle imprese, posto che tale adempimento è richiesto ai fini della conoscibilità del provvedimento e della sua opponibilità ai terzi.

2. Col secondo mezzo si denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame di tutti i fatti allegati a sostegno del motivo di reclamo con il quale era stata contestata la sussistenza dello stato di insolvenza e, in particolare, del fatto decisivo che la transazione stipulata fra (OMISSIS) ed il Comune di Nocera Inferiore, sulla base della quale la corte d’appello ha quantificato l’attivo, ridimensionava i crediti della società unicamente in vista della soluzione concordataria ed era sottoposta a condizione risolutiva per il caso di mancata ammissione alla procedura minore. In sintesi, la ricorrente sostiene che, ai fini della dichiarazione di fallimento, il giudice avrebbe dovuto tener conto dell’intero ammontare dei suoi crediti verso gli enti territoriali, i quali, sebbene ancora controversi e di difficile riscossione, superavano le passività: dal corretto raffronto così operato sarebbe emerso che essa versava in una situazione di mera illiquidità e non di insolvenza.

2.1. Il motivo è inammissibile, atteso che la corte territoriale ha considerato i “fatti” che si assumono omessi ed ha, in specie, ampiamente argomentato in ordine alle ragioni per le quali il credito di (OMISSIS) effettivamente riscuotibile nei confronti del Comune di Nocera Inferiore non poteva essere ritenuto di ammontare superiore a quello determinato nell’atto transattivo: esaminata sotto il profilo del vizio di motivazione, la censura si risolve, pertanto, nella richiesta di una valutazione delle risultanze istruttorie difforme da quella operata dal giudice del merito, insindacabile nella presente sede di legittimità.

2.1.1. Ad identica conclusione si perverrebbe, peraltro, anche a voler ritenere il motivo volto alla denuncia di un vizio di violazione dei principi enunciati da questa Corte in materia di stato di insolvenza delle società in liquidazione, posto che la valutazione concernente la sufficienza del patrimonio sociale ad assicurare l’integrale soddisfacimento dei creditori non si risolve in un mero calcolo matematico, ben potendo (ed anzi dovendo) il giudice tener conto dei fattori che precludono o rendono estremamente difficoltosa la realizzazione dell’attivo (come, nel caso, oltre alle circostanze dalle quali emergeva il minor ammontare del credito di (OMISSIS) verso il Comune di Nocera Inferiore, la sostanziale irrecuperabilità, al di là dell’importo di 4.858.13,05 Euro, di tale ingente credito nonchè degli altri vantati verso gli enti concedenti, accumulatisi da anni senza che la società riuscisse a riscuoterli).

2.1.2 La seconda censura illustrata nel motivo, con la quale si deduce violazione degli artt. 24 e 111 Cost., L. Fall., artt. 1, 5, 6 e 173, nonchè degli artt. 275,50 bis, 189 e 742 bis c.p.c. e si sostiene che l’accertamento dell’insolvenza andava compiuto alla data in cui il procedimento è stato introitato in decisione, senza che il giudicante potesse acquisire ulteriori atti o documenti, è assorbita dalle considerazioni svolte ai parr. 1.2.2 e 1.2.3.

3. Con il terzo motivo si denuncia violazione della L. Fall., artt. 165,160,38,165,171,172 e 87, in relazione all’art. 2967 c.c. e art. 112 c.p.c., per avere la corte d’appello ritenuta legittima la revoca dell’ammissione al concordato.

3.1. Anche questo motivo – che si risolve nell’integrale richiamo delle doglianze svolte da (OMISSIS) in sede di reclamo in ordine all’asserito, illegittimo operato dei Commissari giudiziali, ma che non illustra alcuno specifico vizio della sentenza impugnata – è inammissibile.

3.1.1. E’ sufficiente richiamare, sul punto, il costante indirizzo di questa Corte, secondo cui il vizio di violazione o di falsa applicazione di norme di diritto deve essere dedotto, a pena d’inammissibilità del motivo giusta la disposizione dell’art. 366 c.p.c., n. 4, non solo con l’indicazione delle norme che si assumono violate ma anche, e soprattutto, mediante specifiche argomentazioni intellegibili ed esaurienti, intese a motivatamente dimostrare in qual modo determinate affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata debbano ritenersi in contrasto con le indicate norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornite dalla giurisprudenza di legittimità, diversamente impedendosi alla corte regolatrice di adempiere al suo compito istituzionale di verificare il fondamento della lamentata violazione. Risulta, quindi, inidoneamente formulata la deduzione di errori di diritto individuati per mezzo della sola preliminare indicazione delle singole norme pretesamente violate, ma non dimostrati per mezzo di una critica delle soluzioni adottate dal giudice del merito nel risolvere le questioni giuridiche poste dalla controversia, operata mediante specifiche e puntuali contestazioni nell’ambito di una valutazione comparativa con le diverse soluzioni prospettate nel motivo e non attraverso la mera contrapposizione di queste ultime a quelle desumibili dalla motivazione della sentenza impugnata (fra le più recenti, fra molte, Cass. S.U. 23745/2020, Cass. nn. 16700/2020, 24298/2016, 16238/013). Del resto, le questioni concernenti la negligente condotta dei commissari giudiziali – anche in ragione della mancata instaurazione del contraddittorio con (OMISSIS) – nella fase immediatamente successiva all’ammissione al concordato risultano del tutto estranee al giudizio di revoca di cui alla L. Fall., art. 173, che ha ad oggetto l’accertamento dell’occultamento o della dissimulazione dell’attivo, dell’omessa denuncia di uno o più crediti, della commissione di atti di frode e della conseguente non corretta informazione dei creditori in ordine al contenuto del piano e della proposta sottoposta alle loro valutazioni.

3.1.3. E’ infine appena il caso di rilevare che all’enunciazione, al par. 3 bis) del medesimo motivo, di un vizio “da errato o omesso esame di fatti decisivi su argomenti già oggetto di discussione nel giudizio di merito” non corrisponde l’illustrazione di alcuna censura.

4. Il quarto mezzo denuncia violazione della L. Fall., art. 173. La ricorrente contesta che i quattro, distinti fatti, taciuti o non compiutamente esposti nella proposta e disvelati dai commissari giudiziali, sui quali la corte del merito ha fondato la decisione di revoca dell’ammissione al concordato integrassero atti di frode (o di occultamento delle attività e delle passività) tali da giustificare la pronuncia.

Il motivo deve essere respinto.

La prima delle vicende analizzate dalla corte d’appello in punto di revoca del concordato concerne la liquidazione della quota del socio privato GE.SE.NU. s.p.a..

Il giudice del merito ha accertato: i) che, stante l’obbligo di modificare l’assetto societario imposto dal D.L. n. 112 del 2008, art. 23 bis e la conseguente necessità di liquidare la quota di GE.SE.NU., nel corso di una assemblea tenutasi nel 2009 venne deliberata la distribuzione degli utili accantonati a riserva straordinaria, attribuendone la metà (Euro 818.973,81) al socio uscente; ii) che l’esecuzione della Delibera fu differita “al momento di una maggiore disponibilità finanziaria della società…”; iii) che tuttavia, con successiva Delibera assunta nel 2011 – quando già si prospettava l’insolvenza del Comune di Nocera Inferiore e nonostante l’opposizione di uno dei membri del collegio sindacale – fu deciso di dare esecuzione a quella precedente e di erogare a GE.SE.NU. la quota di dividendo spettantele “allo scopo di agevolare la cessione del relativo pacchetto azionario a un socio pubblico”, mediante la cessione, per evidente indisponibilità delle liquidità necessarie, del credito vantato da (OMISSIS) nei confronti del Comune di San Valentino Torio.

La mancata esposizione, nel piano e nella proposta, dell’operazione sopra descritta è stata ritenuta dalla corte d’appello chiaramente e scientemente lesiva del consenso informato dei creditori e sufficiente, di per sè sola, a giustificare la revoca del concordato.

Le censure svolte da (OMISSIS) contro il capo della decisione in esame sono in massima parte volte a contestare l’affermazione dell’illegittimità dell’operazione, ma non investono, se non in via totalmente generica, l’effettiva ratio sottesa alla pronuncia, che si sostanzia nella constatazione di un deficit espositivo, alla stessa relativo, tale da pregiudicare il consenso informato dei creditori.

Su tale punto la ricorrente si è limitata a sostenere che “tutti gli elementi relativi alla vicenda non sono stati nè accertati, nè scoperti dai Commissari giudiziali”, in quanto risultavano “adeguatamente e compiutamente illustrati” sia nella proposta concordataria, sia nella relazione patrimoniale ad essa allegata, sia nella relazione dell’attestatore.

Sennonchè, secondo la giurisprudenza costante e consolidata di questa Corte, in tema di ricorso per cassazione, sono inammissibili, per violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, le censure fondate su atti e documenti del giudizio di merito, qualora il ricorrente si limiti a richiamarli in via generica, senza trascriverne o riassumerne il contenuto nel ricorso, senza allegarli all’atto e senza fornire puntuali indicazioni, necessarie alla loro individuazione all’interno del fascicolo di parte o di quello d’ufficio, al fine di renderne possibile l’esame (cfr. Cass. Sez. U., Sentenza n. 34469 del 27/12/2019; Sez. L, Ordinanza n. 27 del 03/01/2020, Cass., Sez. 6-3 Sentenza n. 19048 del 29/9/2016).

Nella specie, pertanto, la ricorrente avrebbe dovuto allegare specificamente al ricorso le pagine (della proposta, della relazione dell’attestatore e/o di quella dei CC.GG.) dalle quali emergeva che tutti i risvolti dell’operazione erano stati “compiutamente illustrati ai creditori” o, quantomeno, indicare l’esatta collocazione processuale dei documenti in questione, riportandone il contenuto rilevante nel motivo.

E’ indubbio, d’altro canto, che la vicenda, astrattamente idonea ad incidere, in caso di fallimento, sul patrimonio acquisibile alla massa (ovvero a comportarne l’accrescimento, per effetto sia della revocabilità della datio in solutum, sia dell’azione di responsabilità eventualmente promuovibile contro i liquidatori, per aver acconsentito alla cessione del credito in epoca in cui era già emerso lo stato di crisi) avrebbe dovuto essere resa nota ai creditori ai fini della formazione del loro consenso informato (cfr., in fattispecie analoga Cass. 14552/2014).

Infine non è rilevante stabilire se l’omissione accertata dal giudice del merito sia stata determinata da un effettivo intento fraudatorio, posto che, come ripetutamente affermato da questa Corte, il dolo può consistere anche nella mera consapevolezza di avere taciuto il fatto (fra molte, Cass. nn. 9027/2016, 26429/2017, n. 16856/2018).

Il rigetto della doglianza concernente una delle autonome rationes decidendi sulle quali si fonda il capo della pronuncia impugnato, di per sè sufficiente a sorreggerlo, rende inammissibili le censure concernenti le ulteriori ragioni, stante il difetto di interesse della ricorrente a sentirne accertare l’eventuale fondatezza, che non potrebbe comunque condurre all’annullamento della sentenza sul punto.

5. Il quinto motivo – declinato sotto il profilo della violazione di legge in riferimento al provvedimento istruttorio di diniego della richiesta ctu – è inammissibile in ragione della sua evidente genericità, atteso che la ricorrente non spiega quale fosse la rilevanza del mezzo istruttorio, nè tantomeno, la sua decisività ai fini di un diverso esito della controversia.

6. Il sesto motivo, che lamenta violazione dell’art. 160, c.p.c. comma 1, n. 3, per avere la corte del merito disposto la trasmissione degli atti alla Procura della Repubblica e alla Corte dei Conti, oltre ad essere rivolto contro una statuizione priva di valenza decisoria, esula totalmente dal thema decidendum del reclamo e va parimenti dichiarato inammissibile. Il ricorso deve essere, pertanto, complessivamente rigettato.

Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore del fallimento controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 6.500 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 21 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 12 maggio 2021

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