Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12561 del 09/06/2011

Cassazione civile sez. lav., 09/06/2011, (ud. 20/04/2011, dep. 09/06/2011), n.12561

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIDIRI Guido – Presidente –

Dott. STILE Paolo – Consigliere –

Dott. CURCURUTO Filippo – Consigliere –

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

PUGLIA TV S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CICERONE 44, presso lo studio

dell’avvocato CARLUCCIO FRANCESCO, rappresentata e difesa

dall’avvocato FELLINE GIANCARLO, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale mandatario

della Società di Cartolarizzazione dei crediti INPS, S.C.CI. S.p.A.,

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DELLA FREZZA N. 17, presso

l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentati e difesi dagli

avvocati MARITATO LELIO, CALIULO LUIGI, SGROI ANTONINO, giusta delega

in calce alla copia notificata del ricorso;

– resistente con mandato –

avverso la sentenza n. 1251/2009 della CORTE D’APPELLO di LECCE,

depositata il 16/07/2009 R.G.N. 3445/06;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

20/04/2011 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE NAPOLETANO;

udito l’Avvocato FELLINE GIANCARLO;

udito l’Avvocato D’ALOISIO CARLO, per delega SGROI ANTONINO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FINOCCHI GHERSI Renato per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Corte di Appello di Lecce, confermando la sentenza di primo grado, respingeva l’opposizione proposta dalla società Puglia TV avverso il decreto ingiuntivo, emesso su istanza dell’INPS, per il pagamento della somma di L. 293.661.164 dovuta a titolo di contributi evasi e di somme aggiuntive ed interessi legali.

La Corte del merito poneva a base del decisum il rilievo fondante che in ragione alla consulenza tecnica, espletata nel corso del secondo grado del giudizio,doveva ritenersi la natura assistenziale dei crediti posti a base del decreto ingiuntivo e la esattezza della loro quantificazione.

Avverso tale sentenza la società Puglia TV ricorre in cassazione sulla base di due censure.

L’INPS in proprio e quale mandatario della società SCCI deposita procura.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo la società ricorrente deduce violazione degli artt. 2697 e 2700 c.c. e degli artt. 115 e 116 c.p.c. nonchè insufficiente motivazione sui fatti controversi.

La predetta società, con la censura in esame, sostanzialmente contesta l’operato peritale, sia per quanto attiene la natura dei crediti vantati da controparte sostenendo che non si tratta di crediti assistenziali, bensì di crediti aventi natura previdenziale già pagati all’ENPALS, sia relativamente alla quantificazione degli stessi rilevando che dalla relazione peritale non è dato desumere in base a quali elementi il CT è pervenuto a ritenere l’esattezza del quantum.

La censura è infondata.

Invero, la critica che la società ricorrente svolge riguardo all’elaborato peritale e, quindi, alla sentenza impugnata nella quale i giudici hanno condiviso le conclusioni del CTU, si esaurisce in una mera contestazione delle dette conclusioni.

Difatti non risultano allegati elementi – non valutati- idonei a suffragare la tesi della società secondo la quale non si tratterebbe di omissioni relative ad oneri assistenziali, ma previdenziali.

Nè, relativamente al quantum, sono dedotti errori di calcolo tali da inficiare il risultato cui è pervenuto il CTU. In materia di controversie inerenti gli obblighi contributivi dei datori di lavoro, per vero, le conclusioni del consulente tecnico di ufficio, sulle quali si fonda la sentenza impugnata, possono essere contestate in sede di legittimità se le relative censure contengano la denuncia della mancata valutazione di elementi decisivi e/o della devianza, relativamente al quantum, dai criteri legali di calcolo che in quanto tale, rientra tra i vizi deducibili con il ricorso per cassazione ex art. 360 c.p.c., n. 5.

In mancanza di detti elementi le censure configurano un mero dissenso dall’elaborato peritale e, quindi, sono inammissibili in sede di legittimità.

Con il secondo motivo la società denuncia violazione e falsa applicazione del D.L.C.P.S. n. 869 del 1947, artt. 2 e 5. Prospetta la ricorrente che erroneamente sono stati calcolati i contributi per la Cassa integrazione guadagni che, a norma della denunciata legge, non sono dovuti dalle imprese di spettacolo cui appartiene essa società.

La censura è infondata.

Difatti non risulta – nè la parte lo allega – che la questione della non debenza dei contributi CIG sia stata devoluta con l’atto di appello al giudice di secondo grado.

Nelle stesse note allegate al verbale di udienza del 17/4/09 richiamate dalla società ricorrente, d’altro canto,non è dato riscontrare, almeno nella parte trascritta nel ricorso, alcunchè di specifico in ordine alla questione in parola.

Sulla base delle esposte considerazioni pertanto il ricorso va rigettato.

Le spese del giudizio di legittimità, in considerazione della partecipazione alla orale discussione del difensore delle parti intimate, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità liquidate in Euro 2040,00, di cui Euro 2000,00 per onorario, oltre IVA, CPA e spese generali.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 20 aprile 2011.

Depositato in Cancelleria il 9 giugno 2011

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