Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12560 del 18/05/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 18/05/2017, (ud. 08/02/2017, dep.18/05/2017),  n. 12560

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ANTONIO Enrica – Presidente –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

Dott. DORONZO Adriana – rel. Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 16889-2011 proposto da:

I.N.P.S. ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE C.F. (OMISSIS)

in persona del suo Presidente e legale rappresentante pro tempore,

in proprio e quale mandatario della S.C.C.I. S.P.A. Società di

Cartolarizzazione dei Crediti I.N.P.S. C.F. (OMISSIS), in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale

dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati LELIO MARITATO,

CARLA D’ALOISIO, ANTONINO SGROI, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

B.R. C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA ENNIO QUIRINO VISCONTI 20, presso lo studio dell’avvocato NICOLA

DOMENICO PETRACCA, che lo rappresenta e difende unitamente

all’avvocato RICCARDO DIAMANTI, giusta delega in atti;

– controricorrente –

nonchè contro

EQUITALIA CERIT S.P.A.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 375/2010 della CORTE D’APPELLO di GENOVA,

depositata il 18/06/2010 R.G.N. 478/09;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

08/02/2017 dal Consigliere Dott. DORONZO ADRIANA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GIACALONE GIOVANNI, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato LELIO MARITATO;

udito l’Avvocato ANDREA SOLFANELLI per delega verbale Avvocato NICOLA

PETRACCA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

B.R. propose opposizione dinanzi al Tribunale di Massa contro il ruolo e la cartella di pagamento notificata nell’interesse dell’Inps dalla società concessionaria ed avente ad oggetto i contributi relativi alla gestione speciale commercianti.

Il Tribunale annullò il ruolo e la cartella e la sentenza, impugnata dall’Inps, è stata confermata dalla Corte d’appello di Genova con sentenza depositata in data 18 giugno 2010. A fondamento del decisum, la corte territoriale ha ritenuto che il socio amministratore di una società a responsabilità limitata è tenuto all’iscrizione nella gestione commercianti soltanto qualora sia in possesso di tutti i previsti dalla L. n. 160 del 1975, art. 29, come modificato dalla L. n. 662 del 1996, abbia cioè svolto un’attività lavorativa ulteriore e prevalente rispetto a quella di amministratore.

Contro la sentenza l’Inps, anche in qualità di mandatario della SCCI, ricorre per cassazione, articolando due motivi. Il B. resiste con controricorso. La Equitalia Cerit s.p.a., società incaricata della riscossione, non svolge attività difensiva.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo complesso motivo il ricorrente denuncia la violazione e/o la falsa applicazione della L. 23 dicembre 1996, n. 662, art. 1, commi 203, 207 e 208. Assume che la Corte ha ritenuto incompatibile la contemporanea iscrizione presso la gestione commercianti, prevista dalla L. n. 1397 del 1960, art. 29, come modificato dalla L. n. 662 del 1996, art. 1, comma 203, e presso la gestione separata, di cui alla L. n. 335 del 1995, art. 2, comma 26, di un socio amministratore di s.r.l. che nel contempo svolge attività lavorativa all’interno della stessa società. Nello stesso motivo, assume che il B., socio della Biemme s.r.l. e iscritto alla gestione separata, è tenuto all’iscrizione anche presso la gestione commercianti in quanto partecipa al lavoro aziendale della società, occupandosi della registrazione delle fatture e delle ricerche di mercato.

2. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia l’omessa valutazione di una circostanza rilevante per la controversia, nonchè la contraddittorietà e illogicità della motivazione nella parte in cui la Corte non ha tenuto conto delle dichiarazioni rese dallo stesso interessato agli ispettori dell’Inps, dalle quali emergerebbe la prova della attività lavorativa svolta con abitualità e prevalenza.

3. Il ricorso è infondato. La questione interpretativa posta con il primo motivo è stata già oggetto di numerose decisioni di questa Corte (Cass., ord., 31/1/2017, n. 2597; Cass. 7/10/2016, n. 20208) e trova il principale riferimento normativo nel D.L. 31 maggio 2010, n. 78, art. 12, comma 11, convertito in legge, con modificazioni, dalla L. 30 luglio 2010, n. 122, art. 1, comma 1, recante misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica.

4. Su tale disposizione sono intervenute le Sezioni unite di questa Corte, con sentenza resa in data 8/8/2011, n. 17076, che hanno affermato quanto segue: “In tema di iscrizione assicurativa per lo svolgimento di attività autonome, il D.L. n. 78 del 2010, art. 12, comma 11, convertito, con modificazioni, nella L. n. 122 del 2010 – che prevede che la L. n. 662 del 1996, art. 1, comma 208, si interpreta nel senso che le attività autonome per le quali opera il principio di assoggettamento all’assicurazione prevista per l’attività prevalente, sono quelle esercitate in forma d’impresa dai commercianti, dagli artigiani e dai coltivatori diretti, i quali vengono iscritti in una delle corrispondenti gestioni dell’INPS, mentre restano esclusi dall’applicazione della L. n. 662 del 1996, art. 1, comma 208, i rapporti di lavoro per i quali è obbligatoriamente prevista l’iscrizione alla gestione previdenziale di cui alla L. n. 335 del 1995, art. 2, comma 26, – costituisce norma dichiaratamente ed effettivamente di interpretazione autentica, diretta a chiarire la portata della disposizione interpretata e, pertanto, non è, in quanto tale, lesiva del principio del giusto processo di cui all’art. 6 CEDU quanto al mutamento delle “regole del gioco” nel corso del processo trattandosi di legittimo esercizio della funzione legislativa garantita dall’art. 70 Cost.”.

5. Secondo le Sezioni Unite, la regola espressa dalla norma risultante dalla disposizione interpretata (L. 23 dicembre 1996, n. 662, art. 1, comma 208,) e dalla disposizione di interpretazione autentica (D.L. 31 maggio 2010, n. 78, art. 12, comma 11) è nel senso che l’esercizio di attività di lavoro autonomo, soggetto a contribuzione nella Gestione separata, che si accompagni all’esercizio di un’attività di impresa commerciale, artigiana o agricola, la quale di per sè comporti l’obbligo dell’iscrizione alla relativa gestione assicurativa presso l’INPS, non fa scattare il criterio dell'”attività prevalente”.

6. In altri termini, per queste attività, non opera il criterio “semplificante” (dell’art. 1, comma 208, cit.) e derogatorio dell’unificazione della posizione previdenziale in un’unica gestione con una sorta di fictio juris per cui chi è ad un tempo commerciante ed artigiano (o coltivatore diretto), con caratteristiche tali da comportare l’iscrizione alle relative gestioni assicurative, è come se svolgesse un’unica attività d’impresa – quella “prevalente” – con la conseguenza che unica è la posizione previdenziale.

7. Al contrario, la regola espressa dalla norma risultante dalla disposizione interpretata e dalla disposizione di interpretazione autentica è quella per la quale il concorso di attività di lavoro autonomo (come amministratore della società), soggetta ex se alla contribuzione nella Gestione separata sui compensi a tale titolo percepiti, e quella di socio lavoratore della società stessa, comporta l’obbligo della duplice iscrizione.

8. Sono stati così superati i principi espressi dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza n. 3240/2010, così come sono stati superati i dubbi di legittimità costituzionale e di compatibilità con l’art. 6 della CEDU sollevati con riferimento alla norma di interpretazione autentica (Corte Cost. n. 15/2012).

9. La sentenza della Sezioni Unite di questa Corte è stata poi seguita da altre pronunce (Cass. 1 luglio 2015, n. 13446; Cass., 5 marzo 2013 n. 5444; v. pure Cass., ord. ‘27 aprile 2016, n. 8303; Cass., 26 febbraio 2016, n. 3835), le quali – partendo dall’esatta premessa secondo cui sussiste l’obbligo di iscrizione e contribuzione sia alla gestione commercianti che a quella separata stante l’autonomia delle posizioni – hanno affermato la necessità che per ciascuna di esse ricorrano i presupposti previsti dalla legge, e cioè che si realizzi una “coesistenza” di attività riconducibili, rispettivamente, al commercio e all’amministrazione societaria.

10. Ai sensi della L. 23 dicembre 1996, n. 662, art. 1, comma 203, l’iscrizione alla gestione commercianti è obbligatoria ove si realizzino congiuntamente le fattispecie previste dalla legge e cioè: la titolarità o gestione di imprese organizzate e/o dirette in prevalenza con il lavoro proprio e dei propri familiari; la piena responsabilità ed i rischi di gestione (unica eccezione proprio per i soci di s.r.l.); la partecipazione al lavoro aziendale con carattere di abitualità e prevalenza; il possesso, ove richiesto da norme e regolamenti per l’esercizio dell’attività propria, di licenze e qualifiche professionali (in tal senso, Cass., n. 5444/2013, cit.).

11. Non basta, quindi, lo svolgimento di un’attività lavorativa (di natura individuale o societaria) qualsiasi per essere iscritti ad un fondo di previdenza relativo ai lavoratori autonomi: occorre che esistano, congiuntamente, i due requisiti di abitualità e prevalenza.

12. In relazione al concetto di prevalenza, è tuttavia opportuno chiarire che, ad avviso del collegio, i requisiti congiunti di abitualità e prevalenza – necessari per l’iscrizione alla gestione ed il cui onere della prova è a carico dell’Inps, tenuto a provare i fatti costitutivi dell’obbligo contributivo (cfr. ex multis Cass., 20 aprile 2002, n. 5763; Cass., 6 novembre 2009, n. 23600) – devono riferirsi ad un criterio non predeterminato di tempo e di reddito da accertarsi in senso relativo e soggettivo, ossia facendo riferimento alle attività lavorative espletate dal soggetto considerato in seno alla stessa attività aziendale costituente l’oggetto sociale della srl (ovviamente al netto dell’attività esercitata in quanto amministratore); e non già comparativamente con riferimento a tutti gli altri fattori produttivi (naturali, materiali e personali) dell’impresa.

13. Questa interpretazione risponde maggiormente alla logica della norma, volta a valorizzare l’elemento del lavoro personale, e, al contempo, ad evitare di restringere l’area di applicazione dell’assicurazione commercianti, lasciando fuori i casi in cui l’attività del socio di srl, ancorchè rilevante ed abituale, non venga ritenuta preponderante rispetto agli altri fattori produttivi.

14. Ciò posto, passando ad esaminare il caso di specie, deve rilevarsi che, contrariamente a quanto assume l’Inps nel suo ricorso, in nessuna parte della sentenza è dato rintracciare affermazioni della Corte territoriale in contrasto con il principio della doppia iscrizione, così come enucleato dalla giurisprudenza delle Sezioni Unite di questa Corte e su richiamato. Non sussiste pertanto il denunciato vizio di violazione di legge. E del resto, nemmeno il ricorrente ha indicato quale parte della motivazione della Corte sia in contrasto con i principi su enunciati, come invece era suo onere ai fini di una corretta deduzione del vizio in esame (Cass., ord., 15/01/2015, n. 635; Cass. 12/01/2016, n. 287).

15. Non sussiste neppure il denunciato vizio motivazionale, dal momento che la Corte, sulla scorta degli atti di causa e, in particolare, della stessa prospettazione dell’Inps, ha escluso lo svolgimento di una attività commerciale con carattere di abitualità e prevalenza da parte del B.. In particolare, ha ritenuto che le attività indicate fossero quelle tipiche della figura e dei compiti dell’amministratore, quali risultanti anche dalla visura della CCIA, e che non vi fosse un’attività lavorativa ulteriore rispetto a questa. A fronte di questa affermazione la censura di difetto di motivazione rivolta dall’Inps difetta di specificità e autosufficienza, dal momento che la parte non trascrive neppure nella parte che interessa le dichiarazioni rese dal B. agli ispettori verbalizzanti, non deposita il verbale in cui esse sarebbero state raccolte, nè fornisce precise indicazioni circa la sua facile reperibilità nei fascicoli di parte o d’ufficio delle precedenti fasi del giudizio. In tal modo l’Istituto ricorrente non assolve il duplice onere il duplice onere imposto, a pena di inammissibilità del ricorso, dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, e, a pena di improcedibilità, dall’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, di indicare esattamente nell’atto introduttivo in quale fase processuale ed in quale fascicolo di parte si trovi il documento della cui mancata o erronea valutazione da parte del giudice di merito si duole, e di evidenziarne il contenuto, trascrivendolo o riassumendolo nei suoi esatti termini, al fine di consentire al giudice di legittimità di valutare la fondatezza del motivo, senza dover procedere all’esame dei fascicoli d’ufficio o di parte (v. da ultimo, Cass. 12/12/2014, n. 26174; Cass. 7/2/2011, n. 2966).

16. In definitiva, il ricorso deve essere rigettato. Rimangono così assorbite le questioni sollevate solo in via subordinata dal controricorrente.

17. In ragione dell’oggettiva complessità della questione, come attestata anche dai diversi interventi delle Sezioni Unite, si ravvisano i motivi per compensare le spese del presente giudizio.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 8 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 18 maggio 2017

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