Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12560 del 17/06/2016

Cassazione civile sez. trib., 17/06/2016, (ud. 02/05/2016, dep. 17/06/2016), n.12560

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PICCININNI Carlo – Presidente –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – rel. Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 6948/2010 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

STAR GAME F. & B. SDF nelle persone, F.

R. in proprio e quale asserito socio, B.A. in

proprio e quale asserito socio, elettivamente domiciliati in ROMA

VIALE PARIOLI 43, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO D’AYALA

VALVA, che li rappresenta e difende unitamente agli avvocati ANDREA

BODRITO e GIOVANNI MARONGIU giusta delega in calce;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE;

– intimata –

avverso la sentenza n. 18/2009 della COMM. TRIB. REG. di GENOVA,

depositata il 19/01/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

02/05/2016 dal Consigliere Dott. LAURA TRICOMI;

udito per il ricorrente l’Avvocato PALATIELLO che si riporta al

ricorso;

udito per il controricorrente l’Avvocato BODRITO che ha chiesto il

rigetto;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SORRENTINO Federico, che ha concluso per l’accoglimento del 3^ motivo

del ricorso principale e il rigetto del ricorso incidentale.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. La controversia ha per oggetto l’avviso di accertamento n. (OMISSIS) emesso per IVA, IRPEF e IRAP per l’anno d’imposta 1999 nei confronti della società di fatto STAR GAME e nei confronti dei soci F.R. e B.A..

La G. di F., iniziata una verifica fiscale nei confronti della impresa individuale di F.R., svolgente attività di intrattenimento e spettacolo mediante l’impiego delle cd. macchinette automatiche ubicate presso locali pubblici, a seguito delle notizie raccolte aveva attribuito all’impresa individuale la veste di società di fatto tra F.R. ed il suo collaboratore, B.A., ritenuto socio occulto. I verificatori avevano appurato che la Star Game, gestore di apparecchi da intrattenimento (videogames, biliardini, etc.) stipulava accordi con gli esercenti di locali pubblici (in genere bar) al fine di installarvi gli apparecchi e ravvisavano, da una parte, l’obbligo della Star Game di fornire le macchine e di mantenerle funzionanti e, dall’altro, l’obbligo in capo all’esercente il locale di consentirne il posizionamento e di permetterne la fruizione da parte degli avventori, provvedendo al pagamento non in denaro delle vincite, mediante consumazioni o gratta e vinci forniti dall’esercente stesso; gli esercenti percepivano un compenso formato dall’importo delle vincite corrisposte ai clienti al quale andava aggiunto il 50% dell’introito netto rimanente nell’apparecchio.

In ragione della omessa presentazione della dichiarazione per l’anno 1999, veniva, quindi, eseguito l’accertamento con il metodo induttivo ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 2 e rideterminato il reddito anche ai fini IRAP. Con riferimento ai rapporti intercorrenti tra la Star Game e gli esercenti dei locali pubblici, l’Ufficio ravvisava una prestazione non fatturata da parte di questi ultimi e, avendo rilevato che la Star Game non aveva provveduto a regolarizzarla ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 25, le irrogava la corrispondente sanzione.

2. Parzialmente accolto il ricorso della società e dei soci in primo grado, veniva proposto appello principale dall’ufficio sul capo relativo alla sanzione IVA ed appello incidentale dai contribuenti.

3. Con la sentenza n. 18/04/09, depositata il 19.01.2009 e non notificata, la Commissione Tributaria Regionale della Liguria, confermava la sussistenza della società di fatto, escludeva l’estensione alla società di fatto degli effetti della dichiarazione di condono tombale della L. n. 289 del 2002, ex art. 9, presentata dal F., riteneva infondata la pretesa dell’ Agenzia delle entrate quanto all’omessa regolarizzazione dai fini IVA dei servizi acquistati dagli esercenti dei locali pubblici ove erano state installate le macchinette e, in parziale riforma della prima decisione, rideterminava in Euro 50.000,00 il reddito della società di fatto, riducendo anche la conseguente IRAP. In particolare la Commissione affermava che molteplici elementi avevano confermato la esistenza di una società di fatto; che il condono non poteva essere esteso alla società di fatto in quanto il comma 14, lett. c) dell’art. 9 cit. non consentiva la definizione automatica al soggetto che aveva omesso di presentare la dichiarazione ordinaria; che, contrariamente a quanto ritenuto dall’Ufficio, l’incasso delle macchinette (ripartito tra la STAR GAME ed i gestori dei locali nella percentuale concordata) doveva essere considerato nella sua globalità ed era soggetto, sino al 31.12.1999, alla disciplina prevista del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 74, per il settore degli intrattenimenti e dei giochi e, pertanto, il rapporto tra la STAR GAME ed gli esercenti dei locali non era soggetto alla disciplina del registro degli acquisti ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 25; che il metodo di calcolo adottato dall’Ufficio per ricalcolare il reddito non poteva essere condiviso e provvedeva a rideterminarlo.

4. L’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione fondato su tre motivi. I controricorrenti replicano e propongono ricorso incidentale fondato su due motivi.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.1. Con il primo motivo l’Agenzia lamenta la omessa motivazione su un punto di fatto decisivo per la controversia che individua nella mancata illustrazione, da parte della CTR, delle circostanze di fatto acquisite in giudizio, in base alle quali aveva ritenuto di poter abbattere ad Euro 50.000,00 il reddito sociale (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5).

1.2. Con il secondo l’Agenzia lamenta la omessa motivazione su un punto di fatto decisivo per la controversia, che individua nelle molteplici circostanze esposte nell’avviso di accertamento in ragione delle quali, secondo l’Ufficio, le operazioni intercorse tra la società di fatto ed gli esercenti dei locali dovevano essere regolarizzate in quanto questi ultimi svolgevano una prestazione di servizi per la Star Game, il cui importo doveva essere fatturato (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5).

Sul punto la CTR aveva statuito affermando che “Non è condivisibile la tesi dell’Ufficio in merito all’obbligo degli esercenti i locali di fatturare a Star Game il ricavato da essi percepito al netto delle vincite dei giocatori. La mancata fatturazione avrebbe comportato per la Star Game la violazione del D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 6, comma 8. L’incasso delle macchinette (che era ripartito tra la Star Game ed il gestore del locale nella percentuale concordata) deve essere considerato nella sua globalità ed era soggetto, sino al 31.12.1999 alla disciplina prevista dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 74, per il settore degli intrattenimenti e dei giochi. Non si ritiene applicabile al rapporto intercorrente tra Star Game e gestore del locale la norma relativa al registro degli acquisti di cui del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 25”.

1.3. Entrambi i motivi sono inammissibili.

1.4. Osserva la Corte che, a corredo dei motivi riconducibili all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, va formulato – a pena di inammissibilità – il c.d. “momento di sintesi” (o “quesito di fatto”), consistente in un apposito passaggio espositivo distinto ed autonomo rispetto allo svolgimento del motivo – ossia un quid pluris rispetto all’illustrazione del mezzo (Cass. SSUU n. 12339/2010; Cass. nn. 8897/2008, 4309/2008, 21194/2014) – finalizzato ad individuare, chiaramente e sinteticamente, il fatto controverso e decisivo per il giudizio in riferimento al quale la motivazione si assume omessa, insufficiente o contraddittoria, con specifica segnalazione delle ragioni per le quali la motivazione risulta inidonea a giustificare la decisione (ex plurimis, Cass. SSUU nn. 20603/2007 e 11652/2008;

Cass. n. 27680/2009).

1.5. Nei due motivi in esame, tale indicazione riassuntiva e sintetica, contenente la indicazione degli specifici elementi in ordine ai quali si lamenta l’omessa motivazione, manca del tutto, anche sotto l’aspetto strettamente grafico (cfr. Cass. n. 24313/2014); nè può assumersi che il contenuto di siffatto momento di sintesi finale, ove formalmente inesistente, debba essere ricavato dalla Corte di legittimità attraverso la lettura e l’autonoma interpretazione dell’illustrazione del motivo (Cass. n. 22591/2013), poichè ne resterebbe svilita – rispetto ad un sistema processuale che già prevedeva la redazione del motivo con l’indicazione della violazione denunciata – la portata innovativa dell’art. 366-bis c.p.c., consistente proprio nell’imposizione della formulazione di motivi contenenti una sintesi autosufficiente della violazione censurata, funzionale anche alla formazione immediata e diretta del principio di diritto e, quindi, al miglior esercizio della funzione nomofilattica della Corte di legittimità (ex multis, Cass. nn. 16481/2014 e 20409/2008).

1.6. Entrambi i motivi sono poi carenti sul piano dell’autosufficienza, poichè non trascrivono alcun passo dell’avviso dell’accertamento e dell’atto di appello, necessari alla Corte per valutare la effettiva ricorrenza dell’omesso esame denunciato e la decisività e rilevanza degli specifici fatti.

1.7. Il secondo motivo, inoltre, finisce piuttosto con il censurare argomentazioni e statuizioni giuridiche in merito alla interpretazione dell’accordo contrattuale vigente tra l’installatore degli apparecchi e gli esercenti dei locali, alla quale accede la Commissione, che non punti o questioni di fatto; al riguardo, giova rimarcare che questa stessa sezione ha stabilito che il vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, deve essere dedotto mediante esposizione chiara e sintetica del fatto controverso – in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria – ovvero delle ragioni per le quali l’insufficienza rende inidonea la motivazione a giustificare la decisione, fornendo elementi in ordine al carattere decisivo di tali fatti, che non devono attenere a mere questioni o punti” (Cass. 29 luglio 2011, n. 16655).

2.1. Con il terzo motivo lamenta la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 25 e 74 e del D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 6, comma 8 (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) in merito all’annullamento delle sanzioni irrogate a causa della mancata regolarizzazione delle fatture non emesse per le prestazioni rese dall’esercenti dei locali pubblici in favore dell’ installatore di apparecchi da gioco elettronici (sottoposto quest’ultimo allo speciale regime IVA di cui all’art. 74 cit.).

A parere della ricorrente, la Commissione ha errato nel ritenere che il ricavo degli apparecchi era da attribuire sia all’installatore che agli esercenti dei locali, escludendo in conseguenza l’applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 25; sostiene che, al contrario, del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 74, comma 6, all’epoca vigente, prevedeva il regime della detrazione di imposta IVA forfettaria solo per i soggetti esercenti attività sottoposta all’imposta sugli spettacoli, soggetto che, nel caso di specie/andava pacificamente individuato nell’installatore. Secondo la ricorrente a ciò consegue che l’unico soggetto sottoposto allo speciale regime IVA di cui del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 74, è l’installatore degli apparecchi e la prestazione a questi resa dall’esercente del locale (non sottoposto al regime forfettario, del quale non poteva fruire in relazione ai medesimi apparecchi) è operazione soggetta all’obbligo di fatturazione che, ove non effettuata, deve essere contabilizzata nel registro di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 25, in assenza della quale è legittima di irrogazione della sanzione di cui del D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 6.

2.2. In ordine al motivo i contribuenti replicano che l’incasso lordo, provento degli apparecchi di intrattenimento era convenzionalmente riferibile ai due soggetti, l’installatore ed l’esercente del locale, e che la fonte del provento era costituito anche per quest’ultimo dall’apparecchio da gioco e, quindi anche tale quota di provento era soggetta in capo all’esercente del locale alla speciale disciplina IVA prevista per il settore degli intrattenimenti e dei giochi.

Fanno osservare che poichè l’imposta sugli acquisti è indetraibile per legge, l’omessa regolarizzazione – anche ove dovuta – non avrebbe inciso sull’ammontare del tributo ed invocano la applicazione delle esimenti del D.Lgs. n. 472 del 1997, ex art. 6, commi 2 e 5 bis.

2.3. Anche questo motivo è inammissibile perchè non coglie la ratio decidendi della sentenza impugnata, fondata sulla valutazione dell’accordo negoziale intervenuto tra le parti e sull’accertamento in fatto della unicità dell’attività di intrattenimento, realizzata congiuntamente mediante la messa a disposizione degli apparecchi da gioco da parte dell’installatore e dell’esercente i locali pubblici, accertamento che non risulta utilmente censurato. Inoltre la doglianza pecca sul piano dell’autosufficienza, come i precedenti motivi, in quanto non è corredata dalla trascrizione dei relativi passi dell’avviso di accertamento e dell’atto di appello, necessari a consentire il corretto inquadramento della vicenda posta a base della contestazione.

3.1. Si deve quindi passare all’esame del ricorso incidentale, articolato su due motivi.

3.2. Con il primo motivo di ricorso incidentale si lamenta la omessa o insufficiente motivazione circa la asserita configurabilità di una società di fatto tra i signori B. e F., corredato dal seguente momento di sintesi ” Dica la Corte se la CTR sia incorsa nel vizio di omessa o insufficiente motivazione in relazione al fatto controverso della configurabilità, nella fattispecie, la società di fatto tra i signori B. e F. laddove appariva l’impresa individuale F., fatto decisivo giacchè l’impresa individuale F. aveva presentato – fatto pacifico e incontestato – il c.d.

condono tombale ai sensi della L. n. 289 del 2002, con la preclusione dell’accertamento, preclusione superata mediante la configurazione della detta società di fatto”.

3.3. La censura va respinta per inammissibilità del quesito, che non rispecchia il contenuto del motivo ed è formulato in modo generico e circolare.

Manca inoltre la esposizione chiara e sintetica dei fatti controversi – in relazione ai quali la motivazione si assume omessa – ovvero delle ragioni per le quali l’insufficienza rende inidonea la motivazione a giustificare la decisione, fornendo elementi in ordine al carattere decisivo di tali fatti, che non devono attenere a mere questioni o punti, dovendosi configurare in senso storico o normativo (Cass. Sent. n. 16655/2011). Invero, nel caso in esame, il quesito –

che non indica gli elementi di fatto controversi – involge direttamente ed inammissibilmente questioni giuridiche, come la configurabilità della società di fatto ed i presupposti di applicabilità del condono.

4.1. Con il secondo motivo di ricorso incidentale si lamenta la violazione o falsa applicazione dell’art. della L. n. 289 del 2002, degli artt. 2266 c.c. e segg., della L. n. 212 del 2000, art. 10 (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) e si sostiene che la dichiarazione per la definizione automatica degli anni pregressi della L. n. 289 del 2002, ex art. 9, presentata da una impresa individuale produce i suoi effetti a favore della stessa impresa di cui l’Amministrazione finanziaria abbia accertato la veste di società di fatto.

4.2. Il motivo è inammissibile perchè non coglie la ratio decidendi sul punto.

4.3. Invero in materia di condono fiscale vige il principio che la formulazione della domanda di accesso a tale beneficio costituisce l’esercizio di un diritto del contribuente, lasciato al libero e personale apprezzamento di ciascuno; ne consegue pertanto, l’irrilevanza del condono richiesto da un soggetto che non si identifica con il reale titolare del rapporto tributario in quanto la formulazione della domanda di tale beneficio costituisce l’esercizio di un diritto dei contribuenti, lasciato al libero e personale apprezzamento di ciascuno di essi (cfr. Cass. n. 7134/2014).

Nel caso in esame la CTR ha rigettato la domanda partendo proprio dalla distinzione e dalla non sovrapponibilità della società di fatto con la persona di F. ed ha individuato l’effettivo contribuente nella società di fatto; quindi correttamente ha invocato della L. n. 289 del 2002, art. 9, comma 14, lett. c), che esclude la applicabilità della disciplina di condono al contribuente che “abbia omesso la presentazione di tutte le dichiarazioni relative a tutti i tributi di cui al comma 2 e per tutti i periodi d’imposta di cui al comma 1”.

Ordunque, considerato che la situazione di fatto accertata dalla CTR, e cioè la mancata presentazione delle dichiarazioni da parte della società di fatto, non risulta contestata, non si ravvisa alcuno spazio per derogare alla disciplina correttamente applicata dalla Commissione e per riconoscere una efficacia estensiva alla istanza di condono proposta dal solo F. per l’impresa individuale.

Invero va rimarcato che le norme in tema di condono sono di stretta interpretazione, in quanto riconoscono dei benefici, e che, nel caso in esame, la circostanza che la società di fatto non abbia provveduto a presentare le dichiarazioni va imputato alla stessa compagine sociale che ha scelto di operare in forma occulta.

5.1. In conclusione il ricorso principale va rigettato per inammissibilità dei motivi ed il ricorso incidentale, inammissibile il primo motivo ed infondato il secondo.

5.2. Le spese del giudizio di legittimità vanno compensate tra le parti.

PQM

LA CORTE DI CASSAZIONE – rigetta il ricorso principale e rigetta il ricorso incidentale, per inammissibilità del primo motivo ed infondatezza del secondo;

– compensa tra le parti le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 2 maggio 2015.

Depositato in Cancelleria il 17 giugno 2016

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