Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1256 del 21/01/2021

Cassazione civile sez. I, 21/01/2021, (ud. 13/11/2020, dep. 21/01/2021), n.1256

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – rel. Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4047/2019 proposto da:

S.M., elettivamente domiciliato in Roma, Viale Angelico n.

38, presso lo studio dell’avvocato Maiorana Roberto, che lo

rappresenta e difende, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore,

domiciliato in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato, che lo rappresenta e difende ope legis;

– resistente –

avverso la sentenza n. 7427/2018 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 23/11/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

13/11/2020 dal Cons. Dott. GORJAN SERGIO.

 

Fatto

CONSIDERATO IN FATTO

S.M. – cittadino della (OMISSIS) – ebbe a proporre avanti il Tribunale di Roma ricorso avverso la decisione della locale Commissione Territoriale per il riconoscimento della Protezione Internazionale, che aveva rigettato la sua istanza di ottenimento della protezione in relazione a tutti gli istituti previsti.

Il richiedente asilo ebbe a rappresentare d’aver abbandonato il suo Paese poichè – nel 2013 – rimasto coinvolto in scontri tra fazioni opposte nel corso dei quali ha rischiato di esser ucciso e d’esser scampato alla morte solo perchè gli aggressori si accanirono su altra persona.

Il Tribunale capitolino ebbe a rigettare la domanda del richiedente in relazione a tutti gli istituti previsti dalla normativa in tema di protezione internazionale ritenendo che l’episodio di violenza narrato non costituiva espressione di una persecuzione sussumibile nella normativa sulla protezione; ritenendo non sussistente in Guinea una situazione socio-politica connotata da violenza diffusa e ritenendo non sussistenti condizioni atte a sostenere l’accoglimento dell’istanza di concessione della protezione umanitaria.

Il S. propose gravame avanti la Corte d’Appello di Roma, che respinse l’impugnazione rilevando la genericità dei motivi di gravame e, comunque, osservando come le ragioni dell’espatrio erano fondate su singolo episodio di violenza – prontamente sedato dalle Forze dell’Ordine – che non poteva configurare la persecuzione richiesta della disciplina sulla protezione internazionale; come attualmente in Guinea non era riscontrabile una situazione socio-politica connotata da violenza diffusa secondo l’accezione data a tale concetto dalla Corte Europea; come l’istanza di godimento della protezione umanitaria non era fondata sulla prospettazione di una condizione di vulnerabilità nè assistita da dati fattuali lumeggianti avvenuta integrazione sociale in Italia.

Il S. ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte capitolina articolato su cinque motivi.

Il Ministero degli Interni, benchè ritualmente vocato, ha depositato solo nota ex art. 370 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il ricorso proposto dal S. risulta inammissibile a sensi dell’art. 360 bis c.p.c. – siccome la norma è stata ricostruita ex Cass. SU n. 7155/17.

Con il primo mezzo d’impugnazione il ricorrente deduce vizio di violazione dell’art. 342 c.p.c., ed omesso esame delle condizioni socio-politiche della Guinea in quanto i motivi di gravame erano specifici in sintonia con l’insegnamento di questo Supremo Collegio al riguardo.

La censura appare inammissibile posto che la questione agitata non trova riscontro nella motivazione portata dalla sentenza impugnata.

Difatti la Corte capitolina non ha dichiarato inammissibile il gravame, a sensi dell’art. 342 c.p.c., bensì ha ritenuto lo stesso “per parte manifestamente infondato e per parte privo di reale contrapposizione argomentativa rispetto alle ragioni poste da primo Giudice a sostegno della decisione” quindi ha esaminato le singole censure mosse col gravame nel merito.

L’omesso esame risulta vizio solamente enunciato nel titolo ma non anche sviluppata specifica argomentazione critica al riguardo.

Con la seconda doglianza il S. deduce omesso esame di un fatto decisivo, ossia la situazione di pericolosità e di violenza generalizzata esistente in Guinea, nonchè omesso esame delle fonti informative utili al riguardo.

La censura s’appalesa inammissibile poichè generica, in quanto si compendia nella ricostruzione astratta dell’istituto relativo alla protezione sussidiaria e nell’apodittica asserzione che la Corte distrettuale non ebbe ad esaminare le fonti d’informazione – rapporti redatti da Organizzazioni internazionali all’uopo predisposte – utili a conoscere la situazione socio-politica della Guinea senza in effetti confrontarsi con la motivazione esposta dal Collegio romano.

La Corte territoriale, invece, ha puntualmente dato atto delle fonti utilizzate all’uopo – con anche sul punto richiamo alla motivazione resa dal primo Giudice – e svolto precisa analisi delle informazioni desunte dal sito (OMISSIS), curato dal Ministero degli Esteri, utilizzate dal S. per supportare la sua argomentazione critica, dando specifico atto che gli esistenti contrasti di tipo politico e sociale sono sempre rimasti sul piano della confronto parlamentare con prosecuzione dello sviluppo democratico del Paese.

Dunque la censura mossa non si confronta con la motivazione portata nella sentenza impugnata.

Con il terzo mezzo d’impugnazione il ricorrente lamenta errato esame delle dichiarazioni da lui rese e delle allegazioni portate in giudizio al fine di valutare la sua condizione personale.

L’argomentazione critica svolta in effetti si compendia nella riproposizione del suo narrato e nell’affermazione che nello stesso erano individuabili le condizioni che consentivano l’applicazione di uno degli istituti previsti dalla normativa sulla protezione internazionale, senza però un confronto con la motivazione sviluppata dal Collegio romano circa lo specifico motivo di gravame sviluppato in atto d’appello ritenuto inammissibile per genericità.

In primo luogo va rilevato come la censura svolta non appare inquadrata in alcuna delle figure tipiche previste dall’art. 360 c.p.c., posto che si denunzia erroneità del risultato dell’esame di un dato probatorio – le dichiarazioni ed allegazioni fatte dal richiedente in causa – da parte del Giudice di merito.

In secondo luogo la Corte, non già, ha ritenuto non credibile il racconto reso dal S. a giustificazione della sua decisione d’espatriare, bensì ha sottolineato come la valutazione fattane dal Tribunale – episodio di violenza riferito era rimasto isolato, prontamente sedato dalle Forze dell’Ordine ed era risalente nel tempo – non era stata attinta con motivo di gravame specifico e tale motivazione non risulta attinta in modo specifico nemmeno nell’argomento critico sviluppato nel ricorso per cassazione.

Con la quarta ragione di doglianza il S. lamenta violazione delle norme D.Lgs. n. 251 del 2007, ex artt. 7 e 14, nonchè omessa valutazione delle fonti utili al riguardo e contraddittorietà tra quanto evincibile da dette fonti e le conclusioni espresse nella sentenza impugnata.

La censura mossa risulta inammissibile poichè generica, in quanto il ricorrente non si confronta in concreto con la motivazione esposta dalla Corte romana che si fonda sulla espressa indicazione delle fonti – rapporti di Enti internazionali del 2017 – dalle quali ha tratto le informazioni utilizzate per elaborare la sua conclusione che, attualmente, la Guinea non è Paese interessato da situazione socio-politica connotata da violenza diffusa nell’accezione data a tale concetto dalla Corte Europea.

L’argomento critico si limita a contrapporre informazioni. tratte dal sito (OMISSIS) curato dal Ministero degli Esteri, puntualmente valutate dal Collegio romano, come già evidenziato nell’esame del secondo motivo d’impugnazione.

Con il quinto mezzo d’impugnazione il ricorrente rileva l’erronea applicazione della norma D.Lgs. n. 286 del 1998, ex art. 5, comma 6 e l’omessa applicazione dell’art. 10 Cost..

L’argomentazione critica sviluppata prescinde totalmente dalla motivazione illustrata riguardo al motivo di gravame sul punto proposto dal ricorrente che la Corte territoriale ha giudicato inammissibile per genericità.

Tale conclusione non risulta specificatamente contestata in questa sede poichè – come già accaduto con il motivo di gravame a tenor della motivazione sul punto nella sentenza impugnata – il S. si limita a richiamare i lineamenti generali dell’istituto, arresti giurisprudenziali od, ancora, denunziare omessa applicazione di norma costituzionale – art. 10 Cost. – senza al riguardo neanche indicare quando e come detta questione fu sottoposta alla Corte romana.

Consegue l’inammissibilità per genericità anche di detto ultimo motivo d’impugnazione.

Alla declaratoria d’inammissibilità del ricorso non segue, ex art. 385 c.p.c., la condanna del ricorrente alla rifusione delle spese di questo giudizio di legittimità in favore dell’Amministrazione poichè non costituita.

Concorrono in capo al ricorrente le condizioni processuali per l’ulteriore pagamento del contributo unificato.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nell’adunanza di Camera di consiglio, il 13 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 21 gennaio 2021

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