Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1256 del 21/01/2020

Cassazione civile sez. VI, 21/01/2020, (ud. 27/09/2019, dep. 21/01/2020), n.1256

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 30999-2018 proposto da:

O.J., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la

CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato SASSI PAOLO giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO – COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL

RICONOSCIMENTO DELLA PROIEZIONE INTERNAZIONALE DI SALERNO – SEZ. DI

CAMPOBASSO;

– intimati –

avverso il decreto N. R.G. 2895/2017 del TRIBUNALE di CAMPOBASSO,

depositato il 06/09/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 27/09/2019 dal Cons. Relatore Dott. VELLA PAOLA.

Fatto

RILEVATO

Che:

l. il cittadino nigeriano O.J. ha invocato la protezione internazionale o umanitaria riferendo di essere di religione cristiana e di aver scoperto dopo la morte del padre che questi, pur essendo di religione cattolica, apparteneva alla setta degli Ogboni, che lo avevano minacciato e picchiato per indurlo ad unirsi a loro;

2. il Tribunale di Campobasso ha respinto il ricorso avverso il diniego della competente Commissione territoriale, negando lo status di rifugiato per l’inverosimiglianza del racconto, alla luce del modus operandi degli Ogboni risultante dalle fonti internazionali, dettagliatamente descritto nel decreto impugnato (la società degli Ogboni non avrebbe alcun potere reale nello Stato Ypruba, salvo esercitare una certa influenza nelle zone di Egba, Egbado e Abeokuta e in piccole città ai confini tra Ogun, Ovo, Osun e Ondo) e tenuto conto che lo stesso ricorrente non aveva mostrato di avere una conoscenza effettiva di tale confraternita (tanto più che l’adesione alla sera degli Ogboni avviene di regola spontaneamente o perchè si è avuto modo di parteciparvi per qualche ragione); ha altresì negato la protezione sussidiaria, in quanto i “timori di persecuzione politica personale” in caso di rientro in Patria sono “del tutto astratti e congetturali”; ha infine osservato che il ricorrente non ha particolari legami familiari col territorio italiano nè manifesta patologie che debbano essere necessariamente curate in Italia;

3. avverso la decisione il ricorrente ha proposto tre motivi di ricorso per cassazione; il Ministero intimato non ha svolto difese;

4. a seguito di deposito della proposta ex art. 380-bis c.p.c. è stata ritualmente fissata l’adunanza della Corte in camera di consiglio.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

5. il primo motivo – con cui si lamenta congiuntamente la violazione di plurimi articoli del D.Lgs. n. 25 del 2008 e del D.Lgs.n. 251 del 2007, l’omesso esame di fatto decisivo “in relazione alla mancata valutazione della vicenda personale del richiedente e della situazione esistente in Nigeria sulla base della documentazione allegata e dell’omessa attività istruttoria” e la “mancanza totale di motivazione” (art. 360 c.p.c., nn. 3, 4 e 5) con riguardo allo status di rifugiato e alla protezione sussidiaria – è inammissibile, avendo il tribunale puntualmente esaminato i motivi di ricorso e ampiamente motivato sulla non credibilità del racconto del ricorrente, previa acquisizione di fonti COI qualificate; le censure risultano perciò astratte e generiche (con lunghe trascrizioni di brani di un “Manuale giuridico per l’operatore” e della giurisprudenza di merito), talora anche errate (a pag. 5 del ricorso si sostiene che il tribunale avrebbe riconosciuto la veridicità delle dichiarazioni rese, mentre il tribunale ha espressamente condiviso la valutazione di non credibilità espressa dalla competente Commissione territoriale), se non nuove (a pag. 9 del ricorso si sostiene che in quanto cristiano il ricorrente rischierebbe di essere perseguitato per motivi religiosi dal gruppo terroristico di Boko Haram) o afferenti valutazioni di merito riservate alla discrezionalità del tribunale (v. pag. 8 del ricorso); inoltre, i riferimenti del tribunale al rapporto di:1mnesty international 2017-2018 sono puntuali e precisi anche con riguardo alla protezione sussidiaria;

6. le doglianze veicolate con il secondo mezzo – violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, omesso esame di fatto decisivo, omessa attività istruttoria, motivazione apparente (art. 360 c.p.c., nn. 3, 4 e 5) in merito a protezione umanitaria – sono parimenti inammissibili, in quanto astratte e generiche (vi si stigmatizza anche il riferimento del tribunale alla “persecuzione politica”, quando è lo stesso ricorrente ad invocare lo status di “rifugiato politico” a pag. 8 del ricorso), avendo il giudice ci pro adeguatamente motivato circa la non credibilità del timore prospettato (minacce della setta degli Ogboni) e l’inesistenza di particolari profili di vulnerabilità (familiari o di salute);

7. inammissibile è anche la terza censura, con cui si lamenta la violazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 74, comma 2 e art. 136, comma 2, in uno al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 28-bis, comma 2, lett. a), poichè per giurisprudenza costante di questa Corte “la revoca dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato adottata con la sentenza che definisce il giudizio di appello, anzichè con separato decreto, come previsto dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 136, non comporta mutamenti nel regime impugnatorio che resta quello, ordinario e generale, dell’opposizione stesso D.P.R., ex art. 170, dovendosi escludere che la pronuncia sulla revoca, in quanta adottata con sentenza, sia, per ciò solo, impugnabile immediatamente con il ricorso per cassazione, rimedio previsto solo per l’ipotesi contemplata dal citato D.P.R., art. 113 (Cass. 3028/2018, 32028/2018, 29228/2017).

8. l’assenza di difese degli intimati esclude la pronuncia sulle spese.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, del, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, ove dovuto, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 27 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 21 gennaio 2020

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