Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1256 del 19/01/2018


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Civile Ord. Sez. 3 Num. 1256 Anno 2018
Presidente: DI AMATO SERGIO
Relatore: FRASCA RAFFAELE

ORDINANZA

sul ricorso 10579-2015 proposto da:
SEROCE SRL ,

in persona del suo A.U.

legale

rappresentante pro-tempore dott. GIOVANNI VALDRONI,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DI VILLA ADA
57 SC.A INT.4, presso lo studio dell’avvocato PAOLO
GAMBERALE, che la rappresenta e difende giusta

procura in calce al ricorso;
– ricorrente contro

2017
1748

CONDOMINIO VALVERDE DI VIA DELLA CAMILLUCCIA N 600
ROMA , in persona dell’Amministratore pro tempore,
Sig.ra CRISTINA CAPELLI, elettivamente domiciliato in
ROMA,

VIA POMPEO MAGNO l,

1

presso lo studio

Data pubblicazione: 19/01/2018

dell’avvocato GIUSEPPE FABRIZIO ZITO, rappresentato e
difeso dall’avvocato ILARIA TOLOMEI giusta procura in
calce al controricorso;
SARA ASSICURAZIONI SPA , in persona del suo legale
rappresentante – procuratore speciale Dott. GAETANO

MONTE ZEBIO 28, presso lo studio dell’avvocato
GAETANO ALESSI, che la rappresenta e difende giusta
procura in calce al controricorso;
– controricorrenti

avverso la sentenza n. 6895/2014 della CORTE
D’APPELLO di ROMA, depositata il 11/11/2014;
udita la relazione della causa svolta nella camera di
consiglio del 20/09/2017 dal Consigliere Dott.
RAFFAELE FRASCA;

2

OCCORSIO, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

R.g.n. 10579-15 (c.c. 20.9.2017)

Rilevato che:
1. La s.r.l. SE.RO .CE ha proposto ricorso per cassazione contro il
Condominio di via della Camilluccia n. 600 di Roma (Condominio
Valverde) e la s.p.a. Sara assicurazioni avverso la sentenza del’11
novembre 2014, con la quale la Corte d’Appello di Roma ha rigettato il
suo appello principale e parzialmente accolto quello incidentale del

partes dal Tribunale di Roma nel giugno del 2007.
2. Il tribunale capitolino era stato investito nel marzo del 2003 dalla
ricorrente, nella qualità di proprietaria di due appartamenti a suo dire
confinanti nella parte sovrastante con il giardino pensile condominiale
che fungeva da solaio di copertura del condominio, della domanda
intesa

ad ottenere la condanna all’eliminazione della causa di

infiltrazioni da esso provenienti,

che avevano reso inabitabili gli

appartamenti, nonché al risarcimento del danno derivato
dall’impossibilità di concederli in locazione.
Nel giudizio di costituiva il Condominio, che contestava la
fondatezza della domanda e, nel presupposto che l’attrice fosse
condomina, proponeva domanda riconvenzionale di condanna della
stessa al risarcimento dei danni derivanti dal cambio di destinazione
d’uso dei suoi immobili, nonché al ripristino di quella originaria. Inoltre,
chiamava in causa la Sara Assicurazioni s.p.a. per essere garantita
dall’eventuale accoglimento della domanda avversaria.
Il Tribunale di Roma, all’esito dell’istruzione, condannava il
Condominio all’esecuzione delle opere necessaria per l’eliminazione delle
cause del danno come accertate da una espletata c.t.u., nonché al
pagamento di una somma a titolo risarcitorio, mentre dichiarava la
prescrizione dell’azione di garanzia e rigettava la riconvenzionale.
3.

La sentenza veniva appellata in via principale dalla qui

ricorrente, riguardo alla quantificazione del danno, mentre il Condominio
appellava in via incidentale il rigetto della riconvenzionale.

Est. Cons. Raffae

sca

Condominio, proposti contro la sentenza resa in primo grado inter

R.g.n. 10579-15 (c.c. 20.9.2017)

4. La corte capitolina, nella costituzione della società assicuratrice,
ha rigettato l’appello principale e accolto parzialmente quello
incidentale. Ha anche dichiarato l’acquiescenza del Codominio verso la
Sara ai sensi dell’art. 329, secondo comma, cod. proc. civ., in quanto
non ci si era doluti della declaratoria di prescrizione dell’azione di
garanzia.
5. Al ricorso per cassazione, che propone quattro motivi, hanno

resistito con separati controricorsi il Condominio e la società
assicuratrice.
5. La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio ai
sensi dell’art. 380-bis.1, cod. proc. civ. e non sono state depositate
conclusioni scritte dal Pubblico Ministero, mentre la ricorrente ed il
Condominio hanno depositato memorie.
Considerato che:
1. Il Collegio ha disposto redigersi la motivazione in via semplificata.
2. Con il primo motivo di ricorso si deduce “omesso esame di circa
un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, sulla
mancata prova dell’appartenenza al Condominio degli immobili della
Seroce, da parte del Condominio di via della Camilluccia, con violazione
dell’art. 2697 c.c. sull’onere della prova, in relazione all’art. 360 c.p.c.
n. 5, delle domanda riconvenzionale proposta dal condominio e
riproposte con appello incidentale in Corte d’Appello; nonché per
erroneo esame e valutazione della c.t.u. circa un fatto decisivo per il
giudizio, oggetto di discussione tra le parti, concernente l’omesso esame
degli atti di compravendita allegati dalla Seroce (doc. 1-4 fasc. di parte
di Tribunale, in relazione all’art. 360 c.p.c. n. 5”.
2.1. Il motivo è inammissibile, in quanto la sua stessa intestazione
evidenzia che ciò che vi si deduce esula dal contenuto che al paradigma
del nuovo n. 5 dell’art. 360 cod. proc. civ. hanno attribuito Cass. sez un.
n. 8053 e 8054 del 2014, secondo le quali: «La riformulazione dell’art.
360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall’art. 54 del d.l. 22
giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, deve essere
4
Est. Cons. Raffaele Frasca

R.g.n. 10579-15 (c.c. 20.9.2017)

interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle
preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di
legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo
l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge
costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della
motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza
impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali.

Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto
l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel
“contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione
perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque
rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione.»;
«L’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., riformulato dall’art.
54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134,
introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per
cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o
secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti
processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e
abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe
determinato un esito diverso della controversia). Ne consegue che, nel
rigoroso rispetto delle previsioni degli artt. 366, primo comma, n. 6, e
369, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., il ricorrente deve indicare il
“fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o
extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale
fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua
“decisività”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori
non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo
qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in
considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto
di tutte le risultanze probatorie.».
Nel solco di dette decisioni Cass. Sez. Un., 22 settembre 2014, n.
19881, ha ulteriormente rilevato che da un lato, il sindacato sulla
5
Est. tons. Raffaele Frasca

R.g.n. 10579-15 (c.c. 20.9.2017)

motivazione è ormai ristretto ai casi di inesistenza della motivazione in
sé, cioè alla “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e
grafico”, alla “motivazione apparente”, al “contrasto irriducibile fra
affermazioni inconciliabili”, alla “motivazione perplessa ed
obiettivamente incomprensibile”; dall’altro lato, il controllo previsto dal
nuovo n, 5 dell’art. 360 cod, proc. civ, concerne l’omesso esame di un
fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo

della sentenza (rilevanza del dato testuale) o dagli atti processuali
(rilevanza anche del dato extratestuale), che abbia costituito oggetto di
discussione e abbia carattere decisivo (cioè che, se esaminato, avrebbe
determinato un esito diverso della controversia): l’omesso esame di
elementi istruttori, in quanto tale, non integra l’omesso esame circa un
fatto decisivo previsto dalla norma, quando il fatto storico rappresentato
sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché questi
non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie astrattamente
rilevanti.».
A maggior ragione dopo una tale novella legislativa resta fermo il
principio, già del tutto consolidato (per tutte: Cass. 27 ottobre 2015, n.
21776; Cass. Sez. Un., 12 ottobre 2015, n, 20412; Cass. 16 dicembre
2011, n. 27197; Cass. 18 marzo 2011, n. 6288; Cass. 26 marzo 2010,
n. 7394; Cass. 23 dicembre 2009, n. 27162; Cass. sez. un„ 21
dicembre 2009, n. 26825; Cass. 6 marzo 2008, n. 6064; Cass. 9 agosto
2007, n. 17477; Cass. 18 maggio 2006, n. 11670; Cass. 17 novembre
2005, n. 23286) dell’esclusione del potere di questa Corte di legittimità
di riesaminare il merito della causa, essendo ad essa consentito, di
converso, il solo controllo – sotto il profilo logico-formale e della
conformità a diritto – delle valutazioni compiute dal giudice d’appello, al
quale soltanto spetta l’individuazione delle fonti del proprio
convincimento valutando le prove (e la relativa significazione),
controllandone la logica attendibilità e la giuridica concludenza,
scegliendo, fra esse, quelle funzionali alla dimostrazione dei fatti in
discussione (salvo i casi di prove cd. legali, tassativamente previste dal
6
Est. Cons. Raffaele Frasca

R.g.n. 10579-15 (c.c. 20.9.2017)

sottosistema ordinamentale civile): sicché sarebbe inammissibile
(perché in contrasto con gli stessi limiti morfologici e funzionali del
giudizio di legittimità) una nuova valutazione di risultanze di fatto
(ormai cristallizzate quoad effecturn) sì come emerse nel corso dei
precedenti gradi del procedimento, non potendo darsi corso ad una
surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non
consentito, terzo grado di merito, nel quale ridiscutere analiticamente

tanto il contenuto, ormai cristallizzato, di fatti storici e vicende
processuali, quanto l’attendibilità maggiore o minore di quella
ricostruzione procedimentale, quanto ancora le opzioni espresse dal
giudice di appello – non condivise e per ciò solo censurate al fine di
ottenerne la sostituzione con altre più consone ai propri desiderata -,
quasi che nuove istanze di fungibilità nella ricostruzione dei fatti di
causa fossero ancora legittimamente proponibili dinanzi al giudice di
legittimità.
2.1.1. Ebbene, l’illustrazione del motivo non si articola con i
contenuti indicati dalle Sezioni Unite, in quanto, in disparte la mancanza
di individuazione del fatto di cui si sarebbe omesso l’esame nei termini
indicati dalla già evocata giurisprudenza, presente già nella sua
intestazione, si imputa alla sentenza d’appello di aver mal valutato
risultanze probatorie, sollecitando questa Corte solo ad una loro
rivalutazione.
2.1.2. Si deve aggiungere che l’evocazione del paradigma dell’art.
2697 cod. civ. non è svolta nei sensi in cui è ammissibile alla stregua di
quanto di recente ha osservato Cass., Sez. Un. n. 16598 cod. civ.,
precisando che <

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