Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12556 del 21/05/2010

Cassazione civile sez. trib., 21/05/2010, (ud. 20/01/2010, dep. 21/05/2010), n.12556

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio – Presidente –

Dott. D’ALONZO Michele – Consigliere –

Dott. CARLEO Giovanni – Consigliere –

Dott. MARIGLIANO Eugenia – Consigliere –

Dott. CAMPANILE Pietro – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

Ministero dell’Economia e delle Finanze e Agenzia delle Entrate, in

persona del Direttore pro tempore rappresentati e difesi

dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma,

via dei Portoghesi, n. 12, e’ domiciliata;

– ricorrente –

contro

FIRENZE SOGNA S.R.L., in liquidazione Elettivamente domiciliato in

Roma, Circ.ne Clodia, n. 82, nello studio dell’Avv. De Santis Guido,

che la rappresenta e difende giusta procura speciale in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Toscana, n. 43/31/05, depositata in data 31 agosto 2005;

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienze dal

consigliere Dott. Campanile Pietro;

Sentito l’Avv. Gen. Dello Stato, Diana Ranucci, che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso;

Udite le richieste del Procuratore Generale, in persona del Sostituto

Dott. SEPE Ennio Attilio, il quale ha concluso per l’accoglimento del

ricorso.

 

Fatto

1.1 L’Ufficio delle II.DD di Firenze emetteva nei confronti della S.r.l. Firenze Sogna avvisi di accertamento, con cui, in relazione ad Irpeg ed Ilor per gli anni 1994, 1995 e 1996, venivano contestati – in base alle risultanze di una verifica eseguita dalla Guardia di Finanza di Firenze, collegata ad analoga operazione svolta nei confronti della S.r.l. Gold Star – maggiori ricavi, desunti anche in base alle risultanze bancarie inerenti a conti dei congiunti degli amministratori della societa’.

1.2 La Commissione tributaria provinciale di Firenze, con decisione n. 69/01/2002, accoglieva i ricorsi proposti dalla societa’.

1.3 La Commissione tributaria regionale della Toscana, con la decisione meglio indicata in epigrafe, rigettava l’appello proposto dall’Ufficio dell’Agenzia delle Entrate, affermando, in particolare che l’accertamento si sarebbe adagiato sulle risultanze degli accertamenti di natura bancaria, senza che fosse stata acquisita la prova, il cui onere si riteneva gravare sull’amministrazione finanziaria, dell’interposizione dei titolari dei conti correnti.

Venivano disattese le dichiarazioni rese da terzi, richiamandosi, all’uopo, il divieto delle prove testimoniali nel processo tributario. Veniva altresi’ rilevata la violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39 avendo l’Ufficio applicato, alternativamente, l’accertamento induttivo e quello analitico in relazione a fattispecie analoghe, rimarcandosi, in via generale, un generalizzato ricorso a presunzioni fondate su presunzioni.

1.4 Avverso tale decisione il Ministero dell’Economia e delle Finanze e l’Agenzia delle Entrate proponevano ricorso per Cassazione, affidato a tre motivi.

Si costituiva con controricorso la societa’, chiedendo il rigetto dell’impugnazione ex adverso proposta.

Diritto

2.1 – Va preliminarmente dichiarata l’inammissibilita’, per difetto di legittimazione, del ricorso proposto dal Ministero dell’economia e delle finanze, che non e’ stato parte del giudizio d’appello, instaurato dalla sola Agenzia delle entrate, nella sua articolazione periferica, dopo la data del 1 gennaio 2001, con implicita estromissione dell’ufficio periferico del Ministero (Cass., Sez. Un., n. 3166 del 2006).

Il rilievo ufficioso dell’inammissibilita’ e l’assenza di qualsiasi aggravio nei riguardi dell’attivita’ difensiva della controricorrente giustificano l’integrale compensazione – in parte qua – delle spese processuali.

2.2 – Con il primo motivo di ricorso si deduce violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, comma 1, n. 2 e art. 37 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Si deduce, in particolare, l’erronea affermazione della Commissione regionale relativamente alla necessita’, oltre alle risultanze bancarie, di ulteriori elementi di prova, nonche’ alla insussistenza, in presenza delle citate risultanze, di una vera e propria presunzione di natura legale. Il motivo e’ fondato.

Questa Corte ha costantemente ribadito che, in presenza di accertamenti bancari, costituisce onere del contribuente dimostrare che i proventi “desumibili dalla movimentazione bancaria non debbono essere “recuperati a tassazione”, o perche’ egli ne ha gia’ “tenuto conto nelle dicniarazioni”, o perche’ (Cass., n. 9573/2007; Cass., n. 1739/2007) “non sono fiscalmente rilevanti” in quanto “non si riferiscono ad operazioni imponibili”.

Invero nei casi previsti dalle norme contenute, per l’IVA, nel D.P.R. n. 633 del 1972, art. 1 e, per l’imposta sul reddito, nel D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32 (Cass., 26 febbraio 2009, n. 4589; Cass.,20 giugno 2008 n. 16837), “L’onere dell’amministrazione di provare la sua pretesa e’ soddisfatto, per volonta’ di legge, attraverso i dati e gli elementi risultanti dai conti bancari” per cui “resta … a carico del contribuente 1 ‘onere di provare il contrario, realizzandosi cosi la riferita ipotesi d’inversione dell’onere della prova” (Cass., nn. 14018/2007; 2450/2007; 19920/2006, 28342/2005) in quanto (Cass., 14 novembre 2003 n. 172 43; Cass, 16 aprile 2003 n. 6073; Cass., 1 aprile 2003 n. 4987) “la presunzione di riferibilita’ dei movimenti bancari od operazioni imponibili si correla ad una valutazione del legislatore di rilevante probabilita’ (id quod plerumque accidit) che il contribuente si avvalga di tutti i conti di cui possa disporre per le rimesse ed i prelevamenti inerenti all’esercizio dell’attivita’”.

D’altra parte e’ bene precisare che nel caso in esame non rileva, come pure si e’ sostenuto, il divieto di doppia presunzione (ed.

praesumptio de praesumpto); e’ facile obiettare come tale divieto attenga esclusivamente alla correlazione di una presunzione semplice con altra presunzione semplice, ma non con altra presunzione legale, qual e’ appunto configurabile la fattispecie di cui trattasi (Cass., 21 dicembre 2007, n. 27032; Cass. 22 febbraio 2002, n. 2612).

2.3 – Parimenti fondato e’ il secondo motivo del ricorso, con cui si denuncia vizio di motivazione e violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 7 in relazione alla prova, sia presuntiva, sia mediante dichiarazioni di terzi assunte dai verificatori, relativa alla riferibilita’ dei conti correnti dei congiunti dell’amministratore alla gestione della societa’ Firenze Sogna.

Quanto al primo profilo, deve condividersi, in quanto conforme all’orientamento affermato al riguardo da questa Corte, il principio secondo cui il rapporto familiare e’ sufficiente a giustificare, salva prova contraria, la riferibilita’ al contribuente delle operazioni bancarie riscontrate sui conti correnti intestati ai congiunti dello stesso (Cass., 5 ottobre 2007, n. 20860; Cass., 7 settembre 2007, n. 18868). Deve in ogni caso rimarcarsi come il riferimento, contenuto nella decisione impugnata, al divieto della prova testimoniale nel processo tributario, quanto alle dichiarazioni dei terzi indicate nel verbale proprio in merito alla riferibilita’ dei conti correnti alla societa’, non possa essere condiviso.

Invero, secondo un costante insegnamento di questa Corte, puo’ darsi ingresso alle dichiarazioni rese da terzi agli organi dell’Amministrazione Finanziaria o in altra sede qualificata, come ad ogni altro elemento indiziario acquisito in sede di verifica amministrativa, purche’ tali indizi trovino ulteriore riscontro nelle risultanze dell’accesso dei verbalizzanti (Cass., 10 marzo 2010, n. 5476; Cass., 12 febbraio 2010, n. 3389; Cass., 13 novembre 2006, n. 24200; Cass., 29 luglio 2005, n. 16032, dove si precisa che anche il contribuente puo’ produrre documenti contenenti dichiarazioni di terzi intese a contraddire le risultanze dell’accesso; Cass., 11 marzo 2002., n. 3526; Corte Cost., 21 gennaio 2000, n. 18).

2.3 – Parimenti fondate sono le censure contenute nel terzo motivo di ricorso, concernenti violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 2, lett. d) nonche’ motivazione insufficiente e contraddittoria, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5.

La questione riguarda la ritenuta illegittimita’ degli accertamenti per essere ricorso l’Ufficio, alternativamente, al metodo analitico (quanto agli anni 1994 e 1995) ed induttivo, quanto all’anno 1996.

Giova premettere che, come affermato da questa Corte, in tema di accertamento delle imposte sui redditi, l’esistenza dei presupposti per l’applicazione del metodo induttivo, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 2, lett. d, non esclude che l’Amministrazione finanziaria possa servirsi, nel corso del medesimo accertamento e per determinate operazioni, del metodo analitico D.P.R. n. 600 cit., art. 39, comma 1, oppure contemporaneamente di entrambe le metodologie; tuttavia, una volta operata una determinazione induttiva, non e’ piu’ possibile, per l’ufficio, il recupero con metodo analitico dei costi che non siano entrati in quella determinazione, ne’ l’abbiano influenzata in alcun modo (Cass., 10 giugno 2009, n. 13350). Tale principio, per altro, opera in relazione a ciascun esercizio, essendo del tutto evidente come l’autonomia delle singole annualita’ consenta il ricorso all’uno a all’altro metodo, purche’ ne ricorrano i presupposti. Sotto tale profilo ricorre anche la denunciata carenza motivazionale, in quanto il rilievo effettuato nella decisione impugnata prescinde datale verifica, in virtu’ di un’apodittica affermazione dell’identita’ delle fattispecie, laddove l’Agenzia ha posto in rilevo come, per l’anno 1996, i dati contabilizzati non risultassero regolarmente aggiornati e come fossero state riscontrate delle differenze in relazione ai movimenti delle merci in entrata e in uscita.

3 – Il ricorso, pertanto, deve essere accolto; la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio ad altra sezione della Commissione tributaria regionale della Toscana, che si atterra’, nel decidere, ai principi di diritto sopra enunciati e provvedera’ anche alla liquidazione delle spese di giudizio.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso proposto dal Ministero dell’Economia e delle Finanze e compensa le relative spese. Accoglie il ricorso proposto dall’Agenzia delle Entrate; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, ad altra sezione della Commissione tributaria regionale della Toscana.

Cosi’ deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Quinta Civile – Tributaria, il 20 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 21 maggio 2010

 

 

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