Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12555 del 25/06/2020

Cassazione civile sez. VI, 25/06/2020, (ud. 20/11/2019, dep. 25/06/2020), n.12555

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ESPOSITO Lucia – Presidente –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 9930-2019 R.G. proposto da:

CORDUSIO SIM SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, 19, presso lo

studio dell’avvocato RAFFAELE DE LUCA TANLAJO, che la rappresenta e

difende unitamente agli avvocati FRANCO TOFFOLETTO, FEDERICA

PATERNO’, CHIARA TORINO;

– ricorrente –

contro

R.L., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE CARSO 77,

presso lo studio dell’avvocato LUCIANO ALBERINI, che lo rappresenta

e difende unitamente agli avvocati PAOLO BAROZZI, GIORGIO DE NOVA,

LUCIA STONI;

– resistente –

per regolamento di competenza avverso l’ordinanza del TRIBUNALE di

MILANO, depositata il 20/02/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 20/ 11/ 2019 dal Consigliere Relatore Dott.

ALFONSINA DE FELICE;

lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del

Sostituto Procuratore Generale Dott. RITA SANLOREZNO, che chiede il

rigetto del ricorso.

Fatto

RILEVATO

CHE:

la Società Cordusio Sim s.p.a. ha proposto ricorso presso il Tribunale di Milano al fine di sentir riconoscere il proprio diritto al risarcimento dei danni derivanti dall’inadempimento da parte del dipendente R.L., addetto alla gestione del portafoglio clienti su piazza bolognese, degli obblighi scaturenti dal patto di non concorrenza stipulato fra le parti al cessare del rapporto di lavoro;

con sentenza del 20 febbraio 2019 il Tribunale di Milano ha rilevato che sulla medesima questione pendeva ricorso del R., presso la Corte d’Appello di Bologna, ove lo stesso era stato dichiarato soccombente in primo grado;

il Tribunale milanese ha sospeso il giudizio in accoglimento dell’eccezione proposta dalla difesa del dipendente, la quale aveva prospettato l’esistenza di un rapporto di continenza fra i due giudizi, domandando di disporre la sospensione ai sensi dell’art. 39 c.p.c., comma 2, fino alla definizione del primo giudizio, per l’applicazione, in via estensiva, del rimedio processuale della sospensione obbligatoria di cui all’art. 295 c.p.c., considerata l’impossibilità per la parte di riassumere ex art. 39 c.p.c., comma 2, il giudizio, proposto dalla Società davanti al Tribunale di Milano, presso la Corte d’Appello di Bologna;

la Cordusio Sim s.p.a. ha proposto regolamento di competenza, affidando le sue ragioni ad un unico, articolato, motivo di ricorso; R.L. ha resistito con tempestivo controricorso;

entrambe le parti hanno depositato memoria in prossimità dell’Adunanza camerale;

la Procura Generale ha reso le sue conclusioni nel senso del rigetto del ricorso.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

con l’unico articolato motivo, la Società Cordusio Sim s.p.a. contesta la “Insussistenza di fatto e di diritto della disposta sospensione ex art. 295 c.p.c.”;

sul presupposto della piena validità del patto di non concorrenza, la Società ricorrente sottopone a critiche la decisione di sospendere il giudizio da parte del Tribunale di Milano sulla base di un ragionamento articolato, fondato sui seguenti assunti:

a) assenza dei requisiti di fatto e di diritto per l’operatività dell’istituto della sospensione ex art. 295 c.p.c., e in particolare carenza dell’indispensabilità tecnico-giuridica richiesta dalla giurisprudenza di legittimità, e insufficienza di un giudizio di mera indispensabilità logica del provvedimento in parola (Sez. Un. 14060 del 2004);

sotto tale profilo richiama l’orientamento di questa Corte in merito al tipo di conseguenzialità idonea a far valere la sospensione obbligatoria, sì come individuata nella capacità autonoma, da parte della questione pregiudicante, di produrre effetti al di fuori del rapporto controverso;

in proposito, prospetta che l’accertamento della validità del patto oggetto della causa pendente in appello a Bologna costituirebbe, semmai, antecedente logico della domanda di condanna azionata dalla Società Cordusio SIM davanti al Tribunale di Milano;

sostiene che la causa rileva nell’ambito di un unico complessivo rapporto giuridico, avente ad oggetto l’insieme dei vincoli e delle sanzioni derivanti dal patto di non concorrenza sottoscritto fra le parti, azionato in maniera frazionata nell’ambito dei due giudizi pendenti;

b) applicabilità, ai fini del corretto esercizio del potere di sospensione (pur qualora si volesse ritenere sussistente un rapporto di conseguenzialità tecnico – giuridica), dell’istituto della sospensione discrezionale di cui all’art. 337 c.p.c., comma 2, il quale dispone che “quando l’autorità di una sentenza è invocata in un diverso processo questo può essere sospeso se tale sentenza è impugnata”;

parte ricorrente evidenzia come la stessa giurisprudenza di legittimità, al fine di favorire un’esigenza di celerità processuale, si sia espressa per una lettura restrittiva della portata dell’art. 295 codice di rito, in ciò sostenuta dalla dottrina processualistica;

contesta al Tribunale di Milano il ricorso all’istituto della sospensione obbligatoria, stigmatizzandone la scelta quale rifiuto immotivato di conferire autorità di cosa giudicata alla pronuncia bolognese di primo grado, nonchè esercizio arbitrario di un potere afflittivo nei confronti della Società di irragionevole dilazione nell’ottenimento della soddisfazione del danno subito;

secondo parte ricorrente il rischio del “corto circuito” fra giudicati scaturente dal simultaneus processus (anche nel caso di giudizi pendenti in gradi diversi) sarebbe scongiurato dal cd. effetto espansivo esterno delle pronunce giurisdizionali, in virtù del quale, l’eventuale riforma della sentenza non definitiva determinerebbe l’immediata caducazione delle statuizioni contenute nell’eventuale sentenza definitiva e dipendente dalla pronuncia riformata o cassata medio tempore;

secondo la ricorrente, qualora si attribuisse al giudizio di appello bolognese il valore di necessario antecedente logico rispetto al ricorso pendente dinanzi al Tribunale di Milano, l’eventuale riforma da parte della Corte d’appello bolognese della sentenza di primo grado produrrebbe unicamente l’esito di travolgere gli effetti della pronuncia eventualmente resa dal Tribunale di Milano la quale, ponendosi in contrasto con la sentenza d’appello bolognese (ma in consonanza con la sentenza del Tribunale di Bologna che, seppur non definitiva, aveva già riconosciuto la validità del patto), avesse accolto il ricorso della società e condannato il dipendente inadempiente alla restituzione di quanto percepito a titolo di indennità per la stipula del patto di non concorrenza;

il motivo è infondato;

il Tribunale di Milano ha ritenuto di sospendere, al fine di evitare un eventuale contrasto di giudicati tra il giudizio intentato dalla Società dinanzi a sè e il giudizio – in parte sovrapponibile – azionato da R.L. dinanzi al Tribunale di Bologna ed attualmente pendente in grado di appello essendo lo stesso ivi risultato soccombente;

la scelta è frutto della corretta applicazione (in senso estensivo) dell’istituto della sospensione necessaria al caso in esame, avendo il Tribunale di Milano accertato in concreto la sussistenza di un legame di continenza (ex art. 39 c.p.c., comma 2), fra i due giudizi pendenti in gradi processuali diversi;

concordemente a quanto evidenziato dalla Procura Generale, la peculiarità del giudizio de quo risiede esattamente nel diverso grado processuale in cui pendono i procedimenti, il quale inibisce al giudice per ultimo adito l’utilizzo dei poteri che l’ordinamento processuale gli attribuisce al fine di scongiurare i rischi del simultaneus processus;

deve escludersi che la pendenza di due giudizi in gradi processuali diversi possa, di per sè, portare a disattendere la medesima esigenza di coordinamento che l’ordinamento ha inteso assicurare nel caso in cui i due giudizi pendano nel medesimo grado processuale;

neppure, nel caso in esame, può ritenersi che la soluzione della controversia dipenda dall’accertamento del rapporto di pregiudizialità fra i giudizi, nei termini prospettati dalla ricorrente, atteso che l’indagine, come prospettata dalla difesa della Società Cordusio SIM avrebbe postulato l’accertamento di una diversità di oggetto, la quale nel caso in esame non rileva avendo il Tribunale di Milano, adito successivamente, motivato con argomentazione esente da vizi logico – ricostruttivi, che in ambedue i giudizi (Bologna e Milano) le parti hanno dedotto la questione della efficacia e della validità del patto di non concorrenza;

invero, il giudizio per primo intentato da R.L. presso il Tribunale di Bologna, e attualmente pendente in appello, concerne il solo accertamento della validità del patto; quello successivamente introdotto dalla Società, e pendente davanti al Tribunale di Milano, ha ad oggetto l’accertamento delle plurime conseguenze connesse all’inadempimento degli obblighi scaturenti da un patto valido, ivi compresa la restituzione delle somme percepite a tale titolo e la condanna al risarcimento dei danni causati alla Società;

seppure fra i due giudizi in oggetto non sussiste quella diversità di cause che instaura il rapporto di pregiudizialità richiesto dall’art. 295 c.p.c., al fine di scongiurare giudicati contrastanti, nel caso di specie, trova applicazione l’orientamento affermato da questa Corte in base al quale, “In tema di continenza di cause, le norme dettate dall’art. 39 c.p.c., non operano con riguardo alla situazione di pendenza di una causa in primo grado e dell’altra in appello…” e tuttavia, l’esigenza di coordinamento sottesa alla disciplina dell’art. 39, comma 2, è assicurata, comunque, ai sensi dell’art. 295 c.p.c., dovendosi disporre la sospensione della causa che avrebbe dovuto subire l’attrazione all’altra se avesse potuto operare detta disciplina, in attesa della definizione, con sentenza passata in giudicato, della causa che avrebbe esercitato l’attrazione (In tal senso Cass. n. 26835 del 2017; cfr. altresì Cass. n. 5455 del 2014);

quanto affermato dalla giurisprudenza di legittimità deve portare a ribadire che in casi quali quello in esame lo strumento tecnico – giuridico capace di evitare un possibile contrasto di giudicati è dato dall’istituto di cui all’art. 295 c.p.c., applicato in via estensiva in quanto funzionale al risultato da raggiungere;

una siffatta applicazione della sospensione necessaria ai giudizi pendenti davanti a giudici di grado diverso non coinvolge la natura e il carattere pregiudiziale degli stessi, che, secondo l’art. 295, conferisce al solo giudice della causa pregiudicante il potere di decidere della questione pregiudiziale;

nel caso in esame, infatti, il potere di decidere apparterrebbe a entrambi i giudici investiti della questione della validità del patto di non concorrenza, e a entrambi i giudici la legge attribuirebbe il potere/dovere di pronunciarsi con efficacia di giudicato;

il Tribunale di Milano, adito per secondo, ha correttamente preso atto che, pendendo già la prima causa davanti alla Corte d’Appello di Bologna, il rapporto di continenza fra i due giudizi non avrebbe potuto risolversi innanzi al giudice del primo giudizio per l’asimmetria del grado, ed ha pertanto dato applicazione in via estensiva all’effetto sospensivo di cui all’art. 295 c.p.c., attuando i principi di diritto affermati da questa Corte, ai quali, anche in questa sede, va data continuità;

quanto al rilievo per il quale l’ordinanza di sospensione non avrebbe mai espressamente qualificato la fattispecie in termini di continenza, esso può essere superato, ritenendosi sufficiente il puntuale richiamo dei presupposti fondanti la sospensione, ai sensi dell’art. 295 c.p.c., del secondo giudizio fino alla definizione del primo, in virtù di un legame di continenza: a) l’essere stata, la questione pregiudiziale dell’accertamento della nullità/validità del patto, sollevata in entrambi i giudizi; b) l’avere il secondo giudizio ad oggetto anche le ulteriori domande consequenziali della Società Cordusio SIM; c) il trovarsi, i due giudizi pendenti, in fasi processuali diverse;

in definitiva, il ricorso va rigettato;

spese al definitivo;

in considerazione del rigetto del ricorso, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Spese al definitivo.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, all’Adunanza camerale, il 20 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 25 giugno 2020

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