Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12554 del 18/05/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 18/05/2017, (ud. 31/01/2017, dep.18/05/2017),  n. 12554

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BERRINO Umberto – Presidente –

Dott. DORONZO Adriana – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – rel. Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 12431-2011 proposto da:

G.S., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA TIRSO 90, presso lo studio degli avvocati GIOVANNI PATRIZI

e DONATO DI PINTO, che la rappresentano e difendono giusta delega in

atti;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, C.F. (OMISSIS),

in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura

Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati MAURO

RICCI, CLEMENTINA PULLI, giusta delega in atti;

– controricorrente –

e contro

MINISTERO DELL’ ECONOMIA E DELLE FINANZE, C.F. (OMISSIS);

– intimato –

avverso la sentenza n. 1595/2010 della CORTE D’APPELLO di BARI,

depositata il 05/05/2010 r.g.n. 73/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

31/01/2017 dal Consigliere Dott. ROBERTO RIVERSO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MATERA Marcello, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato DONATO DI PINTO;

udito l’Avvocato CARLA D’ALOISIO per delega Avvocato CLEMENTINA

PULLI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con la sentenza n.1595/2010 la Corte d’Appello di Bari accoglieva parzialmente l’appello proposto da G.S. contro la sentenza di prime cure che, per quanto d’interesse, aveva accolto la sua domanda intesa ad ottenere l’assegno ordinario di invalidità con decorrenza dal 2 luglio 2007 e condannato l’INPS alla rifusione delle metà delle spese processuali.

In riforma della stessa decisione la Corte d’appello riliquidava le spese del primo giudizio in quanto liquidate in violazione dei minimi tariffari, ma confermava l’esclusione del diritto all’assegno per la G. in relazione al periodo precedente all’iscrizione delle liste speciali degli invalidi civili (2.7.2007), essendo invece ininfluente la certificazione valevole ai fini del collocamento ordinario.

Avverso detta sentenza G.S. ha proposto ricorso per cassazione affidando le proprie censure a due motivi illustrati da memoria. L’INPS resiste con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.- Con il primo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione della L. n. 118 del 1971, art. 13 e L. n. 482 del 1968, art. 1; omessa insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia (art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5) in quanto la ricorrente aveva diritto all’assegno dalla data di accertamento del requisito sanitario fissato dal ctu al 12.1.2007 essendosi iscritta nelle liste speciali il 2.7.2007 e nelle liste del collocamento ordinario il 4.11.2004.

1.1. Il motivo è infondato. Secondo consolidato indirizzo di questa Corte, cui va data continuità, in relazione al diritto all’assegno previsto dalla L. n. 118 del 1971, art. 13 il requisito dell’incollocazione al lavoro rappresenta al pari della ridotta capacità lavorativa e del requisito economico e reddituale di cui agli artt. 12 e 13 della citata Legge – un elemento costitutivo del diritto alla prestazione, la cui prova è a carico del soggetto richiedente la prestazione (Cass. n. 13279 del 2003), la mancanza del quale è deducibile o rilevabile d’ufficio anche in sede di legittimità (Cass. n. 4910 del 2001). Questa stessa Corte ha precisato che al fine di attestare l’anzidetto requisito dell’incollocazione per il riconoscimento del diritto all’assegno di invalidità civile è sufficiente anche la mera domanda di iscrizione nelle liste speciali di collocamento obbligatorio, indipendentemente dall’esito della visita presso le commissioni sanitarie, mentre non è sufficiente l’iscrizione al collocamento ordinario (Sentenza n. 23762 del 10/11/2009; Cass. n. 13622 del 13 giugno 2006; Cass. n. n. 1096 del 24 gennaio 2003).

2. Con il secondo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 2729 c.c.; omessa insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia (art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5) in quanto il giudice aveva omesso di valutare il materiale probatorio a sua disposizione integrante presunzioni gravi precise e concordanti sullo stato di un’impossibile collocazione al lavoro dell’assistito, dovendosi ritenere possibile una prova per presunzioni come per gli ultracinquantenni (SU 203/1992).

Anche questo motivo è infondato. Come affermato nella sentenza n. 19833 del 28/08/2013 “in materia di assegno di invalidità civile, il requisito della incollocazione al lavoro, nello specifico contesto normativo che caratterizza il periodo di tempo tra l’entrata in vigore della L. 12 marzo 1999, n. 68, e l’entrata in vigore della L. 24 dicembre 2007, n. 247, può dirsi sussistente qualora l’interessato provi di non aver svolto attività lavorativa e di aver richiesto l’accertamento di una riduzione dell’attività lavorativa, in misura tale da consentirgli l’iscrizione negli elenchi di cui alla L. n. 68 del 1999, art. 8 da parte delle commissioni mediche competenti a tal fine. Nel caso in cui tale accertamento sia precedente rispetto alla data di decorrenza del requisito sanitario per l’invalidità (riduzione della capacità lavorativa del 74% o superiore), sarà necessaria la prova di aver ottenuto o quanto meno richiesto l’iscrizione negli elenchi di cui alla L. n. 68 del 1999, art. 8”.

Più specificamente, per il periodo che qui rileva, è stato osservato (Cass. n. 28852 del 05/12/2008, Cass. 12916/2009) che ai fini dell’attribuzione dell’assegno mensile di invalidità, la “incollocazione al lavoro” – tra gli elementi costitutivi del diritto alla prestazione – assume due diversi significati, rispettivamente, per gli invalidi infracinquantacinquenni e per gli invalidi che abbiano superato i cinquantacinque anni di età, ma non ancora i sessantacinque, limite preclusivo per beneficiare della prestazione. Con riguardo ai primi, per “incollocato al lavoro” deve intendersi colui che non abbia trovato un’occupazione compatibile con le sue condizioni psicofisiche, essendo iscritto nelle liste di collocamento obbligatorio; con riferimento, invece, agli invalidi ultracinquantacinquenni e infrasessantacinquenni, – che non hanno diritto all’iscrizione nelle suddette liste – l’incollocazione al lavoro deve essere intesa come stato di effettiva disoccupazione o non occupazione ricollegato ad una riduzione di capacità di lavoro, che non consente il reperimento di un’occupazione adatta alla ridotta capacità lavorativa dell’invalido, la cui prova può essere fornita in giudizio anche mediante presunzioni, senza che sia necessaria alcuna iscrizione o domanda di iscrizione nelle liste del collocamento ordinario. Orbene la L. n. 68 del 1999 non prevede più il limite di 55 anni ai fini dell’iscrizione nell’elenco dei disabili di cui all’art. 8, contemplando invece l’art. 1, comma 1, lett. a) l’applicabilità della legge stessa alle persone in età lavorativa affette da minorazioni fisiche, psichiche o sensoriali e ai portatori di handicap intellettivo, che comportino una riduzione della capacità lavorativa superiore al 45 per cento, accertata dalle competenti commissioni per il riconoscimento dell’invalidità civile. Al riguardo deve precisarsi che, nella vigenza della precedente normativa, la prevalente (e condivisa) giurisprudenza di questa Corte aveva ritenuto che per “incollocato”, ai sensi della ricordata L. 30 marzo 1971, n. 118, art. 13, doveva intendersi colui che avesse adempiuto l’onere di un comportamento teso al fine del “collocamento” e, ciò nonostante, fosse rimasto inoccupato, cosicchè tale comportamento si sostanziava nell’attivazione dei meccanismi previsti dalla L. n. 482 del 1968 e, quindi, nell’iscrizione (o nella domanda d’iscrizione) nelle liste speciali di collocamento degli invalidi (cfr, ex plurimis, Cass., SU, n. 203/1992; Cass., n. 1096/2003; Cass., n. 2628/2001, che, in particolare, pone in luce come, dato che l’iscrizione nelle liste speciali presuppone un accertamento della riduzione della capacità lavorativa da parte delle competenti commissioni e che, quindi, la tutela potrebbe venir meno per il periodo intercorrente dalla domanda di accertamento di quella situazione medico legale a quella della effettiva iscrizione nelle predette liste, sia sufficiente che l’interessato presenti la domanda di iscrizione).

Tali considerazioni devono ritenersi tuttora condivisibili pur nel descritto mutamento del quadro normativo, essendo rimaste identiche le finalità a cui tende la prescrizione dell’incollocazione al lavoro quale requisito per il conseguimento dell’assegno di invalidità, con la conseguente necessità dell’iscrizione dell’invalido, nella vigente nuova disciplina, all’elenco di cui alla L. n. 68 del 1999, art. 8 ovvero, quanto meno, nell’avvenuta presentazione della domanda di iscrizione (dovendo rilevarsi che, in base al disposto dell’art. 1, comma 4, della predetta legge, l’accertamento delle condizioni di disabilità che danno diritto di accedere al sistema per l’inserimento lavorativo dei disabili è effettuato dalle commissioni di cui alla L. 5 febbraio 1992, n. 104, art. 4).

3.- Il motivo di ricorso in quanto si fonda sulla rilevanza e sufficienza di un accertamento presuntivo del requisito dell’incollocazione al lavoro si rivela quindi privo di fondamento.

4. In conclusione la sentenza impugnata si sottrae alle censure sollevate col ricorso, il quale risulta infondato e deve essere respinto.

5.- Sussistono i presupposti ex art. 152 disp. att. c.p.c. per l’esenzione della ricorrente dalla condanna alle spese del giudizio.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso. Nulla spese.

Così deciso in Roma, il 31 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 18 maggio 2017

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