Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12553 del 09/06/2011

Cassazione civile sez. lav., 09/06/2011, (ud. 23/02/2011, dep. 09/06/2011), n.12553

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIDIRI Guido – Presidente –

Dott. COLETTI DE CESARE Gabriella – Consigliere –

Dott. MORCAVALLO Ulpiano – Consigliere –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

Dott. TRICOMI Irene – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DELLA FREZZA N. 17, presso l’Avvocatura Centrale

dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati DE ROSE

EMANUELE, TADRIS PATRIZIA, FABIANI GIUSEPPE, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

A.R.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 726/2007 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata il 03/05/2007 R.G.N. 2244/03;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

23/02/2011 dal Consigliere Dott. IRENE TRICOMI;

udito l’Avvocato TRIOLO VINCENZO per delega TADRIS PATRIZIA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CESQUI Elisabetta che ha concluso il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Corte d’Appello di Catanzaro, con la sentenza n. 726, del 3 maggio 2007, accoglieva l’appello proposto da A.R., nei confronti dell’INPS, avverso la sentenza del Tribunale di Rossano che aveva respinto la domanda di quest’ultima volta ad ottenere l’indennità per astensione obbligatoria e facoltativa dal lavoro, in relazione al parto avvenuto nel 1997, per assenza del requisito dell’iscrizione negli elenchi nominativi dei braccianti agricoli.

Il Giudice di appello riteneva che la domanda doveva essere accolta in quanto la A. aveva documentato la sua iscrizione negli elenchi anagrafici dai quali risultava il rapporto di lavoro subordinato in agricoltura, seppure con una congiunta, negli anni indicati nella domanda, mentre l’INPS non aveva formulato alcuna eccezione specifica in ordine al predetto rapporto, nè aveva prodotto o esibito verbali ispettivi dai quali si potessero desumere elementi di fatto idonei a far dubitare della sussistenza del suddetto rapporto di lavoro.

Ricorre l’INPS per la cassazione della suddetta sentenza, prospettando un motivo di ricorso.

La A. non si è costituita nel presente giudizio.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo di ricorso l’INPS ha dedotto la violazione dell’art. 414 c.p.c., n. 5, e dell’art. 437 c.p.c., comma 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. Ed invero, deduce il ricorrente che, anche a voler tralasciare l’affermazione, non corretta, contenuta nella sentenza di appello, circa la mancanza di contestazione da parte sua, la produzione della documentazione attestante l’iscrizione negli elenchi dei lavoratori agricoli in relazione agli anni 1997 e 1998, era avvenuta solo in appello, quando, ormai, ben potendo essere prodotta in precedenza, era inammissibile.

Il ricorrente ha articolato il seguente quesito di diritto: se ai sensi dell’art. 414 c.p.c., n. 5, e dell’art. 437 c.p.c., comma 2, l’omessa indicazione del certificato medico attestante la malattia per il periodo dal 17 al 27 marzo 1999, unitamente all’avviso di ricevimento della relativa raccomandata inviata all’Istituto, nell’atto introduttivo del giudizio di primo grado, e l’omesso deposito dei suddetti documenti contestualmente a tale atto, determinano la decadenza del diritto alla loro produzione, nell’ipotesi – non ricorrendo nella fattispecie – che la produzione di tali atti non sia giustificata dal tempo della loro formazione o dell’evolversi della vicenda processuale.

2. Il motivo non è fondato.

Occorre ricordare come le Sezioni Unite della Corte, chiamate a pronunciarsi sulla questione della produzione di documenti nel processo del lavoro, hanno formulato il seguente principio di diritto: “nel rito del lavoro, in base al combinato disposto dell’art. 416 c.p.c., comma 3, che stabilisce che il convenuto deve indicare a pena di decadenza i mezzi di prova dei quali intenda avvalersi, ed in particolar modo i documenti, che deve contestualmente depositare – onere probatorio gravante anche sull’attore per il principio di reciprocità fissato dalla Corte cost. con la sentenza n. 13 del 1977 – e art. 437 c.p.c., comma 2, che, a sua volta, pone il divieto di ammissione in grado di appello di nuovi mezzi di prova – fra i quali devono annoverarsi anche i documenti – l’omessa indicazione, nell’atto introduttivo del giudizio di primo grado, dei documenti, e l’omesso deposito degli stessi contestaulmetne a tale atto determinano la decadenza salvo che la produzione non sia giustificata dal tempo della loro formazione o dall’evolversi della vicenda processuale successivamente al ricorso e dalla memoria di costituzione (ad esempio, a seguito di riconvenzionale o di intervento o chiamata in causa del terzo); e la irreversibilità della estinzione del diritto di produrre i documenti, dovuta al mancato rispetto di termini perentori e decadenziali, rende il diritto stesso insuscettibile di reviviscenza in grado di appello. Tale rigoroso sistema di preclusioni trova un contemperamento – ispirato alla ricerca della verità materiale, cui è doverosamente funzionalizzato il rito del lavoro, teso a garantire una tutela differenziata in ragione della natura dei diritti che nel giudizio devono trovare riconoscimento – nei poteri di ufficio del giudice in materia di ammissione di nuovi mezzi di prova, ai sensi del citato art. 437 c.p.c., comma 2, ove essi siano indispensabili ai fini della decisione della causa, poteri, peraltro, da esercitare pur sempre con riferimento a fatti allegati dalle parti ed emersi nel processo a seguito del contraddittorio delle parti stesse”. (Cass., S.U., 20 aprile 2005 n. 8202, Cass. n. 24459 del 2006).

La Corte d’Appello di Catanzaro ha fatto corretta applicazione del suddetto principio.

Ed infatti, in ragione del rilievo della documentazione in questione ai fini del riconoscimento dell’indennità chiesta dalla A., è palese che la Corte ha ritenuto l’indispensabilità della documentazione in questione ed ha fatto applicazione dell’art. 437 c.p.c., non essendoci, altresì, contestazioni sulla documentazione in sè, da parte dell’INPS (anche nel presente ricorso si fa riferimento alla intervenuta contestazione sulla mancata iscrizione, ma non si richiamano difese volte a contestare la documentazione prodotta in appello).

3. Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato.

4. Nulla per le spese, in mancanza di attività difensiva dell’intimata.

P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso. Nulla per le spese.

Così deciso in Roma, il 23 febbraio 2011.

Depositato in Cancelleria il 9 giugno 2011

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