Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12551 del 17/06/2016

Cassazione civile sez. trib., 17/06/2016, (ud. 01/04/2016, dep. 17/06/2016), n.12551

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Presidente –

Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 14011-2010 proposto da:

C.S., elettivamente domiciliato in ROMA VIA XX

SETTEMBRE 118, presso lo studio dell’avvocato VINCENZO ARRIGO,

rappresentato e difeso dall’avvocato SERGIO SPINA con studio in

ACIREALE V.LE REGINA MARGHERITA 70 (avviso postale ex art. 135)

giusta delega a margine;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

e contro

AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE DI CATANIA UFFICIO

TERRITORIALE DI CATANIA, SERIT SICILIA SPA;

– intimati –

avverso la sentenza n. 140/2009 della COMM.TRIB.REG.SEZ.DIST. di

CATANIA, depositata il 16/04/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

01/04/2016 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE CRICENTI;

udito per il ricorrente l’Avvocato SPINA che ha chiesto

l’accoglimento;

udito per il controricorrente l’avvocato FIORENTINO che ha chiesto

il rigetto;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DEL

CORE SERGIO che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il ricorrente ha aderito al condono previsto dalla L. n. 289 del 2002, art. 12. Non ha tuttavia corrisposto in tempo la prima rata, costituita dall’80% della somma da versare, pagandola invece insieme alla seconda e definitiva scadenza.

L’Agenzia ha ritenuto tardivo il pagamento e non ha emesso attestazione di estinzione del debito.

Avverso tale diniego ha proposto ricorso il ricorrente, incorrendo in un rigetto della domanda, sia in primo che in secondo grado.

Ricorre per Cassazione deducendo una erronea interpretazione dell’art. 12 che, di per sè, non introdurrebbe alcuna ipotesi di decadenza per tardivo versamento della prima rata. Denuncia altresì omessa considerazione del fatto rilevante della malattia che gli ha impedito di pagare tempestivamente il primo acconto.

Resiste con controricorso l’Agenzia.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

La decisione impugnata ritiene decaduto dal diritto al condono, e dunque al pagamento in misura ridotta, il contribuente che ha versato in ritardo la prima rata (pari all’80% del dovuto), pagandola poi insieme alla seconda, ed ha ritenuto irrilevante il fatto di forza maggiore invocato.

1.- Con il primo motivo, il ricorrente denuncia erronea interpretazione della L. n. 289 de 2002, art. 12. La sentenza impugnata ha ritenuto “decaduto” il contribuente per il ritardo nel pagamento della prima rata, versata invero unitamente alla seconda.

Ritiene il ricorrente che la norma non prevede espressamente un’ipotesi di decadenza, che non può essere introdotta surrettiziamente in via interpretativa. In particolare, invoca il canone interpretativo secondo cui dove il legislatore non ha previsto è segno che non ha voluto. In secondo luogo cita a conferma della impossibilità di ritenere una decadenza, la regola, accolta dalla giurisprudenza, secondo cui l’adesione al condono comporta una novazione dell’obbligazione tributaria. A quest’ultima si sostituisce l’obbligazione assunta con l’accettazione del condono. Con la conseguenza che non si può decadere da una situazione giuridica novata.

Il motivo è infondato.

Innanzitutto esso non coglie la ratio decidendi della sentenza impugnata, che non ha dichiarato il contribuente decaduto per mancato versamento della prima rata. La decisione di secondo grado invero non attribuisce all’art. 12 la regola della decadenza per tardivo pagamento. Piuttosto essa fa governo di una giurisprudenza, proseguita pur dopo quella decisione, da cui si ricava che presupposto per poter usufruire del condono è il pagamento della rata contestualmente alla domanda (di condono). Ciò nel senso, non già che il mancato pagamento determina decadenza, ma che presupposto perchè possa operare la novazione del rapporto tributario con quello avente fonte nel condono è il pagamento contestuale di almeno 11800/0 (Cass. n. 6370 del 2006; Cass. n. 12410 del 2007; Cass. n. 16400 del 2015).

Il tardivo pagamento della prima rata, meglio, il non contestuale pagamento della prima rata (al momento della domanda) non comporta, come ritiene il ricorrente, una decadenza dal beneficio (o dal diritto), che non è ancora maturato e dunque non può estinguersi per decadenza; ma comporta semmai che il diritto al beneficio, rectius, la sostituzione dell’obbligo tributario con quello di pagare una somma minore, non sorge proprio, e la novazione non si produce.

Così che non rileva osservare che le ipotesi di decadenza devono essere previste espressamente, in quanto non di decadenza si tratta ma di fatto impedito del diritto, o dell’effetto novativo, che dir si voglia.

2.- Con il secondo motivo si denuncia omessa pronuncia relativamente alla invocata circostanza di forza maggiore. Ritiene il ricorrente che la sentenza impugnata ha omesso di considerare e di motivare su questo rilevante e decisivo fatto.

Il ricorrente aveva invocato una malattia che gli aveva impedito di pagare tempestivamente.

Il motivo è infondato.

Invero la decisione impugnata ha ritenuto irrilevante la circostanza, proprio partendo dal presupposto suddetto, ossia dalla regola per cui non si tratta di un termine suscettibile di essere interrotto da forza maggiore.

In altri termini, l’avere ritenuto che l’obbligazione da condono, e dunque la sostituzione di questa a quella tributaria, si verifica solo se contestualmente alla domanda viene pagata la prima rata (che ammonta all’80% del totale dovuto) rende di per sè irrilevante, come ritenuto dal giudice impugnato, il fatto invocato come causa di forza maggiore, posto che la contestualità tra domanda e pagamento significa anche inscindibilità dei due atti, nel senso che la causa di forza maggiore non può impedire l’una e non l’altra, o ritardare il compimento dell’una senza incidere anche sull’altra.

3.- Con il terzo motivo, si denuncia omessa motivazione su un fatto decisivo e controverso consistente nelle obiettive condizioni di incertezza legislativa, che avrebbero reso scusabile l’errore del pagamento tardivo. La sentenza non avrebbe in sostanza tenuto conto del fatto che la difficoltà di interpretazione dovuta alla confusione legislativa creatasi ha reso scusabile l’errore eventuale sulla tempestività del pagamento.

Il motivo è inammissibile.

In realtà, a ben vedere, non si denuncia l’omessa considerazione di una fatto, inteso in senso storico, bensì di una questione giuridica nei suoi esatti termini. E’ regola invece che: “il motivo di ricorso con cui – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, così come modificato dal D.Lgs. n. 2 febbraio 20016, n. 40 – si denuncia omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, deve specificamente indicare il “fatto” controverso o decisivo in relazione al quale motivazione si assume carente, dovendosi intendere per “fatto” non una “questione” o un “punto” della sentenza, ma un fatto vero e proprio e, quindi, un fatto principale, ex art. 2697 c.c., (cioè un fatto costitutivo, modificativo, impeditivo o estintivo) od anche un fatto secondario (cioè un fatto dedotto in funzione di prova di un fatto principale), purchè controverso e decisivo” (Cass. n. 2805 del 2011).

Del resto il motivo è infondato, anche con riferimento all’art. 16, comma 9, che in caso di errore scusabile prevede l’apposita procedura finalizzata all’integrazione del dovuto (Cass. n. 2723 del 2011).

Il ricorso va pertanto rigettato e le spese seguono la soccombenza.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese di lite che liquida in Euro 2.700,00, oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 1 aprile 2016.

Depositato in Cancelleria il 17 giugno 2016

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