Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12551 del 10/05/2019

Cassazione civile sez. I, 10/05/2019, (ud. 14/02/2019, dep. 10/05/2019), n.12551

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DIDONE Antonio – Presidente –

Dott. FEDERICO Guido – rel. Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 3360/2017 proposto da:

Olcese Spa, in Amministrazione Straordinaria, in persona del

Commissario Straordinario pro tempore, domiciliata in Roma, Piazza

Cavour, presso la Cancelleria Civile della Corte di Cassazione,

rappresentata e difesa dall’avvocato Daniele Luciano Portinaro,

giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Bezema Ag, in persona del legale rappresentante pro tempore,

domiciliato in Roma, Piazza Cavour, presso la Cancelleria Civile

della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dagli avvocati

Cesare Milazzo, Mila Milazzo, giusta procura in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2816/2016 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 05/07/2016;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

14/02/2019 dal Consigliere GUIDO FEDERICO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE

RENZIS Luisa, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso, la

cassazione della sentenza impugnata con rinvio alla C.A. di Milano

in con diversa composizione;

udito l’Avvocato Claudia Del Pozzo per la ricorrente, con delega, che

ha chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito l’Avvocato Cesare Milazzo contro ricorrente, che ha chiesto il

rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con atto di citazione notificato il 29.4.2011, la Olcese spa in amministrazione straordinaria conveniva innanzi al Tribunale di Milano la Bezema Ag, al fine di sentir dichiarare l’inefficacia dei pagamenti L. Fall., ex art. 67, comma 2, eseguiti dall’attrice nell’anno antecedente l’apertura della procedura concorsuale, con conseguente condanna della convenuta alla restituzione della somma di Euro 150.469,43.

Si costituiva in giudizio la Bezema Ag eccependo l’intervenuta prescrizione dell’azione revocatoria per avere l’attrice notificato l’atto decorso il termine quinquennale. Contestava altresì, nel merito, la sussistenza degli elementi soggettivi ed oggettivi dell’azione revocatoria.

Il Tribunale di Milano, con sentenza n. 2987/2013, in accoglimento della domanda, dichiarava l’inefficacia dei pagamenti eseguiti da Olcese spa in amministrazione straordinaria nei confronti di Bezema Ag e condannava quest’ultima alla restituzione della somma di Euro 150.469,43.

Avverso detta sentenza proponeva appello la Bezema Ag.

La Corte d’Appello di Milano, con la sentenza n. 2816/2016, in riforma delle sentenza di primo grado, dichiarava prescritta l’azione revocatoria fallimentare, condannando la Olcese spa in A.S. al pagamento delle spese di entrambe i gradi.

Avverso detta sentenza propone ricorso per cassazione, articolato in due motivi, la Olcese spa in Amministrazione straordinaria.

Resiste con controricorso la Bezema Ag.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il primo mezzo denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 2903 e 2935 c.c., nonchè del D.Lgs. n. 270 del 1999, art. 49 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, per avere la Corte territoriale affermato l’intervenuta prescrizione dell’azione revocatoria, ritenendo applicabile al caso di specie la previsione della L. 3 aprile 1979, art. 95, in luogo del D.Lgs. n. 270 del 1999, art. 49.

Il motivo è fondato.

La Corte territoriale ha ritenuto che la data di decorrenza del termine di prescrizione quinquennale dovesse individuarsi nel 17.12.2004, data di nomina del commissario giudiziale, vale a dire il soggetto legittimato ad azionare la relativa pretesa, e non già dalla data in cui il Ministro delle Attività Produttive aveva approvato il programma di liquidazione.

Tale statuizione non è conforme a diritto.

Secondo il più recente indirizzo di questa Corte, in tema di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi, sotto il vigore della nuova disciplina di cui al D.Lgs. n. 270 del 1999, l’azione revocatoria fallimentare può essere proposta, ex art. 49 del predetto decreto, dal commissario straordinario “soltanto se è stata autorizzata l’esecuzione di un programma di cessione dei complessi aziendali, salvo il caso di conversione della procedura in fallimento”. Ne consegue che, con riferimento al dies a quo per l’esperimento dell’azione, non può trovare applicazione il regime anteriore della L. n. 95 del 1979, secondo cui la revocatoria fallimentare è esperibile solo dalla data del decreto che dispone l’apertura della procedura e la nomina del commissario.

Da ciò discende che il termine di prescrizione per l’esercizio dell’azione revocatoria da parte di una società in amministrazione straordinaria decorre dal momento dell’approvazione del programma di cessione dei beni aziendali e non dalla nomina del Commissario straordinario, come invece avveniva in base alla precedente disciplina di cui alla L. n. 95 del 1979, poichè il D.Lgs. n. 270 del 1999, art. 49, nel disporre che l’azione revocatoria fallimentare può essere proposta dal Commissario straordinario “soltanto se è stata autorizzata l’esecuzione di un programma di cessione dei complessi aziendali”, prevede l’avveramento di una specifica condizione per l’esercizio dell’azione (Cass. 31194/2018; 21516/2017).

Orbene nel caso di specie il termine di prescrizione va fatto decorrere dal 9 giugno 2005, data di approvazione da parte del Ministero delle attività produttive del programma di liquidazione, e non anche dal 17 dicembre 2004, in cui fu aperta la procedura e nominato il commissario giudiziale.

Con il secondo motivo di ricorso si denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 149 c.p.c., u.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, per non avere la Corte territoriale applicato tale ultimo comma il quale prevede la scissione degli effetti della notifica tra notificante e destinatario.

Il motivo di ricorso è fondato.

Secondo il recente arresto delle Sez. U. di questa Corte, infatti, la regola della scissione degli effetti della notificazione per il notificante e per il destinatario, sancita dalla giurisprudenza costituzionale con riguardo agli atti processuali e non a quelli sostanziali, si estende anche agli effetti sostanziali dei primi, ove il diritto non possa farsi valere se non con un atto processuale, sicchè, in tal caso, la prescrizione è interrotta dall’atto di esercizio del diritto, ovvero dalla consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario per la notifica, mentre in ogni altra ipotesi tale effetto si produce solo dal momento in cui l’atto perviene all’indirizzo del destinatario (Cass. Sez. U. 24822/2015).

E’ pure pacifico che in tema di revocatoria fallimentare, nel regime anteriormente vigente applicabile ratione temporis, la prescrizione del diritto potestativo all’azione revocatoria, può essere interrotto unicamente con l’esercizio dell’azione giudiziale e non con un semplice atto di messa in mora (Cass. 18438/2010).

A differenza, dunque, delle ipotesi in cui l’interruzione della prescrizione può determinarsi anche con atto stragiudiziale, nella domanda di revocatoria fallimentare è applicabile il principio della “scissione” del momento perfezionativo della notifica quanto agli effetti sostanziali, id est interruzione della prescrizione.

Nel caso di specie, risulta che la prima notifica dell’atto di citazione fu tentata dal difensore della procedura, mediante consegna all’ufficiale giudiziario, l’8 giugno 2010 vale a dire entro i 5 anni dall’approvazione del programma e dunque in tempo utile per evitare la prescrizione.

L’atto di citazione ricevuto dall’autorità svizzera e consegnato alla Bezema Ag fu peraltro restituito al Tribunale svizzero competente poichè esso era privo di traduzione in lingua tedesca e pertanto alla prima udienza il giudice rinviava la causa e disponeva la rinnovazione della notifica dell’atto di citazione.

E ciò, in conformità all’indirizzo di questa Corte secondo cui la traduzione dell’atto nella lingua del cittadino destinatario non ne costituisce un elemento essenziale, consistendo soltanto in una specifica modalità della sola notificazione diretta a realizzarne l’effettiva conoscenza, con la conseguenza che la mancata allegazione della traduzione ed il rifiuto di accettazione da parte del convenuto comportano che la notificazione, pur sempre rivolta al destinatario, dev’essere considerata nulla, ma non inesistente, con l’effetto che il giudice, ai sensi dell’art. 291 c.p.c., è tenuto a disporne la rinnovazione, sempre che non avvenga la costituzione in giudizio dello stesso convenuto (Cass. Sez. U. 1820/2007).

Si pone dunque la questione se il principio affermato dalle sezioni unite di questa Corte della c.d. “scissione” degli effetti e conseguente retrodatazione degli effetti sostanziali (interruzione della prescrizione) di un atto a contenuto processuale (atto di citazione) si produca anche quando il procedimento notificatorio iniziato in tempo utile ai fini dell’interruzione della prescrizione, mediante consegna dell’atto di citazione, sia affetto da nullità.

Orbene, secondo il consolidato indirizzo di questa Corte la sanatoria della nullità (a differenza dell’inesistenza) della notificazione ha efficacia retroattiva, con la conseguenza che il principio di scissione degli effetti della notificazione trova applicazione anche nei casi di nullità di quest’ultima, qualora la stessa sia stata sanata dalla costituzione in giudizio del destinatario della notifica, (Cass. 22995/2014), poichè il vizio di tale notificazione è sanato, per raggiungimento dello scopo, con effetto ex tunc.

Ritiene il Collegio che alla medesima conclusione possa giungersi nella particolare ipotesi in cui alla notifica dell’atto e dunque al perfezionamento della notifica si riconnettano effetti non soltanto processuali, come nell’ipotesi sopra indicata, ma sostanziali, quali appunto l’interruzione della prescrizione.

Anche in tale ultima ipotesi, ricorrente nella fattispecie in esame, opera la c.d. “scissione” affermata dalle Sez. U. nella menzionata pronuncia 24822/2015: gli effetti sostanziali, in tal caso non possono che farsi risalire all’inizio del procedimento notificatorio retroagendo, secondo i principi generali, alla prima notifica, ancorchè affetta da nullità.

Il ricorso va dunque accolto, dovendo disattendersi l’eccezione di prescrizione accolta dalla Corte d’Appello.

La causa va dunque rinviata, per nuovo esame, alla Corte d’Appello di Milano, in diversa composizione, anche per la regolamentazione delle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso.

Cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’Appello di Milano in diversa composizione, anche per la regolazione delle spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, il 14 febbraio 2019.

Depositato in Cancelleria il 10 maggio 2019

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