Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12550 del 17/06/2015

Civile Sent. Sez. 5 Num. 12550 Anno 2015
Presidente: CAPPABIANCA AURELIO
Relatore: CRUCITTI ROBERTA

Ud.12.3.2015

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n.r.g.24659/2008 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE,

tempore,

in persona del Direttore pro
e

rappresentata

difesa

dall’Avvocatura

Generale dello Stato presso i cui uffici in Roma, via
dei Portoghesi n.12 è elettivamente domiciliata.
– ricorrente contro
Avv. A.A.,

sé stesso,

rappresentato e difeso da

G.G. e X.X.

rappresentati e difesi dal primo per procura a margine
del controricorso con ricorso incidentale, tutti
elettivamente domiciliati in Roma, via Pompeo Magno
n.2/B presso lo studio dell’Avv.Giuseppe Picone.

Data pubblicazione: 17/06/2015

-controricorrenti-ricorrenti incidentali-

avverso la sentenza della Commissione Tributaria
Regionale della Puglia n.186/2/07, depositata il
23.1.2008;

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro
tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura
Generale dello Stato presso i cui uffici in Roma, via
dei Portoghesi n.12 è elettivamente domiciliata.

ricorrente

contro
A.A.,

procuratore generale di
X.X.,
-controricorrente-

avverso la sentenza della Commissione Tributaria
Regionale della Puglia, n.70/2/2010, depositata in data
11.5.2010;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 12.3.2015 dal Consigliere Dott.Roberta
Crucitti;

e sul ricorso iscritto al n.r.g.22531/2010 proposto da:

udito per i controricorrenti-ricorrenti incidentali
l’A.A.
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale dott.Tommaso Basile che ha concluso per
il rigetto di entrambi i ricorsi e per il rigetto del

Ritenuto in fatto
A seguito di sentenza emessa dalla Corte dei Conti veniva riconosciuta
all’Avv.A.A., per sé e per i due figli all’epoca minori, la
pensione privilegiata indiretta di I categoria, quali eredi di T.T.,
dipendente del Ministero della P.I., deceduta nel 1982 a seguito di malattia
riconosciuta contratta per causa di servizio. Sull’importo lordo degli arretrati
liquidati dall’INPDAP, corrisposti nel 2003, veniva trattenuta l’IRPEF, calcolata
applicando all’ammontare percepito l’aliquota corrispondente alla metà del reddito
complessivo netto del biennio anteriore all’anno in cui gli arretrati erano stati
percepiti.
L’Avv. A.A., in proprio e nella qualità di procuratore dei figli
G.G. e X.X., impugnò, il silenzio rifiuto formatosi sull’istanza, presentata
il 30.7.2003, con la quale aveva chiesto il rimborso parziale della ritenute fiscali
operate dall’INPDAP sul presupposto che la tassazione, separata, andava operata
con l’applicazione dell’aliquota più favorevole, calcolata sul biennio precedente
l’anno di insorgenza del diritto a tali emolumenti, ovvero il biennio 1980-1981.
La Commissione Tributaria Provinciale rigettò il ricorso ma la decisione,
appellata dai contribuenti, è stata integralmente riformata dalla Commissione
Tributaria Regionale della Puglia la quale, con sentenza n. 186/2/07 depositata il

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ricorso incidentale.

23.1. 2008, ha dichiarato che l’aliquota irpef da applicare agli arretrati di pensione
era quella del biennio precedente l’insorgenza del diritto e che la trattenuta sugli
assegni accessori, sulla rivalutazione e sugli interessi andava applicata dal
1°/1/1998.
Il Giudice di appello, premesso che, per il principio della irretroattività

ripristinatorio di una sentenza di accertamento di un diritto deve mettere la parte
vincitrice nella stessa condizione in cui si sarebbe trovata se avesse ottenuto
tempestivo beneficio, ha censurato la prima sentenza di violazione dell’art.112
c.p.c. e di contraddittorietà ed ha fondato la decisione avvalorando
l’interpretazione data dal Commissario ad acta (nominato in sede di giudizio di
ottemperanza della sentenza resa nel merito del riconoscimento del diritto alla
pensione) il quale aveva stabilito che l’imposta non doveva gravare sugli assegni
accessori, sulla rivalutazione e sugli interessi fino al 31.12.1997 per il principio
della irretroattività delle leggi.
Avverso la sentenza l’Agenzia delle Entrate ha proposto il ricorso iscritto
al n.r.g. 24659/2008, affidandosi a cinque motivi.
L’Avv. A.A., che resiste con controricorso, ha
proposto ricorso incidentale su unico motivo.
Con altra istanza, del 18.12.2006, l’Avv. A.A. chiese il rimborso
dell’Irpef trattenuta dall’INPDAP sugli assegni accessori della pensione, sopra
specificata, assumendo che la tassazione dei suddetti assegni era esente da
tassazione in quanto il d.p.r. n.917/86 non aveva valore retroattivo ed, egualmente,
doveva ritenersi per la rivalutazione monetaria. Avverso il silenzio rifiuto
formatosi su detta istanza il contribuente propose ricorso che, previo rigetto

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delle leggi, e in diritto tributario, per Part.3 della legge 212/2000 l’effetto

dell’eccezione di ne bis in idem sollevata dall’Agenzia delle Entrate, venne
parzialmente accolto dalla Commissione Tributaria Provinciale di Bari la quale
ordinava il rimborso delle somme trattenute dall’INPDAP sull’ammontare degli
assegni accessori connessi alla pensione privilegiata corrisposta per il periodo 14
maggio 1982-31 dicembre 1986 nonché degli importi liquidati a titolo di

ricorso, atteso che gli arretrati, assoggettabili ab origine ad imposizione, andavano
tassati secondo l’aliquota media del biennio precedente l’anno della loro effettiva
percezione.
La decisione veniva confermata, con rigetto dell’appello principale
proposto dall’Agenzia delle Entrate ed accoglimento dell’incidentale del
contribuente, dalla Commissione Tributaria Regionale della Puglia la quale -(con la
sentenza n.7012/2010, depositata in data 11.5.2010), rigettata preliminarmente
l’eccezione di “ne bis in idem” avendo ritenuto la diversità di domande e cause
petendi tra i due giudizi- rilevava che sulla questione relativa all’esenzione da Irpef
degli assegni accessori, in mancanza di motivo di appello, si era formato il
giudicato. In ordine alla tassabilità degli interessi e della rivalutazione monetaria, il
Giudice di appello stabiliva che gli interessi e la rivalutazione monetaria sui crediti
di lavoro erano soggetti ad Irpef dal 30/12/1993 (data di entrata in vigore del d.l.
30/12/1993 n.557) mentre la tassabilità degli assegni accessori decorreva dal
1°.1.1987 (data di entrata in vigore del d.p.r. n.917/86).
Avverso la sentenza l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per
cassazione su due motivi resistito con controricorso dalla parte privata la quale ha,
anche, depositato memoria ex art.378 c.p.c.
Considerato in diritto

rivalutazione monetaria degli assegni predetta; mentre, per il resto, rigettava il

1.1 ricorsi vanno, preliminarmente riuniti, per evidenti ragioni di
connessione ex art.274 c.p.c.
2. Con il primo motivo del ricorso iscritto al n.24659/2008, la ricorrente
deduce, ai sensi del n.4, I comma, dell’art.360 la violazione dell’art.132, II comma,
c.p.c. per non avere la Commissione regionale illustrato le ragioni che

l’applicazione delle aliquote Irpef.
2.1.11 motivo è infondato. Non si ravvisa, infatti, la dedotta “apparenza” di
motivazione in quanto dalla lettura integrale delle sentenza impugnata sono
evincibili le ragioni per le quali il Giudice di appello ha ritenuto applicabile il
principio di irretroattività delle leggi tributarie anche con riferimento alle aliquote
hpef.
3.Con il secondo motivo dello stesso ricorso si deduce, invece, la falsa
applicazione dell’art.3 della legge n.21212000, in relazione all’art.360, I comma n.3
c.p.c., per avere la C.T.R. invocato il principio di irretroattività delle leggi
tributarie in modo astratto ed inconferente alla fattispecie nella quale, secondo la
prospettazione difensiva, non si controverteva sugli effetti di una legge tributaria
intervenuta successivamente all’insorgenza del diritto alla pensione, ma
sull’applicabilità agli arretrati di pensione del criterio di cassa stabilito dall’art.18
T.U.I.R.
4.Con il terzo motivo —rubricato: violazione del combinato disposto degli
artt.18 e 46 del d.p.r. n.917/1986, in relazione all’art.360, n.3 c.p.c.- si denuncia la
violazione del citato art.18 t.u.i.r. per avere il Giudice di appello ritenuto che sugli
arretrati da pensione andasse applicata l’aliquota media relativa al biennio in cui
era sorto il diritto alla percezione e non l’aliquota inerente il biennio di effettiva

collegherebbero il principio generale di irretroattività delle leggi tributarie con

percezione.
4. I motivi, trattati congiuntamente siccome involgenti la stessa questione,
sono ammissibili, in quanto sufficientemente specifici, e fondati.
Per costante giurisprudenza di questa Corte, le pensioni privilegiate
ordinarie (quale quella oggetto di contenzioso) non possono considerarsi esenti da

del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 601, non potendosi assimilare – in considerazione
della natura eccezionale dei casi di esenzione – alle pensioni di guerra, né alle
pensioni per invalidità contratta nel servizio militare di leva, secondo la rilettura
della Corte Costituzionale nella sentenza n. 387/1989, non assumendo alcun
rilievo la considerazione dell’eventuale componente risarcitoria degli emolumenti
in questione, in quanto ne resta ferma la natura reddituale di retribuzione differita
di prestazioni di lavoro (cfr. ex multis Cass. n.ri 10870/00; 17896/02; 28735/2005;
n.27938/2009, e di recente n.25293/2014).
Ciò posto in generale, nella specificazimfie materia oggetto di contenzioso
l’art.18 del d.p.r. n.917/86 (nella numerazione previgente) prevede espressamente
che per gli altri redditi a tassazione separata … l’imposta è determinata
applicando all’ammontare percepito l’aliquota corrispondente alla metà del
reddito complessivo netto del contribuente nel biennio anteriore a quello in cui è
sorto il diritto alla loro percezione, ovvero, per i redditi e le somme indicati,
rispettivamente alle lettere b), c bis) e n bis) del comma i dell’art.16, all’anno in
cui sono percepiti.
Il comma 1, lett b) dell’art.16 prevede tra gli altri redditi soggetti a
tassazione separata gli emolumenti arretrati per prestazioni di lavoro dipendente
rifèribili ad anni precedenti …compresi i compensi e le indennità di cui al comma

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imposizione fiscale diretta, in quanto non comprese tra i redditi indicati dall’art. 34

2 dell’art. 46. Detto ultimo articolo al suo secondo comma statuisce che
costituiscono, altresì, redditi da lavoro dipendente a) le pensioni di ogni genere e
gli assegni ad esse equiparati; b) le somme di cui all’art.429 ultimo comma del
codice di procedura civile.
4.1. Atteso il chiaro tenore testuale della normativa di riferimento, non

controversia, vada applicata l’aliquota secondo il “principio di cassa” (ovvero la
media del reddito complessivo netto nel biennio anteriore all’anno in cui sono
percepiti) laddove tutti i riferimenti adottati dalla Commissione Regionale, a
sostegno della tesi contraria, appaiono errati. Rimangono, infatti, estranei
all’odierna fattispecie sia il principio generale dell’ irretroattività delle leggi e, in
diritto tributario, l’eguale principio sancito dall’art.3 della legge n.212/2000 non
vertendosi, per come è pacifico, dell’applicabilità retroattiva di una norma di legge
che abbia, in ipotesi, introdotto successivamente una diversa e più sfavorevole
misura di aliquota, ma dell’applicazione dell’aliquota sulla base di un reddito come
determinato per legge. Né, in senso contrario, appaiono risolutive le
argomentazioni svolte in controricorso e nella memoria da parte contribuente,
laddove, da un canto, dalla lettura della norma è evidente che all’ovvero usato dal
legislatore nell’art.18 citato non può attribuirsi il significato di scelta alternativa
invocato dalla parte privata e, dall’altro, il danno prospettato (applicazione di una
maggiore aliquota a causa del maggior reddito conseguito nelle more del
riconoscimento del diritto alla pensione) non consegue direttamente
dall’applicazione del criterio determinato per legge, ma è un dato meramente
ipotetico, siccome legato a variabili fattori soggettivi della sfera del percipiente la
pensione. Né, ancora, può ritenersi fondato il sospetto, avanzato in controricorso, di

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appare revocabile in dubbio che in ordine agli arretrati di pensione, oggetto di

illegittimità costituzionale dell’art.18 del d.p.r. n.917/86 in quanto, da un lato, il
criterio temporale stabilito dalla norma alla percezione degli arretrati costituisce il
momento in cui viene a sostanziarsi il fondamento costituzionale della capacità
contributiva e, dall’altro, in ordine alla dedotta ingiustizia della situazione
conseguente al protrarsi del contenzioso instaurato con l’Ente previdenziale, può

manchino nell’ordinamento giuridico vigente specifiche e soddisfacenti forme di
tutela esercitabili in altra sede (così Cass.n.15873/2009).
5.Con il quarto motivo dello stesso ricorso si denuncia la violazione
dell’arti del d.lgs. n.314/1997 e si censura l’assoggettamento, operato dalla
Commissione Regionale, a tassazione degli interessi maturati a decorrere dal primo
gennaio 1998; mentre lo stesso capo di sentenza viene censurato, con il quinto
motivo, per violazione e falsa applicazione dell’art.3 della legge n.212/2000
(cd.Statuto del contribuente).
6. Anche questi ultimi motivi sono fondati. All’uopo è sufficiente
richiamare, condividendolo, il consolidato orientamento di questa Corte (Cass. n.ri
15873-15877/2009, n.ri 5575-19325/2011) secondo cui gli interessi corrisposti sui
crediti di lavoro per competenze arretrate (a questi assimilati gli arretrati di
pensione) costituiscono reddito da lavoro dipendente, assoggettabile a tassazione
ai sensi dell’art. 6 del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (così come modificato, con
effetto dal 30 dicembre 1993, dall’art. 1 del d.1 30 dicembre 1993, n. 557, conv.
con modifiche nella 1. 26 febbraio 1994, n. 133), alla pari di qualsiasi erogazione
economica che abbia titolo nel rapporto di lavoro, anche se maturati in epoca
anteriore al 1994 ed indipendentemente dalle cause del ritardo nel pagamento, in
quanto la percezione costituisce il momento decisivo ai fini dell’imposizione fiscale

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rilevarsi come, sussistendone eventualmente i necessari presupposti di legge, non

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:

prevista dalla normativa citata, non sospettabile, peraltro, di incostituzionalità,
essendo il discrimine temporale un elemento diversificatore idoneo a giustifkare
una differente regolamentazione di vicende simili.
Si è, infatti, condivisibilmente, rilevato che “il D.L. n. 557 del 1993, art. 1,
comma 1, conv con modificazioni nella L. n. 133 del 1994, con effetto dal 30

periodo, secondo cui “gli interessi moratori e gli interessi per dilazione di
pagamento costituiscono redditi della stessa categoria di quelli da cui derivano i
crediti su cui tali interessi sono maturati”. L’art. l, del D.L. citato recita
testualmente che “le disposizioni della comma 1, lett. a) e c), si applicano anche ai
fini delle ritenute alla fonte, per gli interessi percepiti dalla data di entrata in vigore
del decreto”. Ciò posto, non si può non fermare l’attenzione sul dato letterale della
norma con il suo esplicito ed univoco riferimento al momento della percezione
degli interessi inteso come momento decisivo ai fini dell’applicabilità ratione
ternporis della previsione normativa. Ne consegue che anche in ipotesi di interessi
maturati prima del 1994 ma percepiti dopo tale data, la lettera della legge non
consente di distinguere tra le cause del ritardo, trattandosi in ogni caso di un credito
di lavoro dipendente, ed, in quanto tale, tassabile alla pari di qualsiasi erogazione
economica effettuata dal datore di lavoro e avente titolo immediato e diretto nel
rapporto di lavoro (Cass. n. 27036/05, n. 11178/04, n. 6246/2004, n. 6543/2003, n.
6252/2004, n. 15836/2004).
7.La sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Puglia
(n.186/2/07 depositata il 23 gennaio 2008) che si è discostata dai superiori principi
merita, pertanto, in accoglimento di tutti i motivi di ricorso ad eccezione del primo,
la cassazione con rinvio al Giudice di merito perché riesamini la vicenda

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dicembre 1993, ha aggiunto al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 6, un secondo

processuale applicando i superiori principi. Tale soluzione comporta
l’assorbimento dell’unico motivo di ricorso incidentale con il quale si è dedotta la
violazione dell’art.92 c.p.c. per avere il Giudice di appello, con motivazione
insufficiente, compensato tra le parti le spese processuali.
8.11 primo motivo del ricorso iscritto al n.r.g. 22531/10 —rubricato:

violazione dell’art.39 c.p.c. con riferimento all’articolo 360, I comma, n.4 c.p.c. e
con il quale la ricorrente deduce l’errore perpetrato dalla Commissione Tributaria
Regionale nel rigettare l’eccezione di ne bis in idem va dichiarato inammissibile
per sopravvenuto difetto di interesse a seguito della disposta riunione dei due
ricorsi resasi opportuna, per come già esposta, per la connessione dei processi le
cui sentenze conclusive (ed oggi impugnate), peraltro, pur vertendo su questioni
diverse, recano, per ciò che concerne gli assegni, una sovrapposizione nei
dispositivi.
9.Con il secondo motivo rubricato: violazione degli artt.49 (46), 17 (16) e

21(18) del d.p.r. 917/86 in relazione all’art.360, I comma, n.3 c.p.c.- l’Agenzia
delle Entrate censura la sentenza impugnata per avere ritenuto la tassabilità degli
assegni accessori, connessi alla pensione privilegiata, a partire dal 1.1.1987 (data
di entrata in vigore del d.p.r. 917/1986 TUIR) ed avere ritenuto tassabili gli
interessi e la rivalutazione monetaria a partire dal 30.12.1993 (data di entrata in
vigore del d.l. n.557/93).
9.1.1n controricorso la parte privata ha eccepito che la questione relativa
alla non assoggettabilità a tassazione IRPEF degli assegni è, ormai, coperta da cosa
giudicata e che, pertanto, non può più discutersi né di interessi né di rivalutazione
su tale credito la cui esclusione dalla tassazione è rimasta intangibilmente
accertata.

li

9.2. In effetti, la sentenza impugnata dà espressamente atto che

l’appello

non fa alcun rifèrimento all’art.34 del d.p.r. n.601/73 che prevedeva l’esenzione da
IRPEF degli assegni accessori, per cui tale questione, non essendo stata devoluta
alla cognizione di questo Collegio deve essere ritenuta come passata in cosa
giudicata e tale capo non risulta soggetto a censura. Sulla questione, per quello che

tassabilità degli assegni accessori a partire dal I gennaio 1987, data di entrata in
vigore del d.p.r. n.917186, decisione espressamente confermata nella motivazione
resa dalla Commissione regionale nella sentenza impugnata.
9.3. Pertanto, il motivo, nella parte involgente l’accertamento in ordine
all’assoggettabilità all’Iperf degli assegni nel periodo precedente il I gennaio 1987,
va dichiarato inammissibile per essere intervenuto il giudicato.
9.4. In ordine, invece, al capo di sentenza che ha ritenuto tassabili gli
interessi e la rivalutazione monetaria su detti assegni a decorrere dal di.
30.12.1993 n. 557, non può condividersi l’assunto del controricorrente secondo cui
essendo stato il credito per gli assegni ritenuto, con efficacia di giudicato, esente
da iperf non può più oggi introdursi alcuna questione in ordine alla rivalutazione

monetaria che di quel credito esente costituisce accessorio. Come sopra rilevato,
infatti, la C.T.R. ha ritenuto il credito da assegno accessorio esente da imposta solo
sino al 31.12.1986.
9.5. Il motivo, pertanto, su tale capo e con i detti limiti, va accolto alla luce
delle stesse considerazioni di cui al quarto e quinto motivo di cui al ricorso iscritto
al n.r.g.24659/08 in continuità ai principi già enunciati da questa Corte con le citate
sentenze.
In conclusione, rigettato il primo motivo ed in accoglimento parziale del

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risulta dagli atti, la Commissione Tributaria Provinciale aveva affermato la

a diversa Sezione della Commissione Tributaria Regionale della Puglia la quale
provvederà al riesame dell’intera vicenda processuale applicando i principi esposti
ed a regolare le spese processuali
P.Q.M.
La Corte, riuniti i ricorsi;
in accoglimento di tutti i motivi, ad eccezione del primo, del ricorso iscritto al
n.r.g.24569/08, assorbito il ricorso incidentale, ed in parziale accoglimento del solo
secondo motivo del ricorso iscritto al n.r.g. 22531/10, cassa le sentenze impugnate,
nei limiti di cui in motivazione, e rinvia, anche per le spese, a diversa Sezione
della Commissione Tributaria Regionale della Puglia.
Così deciso in Roma, il 12.3.2015

4

eSENTE DA REGISTRAZIONE
SENSI.DEL D.P.R. 294/196
N. 131 TA1L B. – N. 5
MAMMA baUTARIA
secondo, anche tale sentenza va cassata nei limiti di cui in motivazione con rinvio

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