Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1255 del 20/01/2011

Cassazione civile sez. lav., 20/01/2011, (ud. 16/12/2010, dep. 20/01/2011), n.1255

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROSELLI Federico – Presidente –

Dott. AMOROSO Giovanni – Consigliere –

Dott. BANDINI Gianfranco – rel. Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. TRICOMI Irene – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 3185/2007 proposto da:

N.E., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA RIDOLFINO

VENUTI 42, presso lo studio dell’avvocato CAUTI ANTONIO,

rappresentata e difesa dall’avvocato RUCCI Fernando, giusta delega in

atti;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’Avvocatura Centrale

dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati RICCIO

Alessandro, BIONDI GIOVANNA, VALENTE NICOLA, PULLI CLEMENTINA, giusta

delega in calce alla copia notificata del ricorso;

– resistente con mandato –

avverso la sentenza n. 774/2006 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

depositata il 29/08/2006 r.g.n. 352/03;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

16/12/2010 dal Consigliere Dott. GIANFRANCO BANDINI;

Udito l’Avvocato PULLI CLEMENTINA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

APICE Umberto, che ha concluso per l’inammissibilità o rigetto.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Corte d’Appello dell’Aquila, con sentenza del 6.7 – 29.8.2006, accogliendo l’impugnazione proposta dall’Inps avverso la sentenza di prime cure, rigettò la domanda svolta da N.E. e diretta al riconoscimento dell’assegno ordinario di invalidità; a sostegno del decisum la Corte territoriale richiamò, condividendoli, gli accertamenti e le conclusioni del CTU nominato in grado di appello.

Avverso l’anzidetta sentenza N.E. ha proposto ricorso per cassazione fondato due motivi.

L’Inps ha depositato procura, partecipando alla discussione.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo la ricorrente denuncia vizio di motivazione, rilevando che la Corte territoriale, facendo proprie le conclusioni del CTU, ha tralasciato di considerare che essa ricorrente, a causa delle malattie da cui è affetta, è stata ed è sottoposta a una terapia specifica che determina una notevole riduzione dell’attenzione e dei riflessi, il che influisce negativamente sulla sua attività lavorativa di infermiera; inoltre gli sforzi fisici a cui è sottoposta hanno avuto una grave ripercussione sulla malattia lombosacrale e una notevole incidenza negativa ha avuto anche la patologia neurologica.

Con il secondo motivo la ricorrente denuncia violazione della L. n. 222 del 1984, art. 1, non essendo stati riconosciuti i pur sussistenti presupposti di legge.

2. Osserva preliminarmente la Corte che l’art. 366 bis c.p.c., è applicabile ai ricorsi per cassazione proposti avverso i provvedimenti pubblicati dopo l’entrata in vigore (2.3.2006) del D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40 (cfr., D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 27, comma 2) e quindi anche al presente ricorso, non trovando invece applicazione, ratione temporis, la novella di cui alla L. n. 69 del 2009, art. 47, che, fra l’altro, ha abrogato il predetto art. 366 bis c.p.c..

In base all’art. 366 bis c.p.c., nei casi previsti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 1), 2), 3) e 4), l’illustrazione di ciascun motivo sì deve concludere, a pena di inammissibilità, con la formulazione di un quesito di diritto, mentre, nel caso previsto dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, sempre a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione. Secondo l’orientamento di questa Corte il principio di diritto previsto dall’art. 366 bis c.p.c., deve consistere in una chiara sintesi logico-giuridica della questione sottoposta al vaglio del giudice di legittimità, formulata in termini tali per cui dalla risposta – negativa od affermativa – che ad esso si dia, discenda in modo univoco l’accoglimento od il rigetto del gravame (cfr, ex plurimis, Cass., SU, n. 20360/2007), mentre la censura concernente l’omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione deve contenere un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto) che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità (cfr., ex plurimis, Cass., SU, n. 20603/2007).

Nei caso che ne occupa il primo motivo di ricorso, svolto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, è privo del ridetto momento di sintesi, mentre il secondo, svolto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, è privo del quesito di diritto.

Ne discende l’inammissibilità di ambedue i motivi e, con ciò stesso, del ricorso.

3. Non è luogo a pronunciare sulle spese, attesa l’applicabilità, ratione temporis, dell’art. 152 disp. att. c.p.c., nel testo vigente anteriormente alla novella di cui a D.L. 30 settembre 2003, n. 269, convertito in L. 24 novembre 2003, n. 326.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; nulla per le spese.

Così deciso in Roma, il 16 dicembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 20 gennaio 2011

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