Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12549 del 21/05/2010

Cassazione civile sez. lav., 21/05/2010, (ud. 23/04/2010, dep. 21/05/2010), n.12549

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –

Dott. LAMORGESE Antonio – Consigliere –

Dott. D’AGOSTINO Giancarlo – rel. Consigliere –

Dott. CURCURUTO Filippo – Consigliere –

Dott. MAMMONE Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 17731-2009 proposto da:

C.P., CR.GI., CR.SE.EL.,

CR.AN., tutti quali eredi di Cr.Sa.,

elettivamente domiciliati in ROMA, VIALE MAZZINI 55, presso lo studio

dell’avvocato S. COLETTA, rappresentati e difesi dagli avvocati DE

ANGELIS CORRADO, CLAUDIO GOLINO, giusta mandato speciale a margine

del ricorso;

– ricorrenti –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

Presidente pro tempore e legale rappresentante, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’Avvocatura

Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati RICCIO

ALESSANDRO, PULLI CLEMENTINA, VALENTE NICOLA, giusta procura speciale

in calce al ricorso notificato;

– resistenti –

e contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, REGIONE LAZIO;

– intintati –

avverso la sentenza n. 708/2008 della CORTE D’APPELLO di ROMA del

25/01/08, depositata il 11/07/2008;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

23/04/2010 dal Consigliere Relatore Dott. GIANCARLO D’AGOSTINO;

è presente il P.G. in persona del Dott. CARLO DESTRO.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

Cr.Sa. chiedeva al Tribunale di Latina il riconoscimento del diritto all’assegno mensile di invalidità dalla domanda amministrativa dell’11.3.1997. Il Tribunale, disposta una CTU che riconosceva al ricorrente una invalidità del 75% a decorrere dal maggio 2001, con sentenza del 26.8.2004 dichiarava cessata la materia del contendere poichè il Ministero del Tesoro aveva riconosciuto in sede amministrativa il diritto del Cr. a decorrere dal giugno 2001. Gli eredi di Cr.Sa., nel frattempo deceduto, proponevano impugnazione insistendo per la decorrenza della prestazione dal marzo 1997 e la Corte di Appello di Roma, con sentenza depositata l’11 luglio 2008, rigettava l’appello sul rilievo che gli appellanti non avevano fornito prova alcuna del requisito reddituale e dell’incollocazione al lavoro del loro dante causa.

Avverso detta sentenza gli eredi di Cr.Sa. in epigrafe indicati hanno proposto ricorso per cassazione con due motivi con i quali hanno denunciatola) violazione della L. n. 118 del 1971, art. 13 e della L. n. 482 del 1968 per non avere il giudice di appello considerato che il Cr. al momento della presentazione della domanda amministrativa aveva già compiuto il 57 anno di età per cui non poteva essere iscritto negli speciali elenchi per il collocamento obbligatorio; b) difetto di motivazione per non avere il giudice di appello considerato che il ricorrente in primo grado aveva prodotto documentazione attestante sia il possesso di un reddito non superiore a quello richiesto per la prestazione assistenziale, sia l’iscrizione nell’elenco speciale delle categorie aspiranti al collocamento obbligatorio dopo l’entrata in vigore della L. n. 68 del 1999.

Gli intimati Ministero dell’Economia e Regione Lazio non si sono costituiti. L’Inps ha depositato procura.

Il ricorso è inammissibile poichè i ricorrenti non hanno riprodotto in ricorso il contenuto dei documenti asseritamente ignorati dal giudice di appello, sicchè questa Corte non è in condizione di verificare la fondatezza e la decisività della censura.

E’ stato infatti affermato che il ricorrente per cassazione che intenda dolersi dell’omessa o erronea valutazione di un documento da parte del giudice di merito, ha il duplice onere – imposto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 a pena di inammissibilità – di produrlo agli atti e di indicarne il contenuto; il primo onere va adempiuto indicando esattamente nel ricorso in quale fase processuale sia stato prodotto ed in quale fascicolo di parte si trovi il documento in questione; il secondo onere deriva dal fatto che il soddisfacimento della funzione della citata norma, che ha previsto un contenuto minimo necessario del ricorso, postula che nel ricorso il contenuto di tale documento sia trascritto o almeno riassunto, atteso che l’assolvimento di tale onere è preordinato a tutelare la garanzia dello svolgimento della difesa dell’intimato e, al contempo, la piena conoscibilità dei fatti da parte del giudice di legittimità, il quale, ove non sia dedotto un “error in procedendo”, non è abilitato all’esame diretto degli atti dei giudizi di merito (Cass. n. 15628/2009, n. 22303/2008, Sez. Un. n. 23019/2007).

Il ricorso, pertanto, deve essere respinto. Nulla per le spese di questo giudizio a norma dell’art. 152 disp. att. c.p.c. nel testo vigente prima delle modifiche introdotte dalla L. n. 326 del 2003.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese.

Così deciso in Roma, il 23 aprile 2010.

Depositato in Cancelleria il 21 maggio 2010

 

 

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