Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12549 del 10/05/2019

Cassazione civile sez. I, 10/05/2019, (ud. 29/01/2019, dep. 10/05/2019), n.12549

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VALITUTTI Antonio – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 28135/2013 proposto da:

Naxos Immobiliare Costruzioni s.r.l., in persona legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via

G. Pisanelli n. 40, presso lo studio dell’avvocato Bruno Biscotto,

che la rappresenta e difende unitamente all’Avvocato Emanuele Urso

giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

A.B., elettivamente domiciliato in Roma, Via Crescenzio n.

58, presso lo studio dell’Avvocato Bruno Cossu, che lo rappresenta e

difende unitamente agli Avvocati Savina Bomboi, Paolo Dal Zilio e

Paolo Toffoli giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 418/2013 della CORTE D’APPELLO di TRIESTE,

depositata il 29/4/2013;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

29/1/2019 dal Consigliere Dott. PAZZI ALBERTO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con contratto stipulato in data 10 agosto 2006 A.B. si obbligava ad acquistare da Naxos Immobiliare di Costruzioni s.r.l. un’unità immobiliare da edificarsi in (OMISSIS), con termine per la consegna sino al 30 giugno 2007, versando una caparra di Euro 100.000.

All’esito della procedura arbitrale attivata dall’ A. nei confronti di Naxos Immobiliare di Costruzioni s.r.l. in forza della clausola compromissoria presente in contratto il collegio arbitrale costituito, in data 12 novembre 2009, pronunciava il lodo, che veniva poi notificato alle parti il 26 marzo 2010.

2. Dietro impugnazione di Naxos Immobiliare di Costruzioni s.r.l, la Corte d’Appello di Trieste dichiarava la nullità del lodo arbitrale ai sensi dell’art. 829 c.p.c., comma 1, n. 6, poichè lo stesso era stato pronunciato dopo la scadenza del termine stabilito; la corte distrettuale, provvedendo poi nel merito, riteneva che le parti avessero previsto in contratto un termine di natura essenziale, rilevava che Naxos Immobiliare di Costruzioni s.r.l. era inadempiente, per non aver consegnato il bene promesso in vendita nel termine essenziale pattuito, e, una volta accertata la risoluzione del preliminare, condannava il promittente venditore rimasto inadempiente alla restituzione della caparra e al ristoro del danno subito dalla controparte.

3. Per la cassazione di detta sentenza ha proposto ricorso Naxos Immobiliare di Costruzioni s.r.l. prospettando tre motivi di doglianza, ai quali ha resistito con controricorso A.B..

La ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380 bis.1 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

4.1 Il primo motivo, sotto la rubrica “violazione e/o falsa applicazione di norma di diritto e del contratto, in relazione all’art. 1457 c.c. – omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5)”, denuncia l’erronea qualificazione come essenziale del termine di consegna per il solo fatto che nel preliminare le parti avessero previsto come giustificazione per un eventuale ritardo solo cause di forza maggiore: la Corte d’Appello, pur potendo qualificare come essenziale il termine in presenza di un’inequivocabile volontà delle parti di considerare oramai perduta l’utilità economica del contratto con l’inutile decorso del termine previsto, avrebbe erroneamente ravvisato una simile pattuizione, mal interpretando il contenuto letterale della clausola e non apprezzando adeguatamente l’irrilevanza del rinvio di tre mesi del termine fissato, che non faceva certo venire meno l’utilità perseguita.

Nel compiere una simile valutazione la Corte d’Appello avrebbe del tutto trascurato di considerare il comportamento tenuto dal promissario acquirente a seguito dello spirare del termine pattuito per la stipula del contratto definitivo, di natura tale da palesare il permanere dell’utilità economica del contratto e la rinuncia implicita all’essenzialità del termine.

Infine la corte distrettuale, mal governando le emergenze istruttorie, avrebbe erroneamente ritenuto che il fermo cantieri imposto dal Comune di Lignano non fosse giustificazione valida per il ritardo.

4.2 La doglianza risulta per un verso infondata, per l’altro inammissibile.

4.2.1 La consolidata giurisprudenza di questa Corte ritiene che il termine per l’adempimento possa essere qualificato come essenziale, ai sensi e per gli effetti dell’art. 1457 c.c., solo quando risulti inequivocabilmente la volontà delle parti di ritenere perduta l’utilità economica del contratto con l’inutile decorso del termine medesimo, all’esito di indagine istituzionalmente riservata al giudice di merito, da condursi alla stregua delle espressioni adoperate dai contraenti e, soprattutto, della natura e dell’oggetto del contratto (Cass. 14426/2016, Cass. 21838/2010 n. e Cass. 25549/2007).

A questo principio si è ispirata la corte territoriale, la quale, a prescindere dal mancato utilizzo di formule solenni, ha inteso valorizzare a tal fine l’individuazione ad opera delle parti di un termine per la consegna dell’unità immobiliare promessa in vendita derogabile solo per cause di forza maggiore non imputabili al venditore.

Una volta individuata da parte del giudice di merito la volontà delle parti di ritenere perduta l’utilità economica al superamento del termine previsto, in ragione della previsione di un necessario legame fra l’unica possibilità di ritardo ammessa e il ricorrere di evenienze inevitabili e non imputabili a colpa del promittente venditore, la motivazione offerta, non rivedibile nel merito in questa sede, può essere censurata nei limiti del vizio di motivazione.

4.2.2 Non può poi essere considerata causa di forza maggiore non imputabile alla venditrice, secondo la logica valutazione in fatto della Corte d’Appello, la sospensione dei lavori da parte del Comune, poichè la stessa è intervenuta in data 1 luglio 2008, ossia quando il termine per la consegna dell’opera era ormai scaduto.

Sotto tale profilo la censura è inammissibile – implicando una nuova valutazione di fatti già apprezzati dal giudice del merito, anche mediante riesame del teste escusso, la cui deposizione è riprodotta nel ricorso – ma è anche infondata.

4.2.3 Ed invero, l’accertata essenzialità del termine ha legittimato il recesso del compratore, intimato con atto del 2 agosto 2007.

La risoluzione del contratto di diritto per una delle cause previste dagli artt. 1454,1455 e 1457 c.c., non preclude alla parte adempiente, nel caso in cui sia contrattualmente prevista una caparra confirmatoria, l’esercizio della facoltà di recesso ai sensi dell’art. 1385 c.c., per ottenere, invece del risarcimento del danno, la ritenzione della caparra o la restituzione del suo doppio, poichè dette domande hanno una minore ampiezza rispetto a quella di risoluzione e possono perciò essere proposte anche nel caso in cui si sia verificata di diritto la risoluzione stessa (cfr. Cass. 14014/2017, Cass. 26206/2017).

Ebbene, il recesso ha determinato la risoluzione stragiudiziale del contratto per inadempimento della controparte (cfr. Cass. 5095/2015), con la conseguenza che il comportamento successivo al recesso non può valere, come dedotto dalla ricorrente, come rinuncia all’essenzialità del termine (p. 13 del ricorso), essendosi il contratto risolto proprio in ragione dell’essenzialità del termine che ha giustificato il recesso, ma semmai come rinuncia al recesso, come affermato dall’impugnata sentenza (p. 18).

Queste valutazioni, istituzionalmente affidate al giudice di merito, non possono, pertanto, essere scalfite dal rilievo – che costituirebbe, secondo la ricorrente, un fatto decisivo la cui considerazione sarebbe stata omessa, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 – della mancata considerazione, da parte del giudice di appello, del comportamento dell’ A. successivo alla scadenza del suddetto termine, concretatosi nel “dialogare” con la Naxos circa la consegna dell’immobile, fino al sopralluogo del (OMISSIS).

Infatti, a prescindere dal fatto che tale comportamento è stato considerato dalla Corte, sia pure ad altri fini, si tratta di un fatto non decisivo per l’individuazione dell’essenzialità del termine, che l’acquirente ha mostrato di considerare tale anche dopo la scadenza del 30 giugno 2008, notificando alla controparte il recesso dal contratto, cui ha fatto seguito – dopo il sopralluogo del febbraio 2008 – la domanda di risoluzione, dinanzi agli arbitri, del contratto per inadempimento.

5.1 Il secondo mezzo, sotto la rubrica “violazione e/o falsa applicazione di norma di diritto in relazione agli artt. 1385 e 1455 c.c. – omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5)”, assume che la decisione impugnata avrebbe omesso di valutare la gravità dell’asserito inadempimento di Naxos Immobiliare di Costruzioni s.r.l. in funzione tanto del recesso esercitato dall’ A., quanto dell’inadempimento ascritto al promittente venditore.

5.2 Anche in questo caso il motivo risulta da un lato infondato, dall’altro inammissibile.

5.2.1 Nel caso in cui le parti abbiano individuato un termine essenziale ai sensi dell’art. 1457 c.c., non trova applicazione il disposto dell’art. 1455 c.c..

In proposito questa Corte ha già precisato che, in presenza di un termine essenziale, la risoluzione di diritto del contratto prescinde da un’indagine sulla rilevanza dell’inadempimento, essendo stata tale importanza già anticipatamente valutata dai contraenti, e postula solo la sussistenza e l’imputabilità dell’inadempimento stesso (Cass. 9275/2005, Cass. 8881/2000).

La sentenza impugnata non si presta quindi a censure laddove non si è soffermata a valutare la gravità dell’inadempimento ascritto a Naxos Immobiliare di Costruzioni s.r.l., posto che gli unici profili che venivano in rilievo – e considerati dalla Corte – erano l’essenzialità del termine previsto in contratto e la mancanza di cause del ritardo non imputabili alla venditrice.

5.2.2 Il vizio di motivazione denunciato riguarda perciò circostanze di natura non decisiva, vertendo sull’omessa valutazione di fatti storici ai fini dell’apprezzamento della gravità dell’inadempimento che, come detto, non doveva essere effettuato.

6.1 Il terzo motivo, sotto la rubrica “violazione e/o falsa applicazione di norma di diritto in relazione all’art. 1385 c.c. – omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5)”, lamenta il mancato esame della domanda relativa alla legittimità del recesso formulato da Naxos.

6.2 Il motivo è inammissibile.

La disciplina dettata dall’art. 1385 c.c., comma 2, in tema di recesso per inadempimento nell’ipotesi in cui sia stata versata una caparra confirmatoria non deroga affatto alla disciplina generale della risoluzione per inadempimento, consentendo il recesso di una parte solo in presenza di un inadempimento della controparte rilevante ai sensi degli artt. 1455,1456 e 1457 c.c.; di conseguenza, nell’indagine sull’inadempienza contrattuale da compiersi al fine di stabilire se ed a chi spetti il diritto di recesso, i criteri da adottarsi sono quegli stessi che si debbono seguire nel caso di controversia su reciproche istanze di risoluzione, nel senso che occorre in ogni caso una valutazione comparativa del comportamento di entrambi i contraenti in relazione al contratto, in modo da stabilire quale di essi abbia fatto venir meno, con il proprio comportamento, l’interesse dell’altro al mantenimento del negozio (Cass. 398/1989).

Nel caso di specie la corte territoriale, nel prendere in esame le opposte richieste di recesso o risoluzione, ha spiegato a chiare lettere (a pag. 20 della decisione impugnata) che il contratto doveva considerarsi risolto in presenza di un inadempimento di Naxos Immobiliare di Costruzioni s.r.l., perchè il bene promesso in vendita non era stato consegnato nel termine essenziale stabilito.

La critica in esame non coglie la ratio decidendi della decisione impugnata, la quale, laddove ha individuato un inadempimento colpevole del promittente venditore, ha implicitamente escluso che allo stesso potesse competere il diritto di recesso reclamato e di conseguenza ha omesso di esaminare la relativa domanda, per la sua incompatibilità con le statuizioni adottate.

7. In forza dei motivi sopra illustrati il ricorso va pertanto respinto.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al rimborso delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 5.200, di cui Euro 200 per esborsi, oltre accessori come per legge e contributo spese generali nella misura del 15%.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 29 gennaio 2019.

Depositato in Cancelleria il 10 maggio 2019

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