Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12547 del 18/05/2017


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Cassazione civile, sez. I, 18/05/2017, (ud. 24/03/2017, dep.18/05/2017),  n. 12547

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DIDONE Antonio – Presidente –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

Dott. FERRO Massimo – rel. Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

FALLIMENTO (OMISSIS) s.r.l in liq., in persona del curatore fall.

p.t., rappr. e dif. dagli avv. Pastorelli Renato e dall’avv. Tommaso

Manferoce, elett. dom. in Roma, presso lo studio del secondo, in

piazza Vescovio n. 21, come da procura a margine dell’atto;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS) s.r.l. in liq. e già in concordato preventivo, in persona

del liquidatore p.t., rappr. e dif. dall’avv. Livio Viel e dall’avv.

Salvatore Di Mattia, elett. dom. in Roma, presso lo studio del

secondo, in via G. Avezzana n. 3, come da procura a margine

dell’atto;

– controricorrente –

PROCURA GENERALE DELLA CORTE D’APPELLO DI VENEZIA;

– intimato –

per la cassazione della sentenza App. Venezia 18.6.2014, n. 1468/14,

in R.G. n. 588/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

giorno 24 marzo 2017 dal Consigliere relatore Dott. FERRO Massimo;

udito il P.M. in persona del sostituto procuratore generale Dott.

IACOVIELLO Francesco Mauro che ha concluso per l’accoglimento, con

la cassazione con rinvio;

uditi gli avvocati Pastorelli per il ricorrente e D.M. per il

controricorrente.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Il Fallimento (OMISSIS) s.r.l. in liquidazione (FALLIMENTO) impugna la sentenza App. Venezia 18.6.2014, n. 1468, in R.G. n. 588/2014 con cui è stato accolto il reclamo di (OMISSIS) s.r.l. in liquidazione avverso la sentenza dichiarativa del proprio fallimento, resa da Trib. Belluno 25.2.2014, su richiestà del P.M. locale.

2. Ritenne la corte d’appello che sussistevano le condizioni per la revoca del fallimento, sulla premessa che: a) l’originaria iniziativa, proveniente dal Procuratore della Repubblica di Belluno, sviluppava una notitia decoctionis trasmessa a tale autorità dal Tribunale di Belluno ai sensi della L.Fall. art. 7; b) l’informativa era stata disposta dopo che il tribunale, investito di un’istanza di risoluzione del concordato preventivo con cessione dei beni della società da parte di un singolo creditore, dava atto della rinuncia della stessa; c) per il tribunale, pur competendo ai creditori le azioni di risoluzione (come nella specie) e di annullamento del concordato omologato, l’insolvenza giustificava l’autonoma richiesta del P.M.; d) con il reclamo la società opponeva, tra l’altro, che l’avvenuta scadenza del termine annuale per la risoluzione del concordato operava quale impedimento alla dichiarazione di fallimento, che non procedesse appunto dalla sua risoluzione o annullamento; e) il Procuratore Generale, condividendo il reclamo, instava il 11.4.2014 perchè la corte dichiarasse la nullità della sentenza, mentre in data 15.5.2014 il Procuratore della Repubblica formulava istanza di rigetto del reclamo stesso; f) richiamato il principio della necessaria integrazione del contraddittorio, nel caso, al P.M. presso il Tribunale e constatata la doppia notifica ad entrambi gli organi ad opera della reclamante, l’esercizio delle funzioni di P.M. nel giudizio di impugnazione competeva però al Procuratore generale, ex art. 70 ord.giud. ed avendo questi concluso per l’accoglimento del reclamo, doveva attribuirsi a tale richiesta “il significato implicito di rinuncia all’istanza di fallimento proposta dal Pubblico Ministero presso il tribunale di Belluno”, conseguendone, per questa “ragione assorbente”, la doverosa revoca del fallimento.

3. Il ricorso è su due motivi, ad essi resistendo con controricorso la società. Le parti hanno depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo viene dedotta la violazione della L.Fall. artt. 6, 7 e 18, avendo erroneamente la corte conferito valore di desistenza dall’istanza di fallimento, già depositata ed accolta dal tribunale, alla diversa mera conclusione adesiva al reclamo, esposta dal Procuratore generale nel successivo giudizio impugnatorio, essendo invece già preliminarmente precluso al P.M. rinunciare alla richiesta di fallimento, una volta depositata.

2. Con il secondo motivo si censura la violazione della L.Fall., artt. 5 e 18, avendo errato la sentenza nel non considerare la portata della già intervenuta sentenza di fallimento, preclusiva all’esercizio del potere di rinuncia della relativa previa richiesta, se esso sia intervenuto dopo la predetta sentenza e per gli effetti di automatico accoglimento del reclamo.

3. Il ricorso è ammissibile, così dovendosi disattendere la prima eccezione del controricorrente. Infatti, anche dopo la riforma, può essere ripetuto il principio per cui “in tema di revoca della dichiarazione di fallimento, la legittimazione alla relativa impugnazione compete anche al curatore fallimentare” (Cass. 4707/2011), “atteso che oggetto di detta impugnazione è la legittimità della revoca” (Cass. 6649/2013). E se può consentirsi, come spiegato nel primo dei due arresti, che “come per ogni altra azione, occorre altresì verificare in concreto l’esistenza dell’interesse ad agire e a contraddire ex art. 100 c.p.c.”, va rilevato che la questione si pone in termini interrogativi se il fallimento sia stato chiuso e dunque si tratti di verificare semmai l’utilità della conferma della sentenza “in assenza di creditori insoddisfatti”, circostanza nè allegata nè prospettata in ricorso.

4. Nè può dirsi che la rappresentanza degli interessi dei creditori si sposti sul Pubblico Ministero, bastando piuttosto la pendenza – non contestata della procedura fallimentare per fondare un interesse attuale ed autonomo del curatore – già contraddittore necessario nel reclamo – ad avversare l’instabilità del titolo reggente la procedura di cui è organo e perciò soggetto abilitato ex lege a curare gli interessi della massa dei creditori stessi. Sul punto alcuna influenza può essere svolta dalla riferibilità dell’iniziativa originaria per il fallimento, assunta dal Pubblico Ministero: così come, si aggiunge, nessuna deminutio nella estensione ampia della nozione di interesse si pone nella L.Fall., art. 18, quanto ad ogni terzo che evidenzi una utilità qualificata a reclamare la sentenza di fallimento, a maggior ragione la netta distinzione tra P.M. e curatore persiste quando il primo abbia provocato con la sua richiesta L.Fall., ex art. 7, la dichiarazione di insolvenza, restando soggetto qualificato ma in via autonoma portatore di altro interesse, pubblicistico e autonomo rispetto a quello collettivo ed istituzionale condotto dal curatore.

5. Ne consegue che anche le conclusioni assunte dal Pubblico Ministero nei giudizi impugnatori avverso la sentenza dichiarativa d’insolvenza non esprimono alcuna valenza sovrastante la gestione dell’interesse del curatore, come sopra richiamato, al punto da rendere il secondo dipendente da una diversa valutazione dell’interesse pubblico cui è preposta la prima autorità.

6. Il secondo motivo di ricorso è fondato, conseguendo l’assorbimento della prima censura. In effetti la ratio decidendi della sentenza impugnata è unica, avendo la corte d’appello fatto discendere la revoca della sentenza di fallimento, indefettibilmente indicata nel dispositivo di accoglimento del reclamo, dalla “assorbente” circostanza della venuta meno della iniziativa del P.M., già unico richiedente il fallimento. Nè la sentenza argomenta, anche solo per implicito, sulla fondatezza del reclamo nel merito o per altre ragioni. Tale atto processuale (id est la rinuncia del P.M.) è stato però ricavato dalla adesione al reclamo della parte fallita con cui il Procuratore generale ha concluso nel giudizio avanti ai giudici veneziani. Si tratta di ricostruzione del potere di iniziativa del P.M. che non è condivisibile.

7. Osserva invero il Collegio che l’attualità dell’eserciziò della iniziativa assunta per il fallimento, dalla parte privata o dal P.M., è qualità della relativa azione che deve rimanere fino alla decisione del tribunale e solo fino ad essa, agli effetti qui in esame, senza che sia perciò configurabile – con conseguenze dirette sulla verifica dei presupposti del fallimento – una qualche influenza a ritroso della diversa ed opposta manifestazione di posizione processuale che, nel giudizio impugnatorio, lo stesso soggetto un tempo istante poi assuma. Già questa Corte ha affermato, con principio a valenza generale, che “la desistenza o rinuncia dell’unico creditore istante rilasciata in data successiva alla dichiarazione di fallimento non è idonea a determinare l’accoglimento del reclamo e, conseguentemente, la revoca della sentenza di fallimento.” (Cass. 8980/2016, 21478/2013).

Il ricorso va dunque accolto, con riguardo al secondo motivo, assorbito il primo, con cassazione e rinvio, anche per la liquidazione delle spese.

PQM

La Corte accoglie il ricorso quanto al secondo motivo, assorbito il primo; cassa e rinvia alla Corte d’appello di Venezia, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 24 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 18 maggio 2017

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