Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12546 del 17/06/2015


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 12546 Anno 2015
Presidente: CAPPABIANCA AURELIO
Relatore: FERRO MASSIMO

Ha pronunciato la seguente

»
c.

SENTENZA

)

Sul ricorso proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore p.t., rappr. e dif. dall’Avvocatura
Generale dello Stato, elett. dom. nei relativi uffici, in Roma, via dei Portoghesi n.12
-ricorrente Contro

MASELLI Giovanni, rappr. e dif. dall’avv. Raffaele Manfellotto, elett dom. presso
lo studio dell’avv. Paola D’Amico, in Roma, viale delle Province n. 114/B/23, come
da procura a margine dell’atto
-controricorrente —
per la cassazione della sentenza Comm. Tribut. Regionale Molise 27.4.2009;
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este

cons. m. ferro

Data pubblicazione: 17/06/2015

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del giorno 12 marzo 2015
dal Consigliere relatore dott. Massimo Ferro;
uditi l’avvocato dello Stato Paolo Marchini per l’Agenzia delle Entrate e l’avvocato
Raffaello Manfellotto pei la ricorrente;
udito il P.M. in persona del sostituto procuratore generale dott. Tommaso Basile, che
ha concluso per il rigetto del ricorso.

Agenzia delle Entrate impugna la sentenza della Commissione Tributaria
Regionale Molise 27.4.2009 che, rigettando il suo appello avverso la sentenza C.T.P.
Campobasso m 193/03/2006 resa in tema di impugnazione di avviso di
accertamento emesso per IVA del 2003, con cui l’Ufficio locale aveva chiesto la
restituzione dell’imposta, per 95.000 curo (oltre ad interessi e sanzioni), sul
presupposto di un indebito rimborso scaturente dall’acquisto di un capannone beato
a terzi e avvenuto per 500.000 euro oltre IVA, ne ribadì l’illegittimità, alla luce delle
prove della strumentalità del bene connesse alla natura del medesimo ed al relativo
utilizzo dal titolare.
Osservò la C.T.R., rigettata l’eccezione circa la violazione degli artt. 103
cod.proc.dv. e 14 dig-s. n. 546/1992 per la mancata chiamata in causa del venditore
dell’immobile, stante il “difetto di vero e proprio litisconsorzio necessario o di
solidarietà tributaria, che: a) dall’atto pubblico di cessione emergeva che il bene
venduto al contribuente era un fabbricato artigianale; b) l’attività dell’acquirente sin
dal 2003 era stata estesa, oltre l’elaborazione dei dati, anche al settore costruzioni,
con affidamento di lavori a terzi; c) l’Ufficio non aveva dato prova di alcun accordo
fraudolento tra le parti del negozio, non integrando lo stesso e di per sé l’omesso
versamento dell’IVA ad opera del cedente. Ne conseguiva il pieno diritto del
cessionario a portare in detrazione l’imposta versata.
Il ricorso è articolato su due motivi, cui resiste il contribuente con controricorso.
Il controricorrente ha depositato memoria.
I FATTI RILEVANTI DELLA CAUSA E LE RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, il ricorrente ha dedotto, in relazione all’art.360 co.1 n. 5
cod.proc.civ., il vizio di motivazione su punto decisivo della controversia, avendo
mal argomentato la C.T.R. la giustificazione di strumentalità specifica all’attività
svolta rispetto del bene comprato nel 2003, posto che il cessionario non l’utilizzava
direttamente, perché bene locato a terzi, né con sicurezza aveva iniziato la seconda
attività nel settore edile.
Con il secondo motivo, il ricorrente ha dedotto la violazione di lex. e quanto agli
artt.19 d.P.R. n. 633/1972 e 2697 e 2730 cod.civ., in relazione all’art.360 co.1 n.3
cod.proc.dv., avendo la C.T.R. trascurato che la detrazione dell’IVA compete solo se
vi sia collegamento con l’attività aziendale e le sue finalità, da dimostrare a cura del
contribuente, non bastando la strumentalità del bene in sé ed occorrendo la sua
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estensore

IL PROCESSO

l.

inerenza, invece negata dalle risultanze di causa, da cui era emerso che l’immobile era
prima e rimase poi per anni locato a terzi.

2. Il primo motivo di ricorso è inammissibile. La pluralità delle censure avanzate, in una
prospettazione indistinta di tutte e tre le criticità del vizio di motivazione, non
permette a questo Collegio di isolare i fatti storici su cui la ricostruzione giustificativa
della decisione avrebbe errato, posto che il motivo comunque viola il principio per il
quale è inammissibile, ai sensi dell’art. 366 bis cod. proc. civ., per le cause ancora ad
esso soggette, il motivo di ricorso per omessa, insufficiente o contraddittoria
motivazione qualora non sia stato formulato il cd. quesito di fatto, mancando la
conclusione a mezzo di apposito momento di sintesi, anche quando l’indicazione del
fatto decisivo controverso sia rilevabile dal complesso della formulata censura, attesa
la ratio che sottende la disposizione indicata, associata alle esigenze nomofilattiche e
selettive dell’accesso alla S.C., la quale deve essere posta in condizione di
comprendere, dalla lettura del solo quesito, quale sia l’errore commesso dal giudice di
merito (Cass. 24255/2011).
3. Il secondo motivo è innanzitutto inammissibile. Con esso la parte si propone di
rappresentare la violazione delle norme che pongono l’onere in carico al contribuente
di dimostrare i presupposti del diritto alla detrazione dell’IVA in relazione ai beni o ai
servizi acquistati nell’esercizio d’impresa, mentre la contestazione vette e si conclude
sul modo con cui la C.T.R. ha espresso il proprio giudizio di fatto, riconoscendo la
natura strumentale dell’immobile alla stregua dell’attività gerita in concreto dal
controricorrente ed estesa altresì, oltre l’elaborazione dati, anche alla costruzione di
edifici. In ogni caso, la censura è anche infondata, posto che la sentenza impugnata ha
dato conto della molteplicità di elementi storici che, non provata la natura fraudolenta
dell’operazione ed escluso che la vicenda inadempitiva quanto al versamento della
medesima imposta da parte del cedente il bene influenzasse l’accertamento qui in
esame, convergevano sulla natura strumentale del capannone artigianale acquistato da
Maselli e destinato ad una nuova attività, iniziata proprio nel 2003 e nell’aggiuntivo
settore edile. Sotto questo profilo, la critica cui la ricorrente sottopone le fonti di
prova richiamate dalla C.T.R. si infrange sull’osservazione che la strumentalità
specifica o inerenza dell’acquisto ben è compatibile con un’attività anche nuova e di
destinazione aggiuntiva, nel quadro di un processo organizzativo che — come nel caso
— si aggiunga alle attività produttive già in essere e diversamente connotate sul piano
tipologico. Così la C.T.R. ha dato conto di un’effettiva intrapresa dell’attività di
costruzione edile sin dall’anno dell’acquisto del capannone. Appare allora rispettato il
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1. Va innanzitutto disattesa la preliminare eccezione di tardività del ricorso (poi
‘rinunciata’ in udienza), per essere stata la sentenza della C.T.R. depositata il 27 aprile
2009 e dunque scadendo il termine lungo — annuale ex art.327 cod.proc.civ. rationé
temporis — al 14 giugno 2010, data in cui Agenzia delle Entrate consegnò le
raccomandate all’ufficio postale per la notifica tramite quel mezzo, posto che la
scadenza calcolata spirava al 12 giugno 2010, cioè un sabato, con proroga di diritto ex
art.155, co.5, cod.proc.civ. al primo giorno seguente non festivo.

Pertanto il ricorso va rigettato, con condanna alle spese e liquidazione come
meglio da dispositivo.
P. Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna parte ricorrente al pagamento delle spese
del procedimento, liquidate in euro 7.000, oltre al rimborso forfettario del 15% e
agli accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 12 marzo 2015.

principio per cui, da un lato, in base alla disciplina dettata dall’art. 4, secondo comma,
del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, nonché dalla Sesta direttiva del Consiglio 17
maggio 1977, n. 77/388/CEE, ai fini della detrazione o del rimborso dell’imposta
assolta sulle operazioni passive (come gli acquisti di beni), non è sufficiente il
rivestimento formale della qualità di imprenditore, dovendosi verificare in concreto
l’inerenza e la strumentalità del bene o del servizio acquistato rispetto alla specifica
attività imprenditoriale, compiuta o anche solo programmata. Ne consegue che la
compatibilità dell’operazione con l’oggetto sociale costituisce mero indizio
dell’inerenza all’effettivo esercizio dell’impresa, della cui dimostrazione è onerato il
contribuente (Cass. 25777/2014). E proprio le circostanze istruttorie enumerate dalla
commissione di merito confermano la coerenza, dall’altro lato, con il parallelo
principio per cui, ancora in tema di IVA, ai fini dell’accertamento del diritto alla
detrazione (o al rimborso), deve aversi riguardo all’intenzione del soggetto passivo
d’imposta di utilizzare un bene o un servizio a fini aziendali, confermata da elementi
obiettivi che consentano di ritenere l’acquisto inerente all’effettivo esercizio
dell’attività d’impresa: “tale verifica non si esaurisce nella astratta correlaione del bene/ servizio
all’oggetto sociale, ma deve trovare fondamento in specifici “elementi obiettivi” che consentano di
ritenere l’acquisto prodromico all’eserckio effettivo dell’attività di impresa.”. (Cass. 25986/2014).

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