Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12546 del 04/06/2014


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 12546 Anno 2014
Presidente: SALVAGO SALVATORE
Relatore: MACIOCE LUIGI

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 23952 del R.G. anno 2008
proposto da:
Comune di Veglie in persona del Sindaco, dom.to in Roma viale
L.Mantegazza 24 presso Luigi Gardin con l’avv. Roberto G.Marra del
Foro di Lecce che lo rappresenta e difende per procura speciale a
margine

ricorrente

contro
Caione Teresa Antonia – Caione Anna Maria

dom.te in

Roma via Augusto Aubry n. 2 presso l’avv. Monica Casto con l’avv.
Giovanni Bellisario del Foro di Lecce che le rappresenta e difende per
resistenti

procura notarile del 7.04.2014
(51 54C5- 0
avverso la sentenza n. 669 del
di Lecce

22.10.2007 della Corte di Appello

; udita la relazione della causa svolta nella p.u. del

09.04.2014 dal relatore Luigi MACIOCE; uditi gli avv.ti Giovanni Previti
(per delega dell’avv. Marra) e Giovanni Bellisario; presente il P.M., in
persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Pasquale Fimiani che
ha concluso per il rigetto del ricorso
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con citazione del 14.04.1998 Caione Teresa Antonia e Caione Anna

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2-0 14

Data pubblicazione: 04/06/2014

Maria, proprietarie di terreni siti in Comune di Veglie espropriati per la
realizzazione di PEEP e la cui indennità era stata determinata con decreto 12.03.1998 nella somma di lire 27.112.656, proposero opposizione
alla stima. Costituitosi il Comune ed intervenuto il 21.10.1999 il decreto
di esproprio delle aree, la adìta Corte di Appello di Lecce con sentenza
22.10.2007 ha determinato l’indennità di esproprio in complessivi C
27.961,27, ha affermato la spettanza della indennità di occupazione legittima in misura pari agli interessi legali sugli importi annui

su dette somme, da depositare presso la Cassa DD. e PP.
Nella motivazione la Corte di Lecce ha affermato che le aree erano certamente edificabili in quanto incluse nel PRG approvato il 28.4.1989 in
attuazione del quale era stata poi adottata la destinazione delle stesse
ad area di realizzazione del PEEP, che pertanto rettamente il CTU aveva
affermato che le aree delle opponenti avevano natura edificabile, che lo
stesso CTU aveva correttamente stimato -in attuazione del criterio analitico ricostruttivo – i costi di costruzione dei fabbricati residenziali e
l’indice territoriale di edificabilità ed era pervenuto al corretto valore unitario dell’area, quindi sviluppando i calcoli imposti dall’art. 5 bis della
legge 359 del 1992, che non potevasi applicare la decurtazione del 40%
stante il rapporto tra indennità offerta (lire 27.112.656) ed indennità
riconosciuta dovuta (lire 54.140.612), la seconda pari ad oltre il doppio
della prima. Per la cassazione di tale sentenza, notificatagli il
22.07.2008, il Comune di Veglie ha proposto ricorso il 7.10.2008 con
quattro motivi, ai quali le intimate non hanno opposto controricorso. Le
intimate hanno però svolto difese orali tramite difensore munito di procura notarile.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Ritiene il Collegio che il ricorso, affidato a censure prive di consistenza, debba essere rigettato.
Primo motivo: esso censura la violazione dell’art. 2697 c.c. avendo la

Corte dell’opposizione alla stima nominato un CTU per detta stima senza
che l’opponente avesse addotto e prospettato un maggior valore di sorta. La censura è priva di alcuna consistenza. La opposizione, è noto, introduce un giudizio di determinazione della giusta indennità da accertarsi e la Corte di Appello non è affatto vincolata a quanto le parti abbiano
chiesto ,ben potendo procedere alla determinazione del dovuto, al di là
di richieste, allegazioni o documentazioni di valore, senza incorrere in
alcuna violazione dell’art. 112 c.p.c. (Cass. 2329 del 2012).
Secondo motivo: esso lamenta che si sia ignorato come prima

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dell’indennità di esproprio, ha statuito ancora la debenza degli interessi

dell’approvazione del PRG l’area ricadesse in zona E, vocata a verde agricolo, e che solo con detto PRG essa fosse stata inclusa in zona C2
vincolata all’attuazione di un PEEP, sì chè era stato proprio il PRG ad introdurre il vincolo preordinato all’esproprio e che , pertanto, di tal vincolo non si sarebbe dovuto tenere conto alcuno.
Tutte le censure – ad avviso del Collegio – sono prive di consistenza,
una volta che si parta dalla premessa per la quale il PRG (nel quale
l’area era inclusa) aveva, come affermato dai giudici del merito senza

era esso la fonte dei parametri di destinazione ad edificabilità in quanto
delineante la zona C2, restando, semmai, il successivo vincolo
preordinato quello attuativo di inclusione nel PEEP delle aree stesse. La
contestazione mossa a tale ricostruzione è realizzata agitando solo
generiche petizioni di principio, insuscettibili di una valutazione in
questa sede, che non adducono alcun elemento per revocare in dubbio la
ineccepibile statuizione per la quale la sostituzione programmatoria di
un PdF con il PRG comporta – salvo prova contraria, volta ad evidenziare
una attitudine lenticolare del PRG – che tutte le aree che vengano
ricondotte dal secondo Piano a zona C2 ricadono in via generale nella
conformazione pianificatoria adottata dall’Ente.
Terzo motivo: esso lamenta che nella valutazione del costo di
costruzione nell’ambito del criterio analitico ricostruttivo, si sia dato
corso ad una applicazione generale del costo costruttivo di cui al DM
18.12.1998 senza tenere conto – come imposto dagli artt. 15, 17,18,22
della legge 392 del 1978 – dei coefficienti correttivi stabiliti secondo la
classe demografica del Comune. La censura è

ictu oculi errata perché

evoca una applicazione di norme prive di alcuna utilizzabilità per la
determinazione del costo in disamina, nel mentre si sarebbe dovuto
semmai dar corso alla applicazione tanto degli indici territoriali, come
fatto nella specie, quanto degli indici di permuta, propri del PEEP.
E’ infatti costante insegnamento di questa Corte quello per il quale
nella determinazione dell’indennità di esproprio di un fondo che viene
ritenuto edificabile in base al PRG ed incluso in PEEP , se, come nella
specie, l’area da valutare non è collocata in comprensorio già totalmente
urbanizzato, i volumi realizzabili vanno quantificati in base ad indici medi
di edificabilità riferiti all’intera zona omogenea, in quanto occorre tener
conto dell’incidenza degli spazi riservati, secondo lo strumento
urbanistico, ad infrastrutture e servizi di interessi generale (in tal senso
da ultimo Cass. 24497 – 7288 del 2013 e 23584 del 2010, 22421
del 2008 nonché 1043 e 22961 del 2007). E la sentenza ha in tal

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alcuna contestazione (vd. pag. 4 sentenza), natura conformativa ed

senso opinato.
Ebbene, per la stessa ragione ( non scorgendosi alcuna plausibilità
nel non ravvisare la eadem ratio ,come affermato nella assai recente
Cass. 7415 del 2014), venendo alla determinazione del valore dell’area
ed operando attraverso il metodo prescelto della deduzione del valore
del suolo dal costo costruttivo, non potrà farsi capo altro che all’indice di
incidenza del valore (o indice di permuta) quale indicato nei decreti
dell’Autorità addetta alla pianificazione del territorio per quella tipologia

comprendono quelli in esame. Ma detta censura di mancata applicazione
dell’indice di permuta è affatto assente in ricorso, che invece richiama gli
irrilevanti parametri della legge 392 del 1978.

Quarto motivo: esso si duole della errata comparazione tra dati di
indennità offerta e dati di indennità spettante che avrebbero portato ad
escludere la decurtazione del 40% per ragioni viziate dal travisamento
del primo dato (il quale era costituito da un’offerta essa stessa decurtata
del 40%). Rileva il Collegio che, al di là della opinabilità della tesi del
ricorso (restando il dato di rilievo, per il quale l’offerta era comunque
pari alla metà dello spettante…), in nessun modo in accoglimento del
motivo si potrebbe dare corso alla applicazione della decurtazione che,
medio tempore, è stata espunta dalle norme per effetto della sentenza
348 del 2007 della Corte Costituzionale. Va infatti rammentato il
principio (Cass. 22395 del 2008 e 10379 del 2012) per il quale a
seguito della dichiarazione di illegittimità costituzionale (sentenza n. 348
del 2007) dell’art. 5 bis, c. 1 e 2 , del d.l. 11 n. 333 del 1992
(convertito, con modificazioni, nella legge n. 359 del 1992), e della
successiva disciplina della materia da parte della legge 244 del 2007,
deve ritenersi superata la questione della concedibilità del “premio” del
mancato abbattimento del 40 per cento del valore mediato del suolo
espropriato posto che la detrazione è stata espressamente giudicata
dalla Corte costituzionale priva di “qualsiasi riferimento, non puramente
aritmetico, al valore del bene”.

Non si scorge, pertanto, come in

accoglimento della censura si possa reintrodurre nella vicenda una
decurtazione irrevocabilmente espunta dall’ordinamento.
Si rigetta il ricorso regolando le spese secondo soccombenza.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il Comune a versare alle resistenti per spese di giudizio la somma di € 4.200 (€ 200 per esborsi) + IVA e CPA.
Così deciso nella c.d.c. del 9.4.2014

di suoli nei quali, in forza della sottoposizione al detto PdZ, si

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