Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12545 del 17/06/2016

Cassazione civile sez. trib., 17/06/2016, (ud. 10/03/2016, dep. 17/06/2016), n.12545

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHIRO’ Stefano – Presidente –

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Consigliere –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 6290-2011 proposto da:

PUBLIAMBIENTE SPA in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA PANAMA 58, presso lo studio

dell’avvocato CLAUDIA MOLINO, che lo rappresenta e difende

unitamente agli avvocati GIUSEPPE STANCANELLI, ANTONIO

STANCANELLI giusta delega a margine;

– ricorrente –

contro

S.G., elettivamente domiciliato in ROMA VIA A. GRAMSCI

28, presso lo studio dell’avvocato ROBERTO CODINI, rappresentato e

difeso dall’avvocato FRANCESCO SAVERIO MERLINO giusta delega in

calce;

– controricorrente –

e contro

FINBA SRL, M.M., B.P., B.A., B.

M., BA.MA., COMUNE DI FUCECCHIO;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1/2010 della COMM.TRIB.REG. della Toscana,

depositata il 21/01/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

10/03/2016 dal Consigliere Dott. LUCA SOLAINI;

udito per il ricorrente l’Avvocato STANCANELLI ANTONIO che ha

chiesto l’accoglimento;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SOLDI ANNA MARIA che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Commissione Tributaria Regionale della Toscana, con la sentenza indicata in epigrafe, respingeva l’appello proposto dalla società Publiambiente s.p.a., avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Firenze che aveva accolto il ricorso avanzato dalla conceria Delhi spa di (OMISSIS). Il contenzioso traeva origine dalla impugnazione da parte della medesima conceria di una fattura con la quale Publiambiente s.p.a., in qualità di concessionario per l’accertamento e la riscossione della Tariffa igiene ambientale – Tia – aveva richiesto Euro 8.432,85 a saldo del dovuto per gli anni 2002, 2003, 2004 e 2005.

In primo grado, i giudici avevano respinto la tesi della concessionaria, secondo la quale, ai fini Tia, rilevano anche se con riduzioni, le superfici dei locali nei quali sono prodotti rifiuti speciali che devono essere smaltiti autonomamente.

Con atto di appello Publiambiente s.p.a., dopo aver ribadito l’eccezione, disattesa dai primi giudici, secondo la quale la fattura Tia non ha natura di atto impositivo ma al più costituisce un avviso bonario di pagamento non impugnabile davanti al giudice tributario, contestava che i rifiuti prodotti dalla società contribuente potessero essere qualificati rifiuti speciali non assimilabili a quelli urbani, in quanto la valutazione della loro assimilabilità discendeva dal regolamento comunale del 2002 (art. 13) e da quello successivo del 2003 (art. 15), che ammettono l’assimilabilità dei rifiuti provenienti da lavorazioni industriali e non escludono espressamente dall’assimilazione i rifiuti del tipo di quelli prodotti dalla società appellata, la quale non avrebbe dimostrato che i rifiuti in questione avessero caratteristiche tali da renderli non assimilabili.

Con appello incidentale il Comune di Fucecchio muoveva censure analoghe a quello della concessionaria, mentre la conceria resisteva, ribadendo la necessaria esclusione delle aree destinate a lavorazioni nelle quali si producono rifiuti speciali non assimilati ed interamente autosmaltiti, e reiterando la tesi dell’applicazione della Tia per i soli locali adibiti ad uffici e servizi igienici, perchè nei restanti spazi produceva rifiuti speciali non assimilati, smaltiti autonomamente.

La Commissione tributaria regionale rigettava l’impugnazione, in quanto il Comune di Fucecchio, con i propri regolamenti, aveva esercitato la facoltà di assimilare i rifiuti speciali industriali (non pericolosi) ai rifiuti ordinari urbani senza un’adeguata istruttoria con riferimento alle diverse fonti dei rifiuti e senza una ponderata valutazione tecnica dei relativi presupposti di compatibilità quanto a raccolta e modalità di smaltimento, sulla base di “un processo di valutazione squisitamente tecnico e quindi sindacabile esclusivamente sotto il profilo dell’eccesso di potere per illogicità”. I giudici di appello affermavano altresì che la omessa impugnazione espressa, da parte della società ricorrente, delle norme regolamentari sopra citate non costituiva un ostacolo alla cognizione, estesa agli atti presupposti, della pretesa sostanziale fatta valere dalla ricorrente medesima, in quanto la Commissione tributaria disponeva del potere di disapplicazione delle norme generali presupposte dal provvedimento impugnato ex D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7.

Con ricorso notificato ai soci della cessata Conceria Dehli s.r.l., cancellata dal registro delle imprese, Publiambiente s.p.a. ricorre per la cassazione della sentenza di appello, sulla base di nove motivi, mentre uno degli intimati, Ba.Ga., ha depositato tardiva memoria di costituzione in giudizio, con la quale, nel chiedere dichiararsi inammissibile o rigettarsi il ricorso, si è riservato di illustrare le proprie difese in sede di discussione orale. Gli altri intimati non hanno svolto difese.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo (sub. A.1.) la ricorrente denuncia, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omessa, insufficiente e/o contraddittoria motivazione sull’eccezione d’inammissibilità del ricorso introduttivo per mancata impugnazione di uno degli atti contemplati dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19.

La censura è priva di fondamento, in quanto, come precisato da questa Corte, “Gli atti con cui il gestore del servizio smaltimento rifiuti solidi urbani richiede al contribuente quanto da lui dovuto a titolo di tariffa di igiene ambientale (T.I.A.), anche quando assumono la forma di fattura commerciale, non attenendo al corrispettivo di una prestazione liberamente richiesta, ma ad un’entrata sicuramente pubblicistica, hanno natura di atti amministrativi impositivi e debbono perciò rispondere ai requisiti sostanziali previsti dalla legge per tali atti, come del resto ha statuito anche la Corte costituzionale in sede di conferma della legittimità dell’appartenenza delle relative controversie alla giurisdizione tributaria (sentenza 24 luglio 2009 n. 238)” (Cass. 11157/2013). I giudici di appello hanno correttamente statuito sul punto con idonea motivazione, richiamandosi esaustivamente alla giurisprudenza di questa Corte e al principio enunciato dalla Corte costituzionale con la sentenza soprarichiamata.

Con il secondo motivo (sub. A.2.), la ricorrente, denunciando violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, censura la sentenza impugnata, per avere i giudici di appello ritenuto che l’omessa impugnazione espressa, da parte della società contribuente, delle norme regolamentari del Comune di Fucecchio in materia di Tia non rappresentava un ostacolo alla cognizione, estesa agli atti presupposti, della pretesa sostanziale fatta valere dalla contribuente medesima, disponendo la Commissione tributaria del potere di disapplicazione delle norme generali costituenti presupposto del provvedimento impugnato, ex D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7.

La doglianza è fondata. Infatti, secondo l’orientamento già espresso da questa Corte e a cui si intende dare continuità, “Il potere del giudice tributario di disapplicare gli atti presupposti non può prescindere completamente dai motivi di impugnazione dedotti in relazione all’atto impugnato, ma deve essere effettuato con riferimento alla domanda del contribuente, alla luce di quanto disposto dal del D.Lgs. n. 546 del 1992. art. 7, u.c.” (Cass. 2012/6724. In senso conforme, Cass. 2008/15285). Nel caso di specie, la Commissione tributaria regionale, in violazione del principio sopra enunciato, ha disapplicato i regolamenti del Comune di Fucecchio in materia di Tia sotto il profilo dell’eccesso di potere per illogicità, rilevando la mancanza di un’adeguata istruttoria con riferimento alle diverse fonti dei rifiuti e senza una ponderata valutazione tecnica dei relativi presupposti di compatibilità quanto a raccolta e modalità di smaltimento, sebbene la contribuente, con il ricorso introduttivo, avesse posto a base dell’impugnazione della fattura Tia e delle relative cartelle di pagamento soltanto la circostanza della produzione su gran parte del proprio stabilimento industriale di rifiuti speciali non assimilati e interamente autosmaltiti, senza dedurre l’illegittimità dei regolamenti comunali emanati per la disciplina della Tia e senza invocarne la disapplicazione, limitandosi a far riferimento al regolamento comunale del 2003 soltanto per affermarne l’inapplicabilità all’anno 2002 ed invocare conseguentemente l’illegittimità della fattura e della conseguente cartella di pagamento riferita a tale anno.

L’accoglimento del secondo motivo di ricorso consente di ritenere assorbite le successive doglianze formulate con i restanti motivi.

La sentenza impugnata deve essere conseguentemente annullata con riferimento alla censura accolta. Essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto in ordine alle altre ragioni d’impugnazione sollevate da Publiambiente s.p.a. con il ricorso in appello e non esaminate dal giudice del gravame, la causa va rinviata alla Commissione tributaria regionale della Toscana, in diversa composizione, che deciderà sulla base del principio di diritto sopra enunciato e provvederà anche a regolare le spese del giudizio di legittimità.

PQM

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Rigetta il primo motivo di ricorso. Accoglie il secondo motivo e dichiara assorbiti gli altri. Cassa la sentenza impugnata in ordine alla censura accolta e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Commissione tributaria regionale della Toscana in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, del 20 aprile 2016.

Depositato in Cancelleria il 17 giugno 2016

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